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Premi garantiti agli autonomi? Quando anche il Corriere della Sera prende abbagli

13 Febbraio 2010 Previdenza

Il titolo “Previdenza, quel premio garantito agli autonomi” in prima pagina sul Corriere della Sera del 12 febbraio, a firma Enrico Marro, non aiuta a fare chiarezza su un argomento in cui la confusione regna sovrana. Né aiuta il titolo che rilancia a pagina 30: “Pensioni, la mappa dell’INPS. I dipendenti pagano il doppio degli autonomi“.

 

L’articolo fa riferimento a chi opera in regime retributivo e riporta confronti su versamenti previdenziali e pensioni liquidate alle diverse tipologie di lavoratori. Siamo d’accordo: commercianti e artigiani (NON AUTONOMI IN GENERALE!) che rientrano nel regime retributivo possono “costruirsi” una buona pensione con dichiarazioni dei redditi più cospicue – e probabilmente più reali – negli ultimi anni di lavoro. Tuttavia non sono gli unici a percepire una pensione molto più elevata rispetto ai contributi versati: vanno ricordati per esempio i dirigenti d’azienda, ma anche molte categorie del pubblico impiego, in cui gli avanzamenti di livello prima di del ritiro dal lavoro garantiscono tutt’ora pensioni più elevate del dovuto.

 

In realtà occorrerebbe sottolineare che la decisione di introdurre con tempi lentissimi il sistema contributivo, nel nome della tutela dei diritti acquisiti, rappresenta una vera e propria truffa sia nei confronti delle generazioni più giovani sia nei confronti di tutti gli iscritti alla Gestione Separata che ricadono integralmente nel regime contributivo anche se hanno inziato a lavorare ben prima del 1996 (anno di avvio della Riforma). Per i giovani e gli iscritti alla Gestione Separata ci sono soltanto i “doveri acquisiti”: pagamento di aliquote pensionistiche elevatissime senza la prospettiva di una pensione decente.

 

Questo post è stato pubblicato anche sul blog del Corriere della Sera Generazione Pro Pro.

 

Lo stesso articolo è stato commentato sul blog del Corriere anche da Mayumi Sasao – Lavoratrice autonoma con partita IVA che aggiunge queste riflessioni:

 

L’articolo discusso qui sopra da Anna Soru, è un ennesimo esempio di volontà di mettere in contrasto i dipendenti con i lavoratori autonomi nel vecchio schema del mondo di lavoro e presenta, inoltre, delle confusioni.

Il giornalista riporta dai dati forniti dall’INPS che gli autonomi hanno pagato nel 2008 mediamente la metà (artigiani: 3.727 euro; commercianti: 3.652 euro; collaboratori: 3.540 euro; professionisti della Gestione Separata: 4.630 euro) rispetto ai dipendenti che hanno versato in media 7.954 euro (dirigenti: 45.694 euro; impiegati: 9.626 euro; operai: 6.647 euro; apprendisti: 1.797 euro) e che l’INPS ha erogato nel 2008 ai lavoratori dipendenti una pensione media di 9.870 euro e agli autonomi di 7.630 euro, “un importo pari al 77% del primo”.

E ne deduce: “Questo significa che i versamenti dei lavoratori autonomi hanno un rendimento nettamente più alto in termini di pensione”. Prima di tutto, è una vecchia logica che dice che le pensioni vengono pagate dai giovani lavoratori. I pensionati di ora dovrebbero ricevere in proporzione a quanto hanno versato nel passato pur con il sistema retributivo, non devrebero essere collegati alle aliquote attuali, altissime per tutti i lavoratori dipendenti o non.

L’INPS dovrebbe garantire rendimenti ottimi investendo bene, non svendendo beni come immobili regalati, per esempio. I bilanci dell’INPS non devono registrare le entrate e le uscite dell’anno di esercizio come in caso di aziende, ma devono far vedere quanto sono riuscito a rendere quello che ha accumulato finora, cioè i fondi costituiti dai contributi dei lavoratori e ex lavoratori.

I lavoratori di ora pagano per future povere pensioni calcolate principalmente con il sistema contributivo che determina l’importo di pensione moltiplicando il proprio fondo maturato con un coefficiente di trasformazione (i coefficienti sono stati diminuiti fra l’altro dalla legge n.247/2007, per gioia dei lavoratori “giovani”) senza differenza tra dipendenti e autonomi. I dipendenti che versano di più ora avranno di più in futuro.

Tra gli autonomi, i commercianti che devono versare un minimo di 2.800 euro circa senza considerare la situazione economica di ogni anno potrebbero avere più pensione grazie alla continuità di versamento rispetto agli altri autonomi (parasubordinati e professionisti) che sopportano l’aliquota da dipendente come 26,72% che versano contributi in proporzione ai redditi.

Poi, dobbiamo parlare le aliquote alte dei dipendenti, bisogna parlare anche un bel altro tipo di prestazioni che i dipendenti ricevono dall’INPS in caso di malattia o di disoccupazione ecc. che i lavoratori autonomi non ricevono.

 

Per approfondire questo argomento, rimando all’intervento di Anna Soru dell’Acta pubblicato in data 4 febbraio su questo blog. Il vero problema è che con il sistema contributivo, le pensione future saranno povere anche versando tantissimo a eccezione di quelle dei dirigenti dipendenti che versano mediamente 45.694 euro di contributo. Spero che i lavoratori dipendenti e autonomi possano in futuro discutere apertamente e insieme di questo problema.

Anna Soru

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