Le attività intangibi dovrebbero essere classificate come investimenti
Segnaliamo su Lavoce.info l’articolo “Quando il PIL fa i conti con il capitale intangibile” di Cecilia Jona-Lasinio e Stefano Manzocchi. Si legge:
“Il Pil non misurerà la felicità, ma finché resta l’indicatore principale della statistica economica occorre cercare di calcolarlo al meglio. (…) Un tema importante è quello dei cosiddetti “beni intangibili” (software, originali di opere artistiche, ricerca e sviluppo, marketing), che contribuiscono alla crescita economica potenzialmente quanto i “beni tangibili” (macchinari, costruzioni, mezzi di trasporto) ma che attualmente sono solo in parte contabilizzati come componenti (investimenti) del prodotto interno lordo.
Le attività intangibili sono oggi classificate tra gli input intermedi poiché si suppone che esauriscano il loro ruolo di fattori produttivi nell’arco di un solo periodo di tempo. In altri termini, si ipotizza che non contribuiscano in nessun modo alla produzione futura. Di conseguenza le spese sostenute per acquistare “beni intangibili” sono contabilizzate tra i costi e non compaiono tra le componenti che spiegano la dinamica del Pil. Numerosi studi hanno invece dimostrato che se classificato tra le spese per investimenti, il capitale intangibile dà conto della dinamica della produttività del lavoro e del progresso tecnico e organizzativo consentendo di spiegare con maggior precisione la crescita del Pil.”