Una Finanziaria tre volte ingiusta
21 Giugno 2010 Lavoro
E’ partita la corsa agli emendamenti alla Legge Finanziaria.
Pubblicamente ci sono state ampie lodi alla manovra da parte dei rappresentanti del mondo del Lavoro autonomo e della Piccola Impresa, anche in nome della promessa di semplificazione burocratica e di libertà d’impresa che viene presentata come una panacea. Eppure siamo già un Paese ad altissima presenza imprenditoriale, in cui non è mai esistito un “problema” di natalità di nuove imprese, ma semmai di un’imprenditorialità spesso improvvisata, debole e volatile, che frequentemente non supera i tre anni di vita.
Ma ora ogni categoria cerca di salvaguardarsi con correzioni che tutelino i propri specifici interessi, scaricando su coloro che non hanno protettori in Parlamento il costo più pesante del provvedimento.
Noi professionisti autonomi non abbiamo sponsor e siamo profondamente contrari a una manovra che contribuirà a deprimere ulteriormente le nostre prospettive, già duramente colpite dalla crisi, in un mercato che scarica sugli outsider i tagli produttivi e in un contesto di assenza di interventi a tutela della disoccupazione (siamo esclusi anche dagli ammortizzatori sociali in deroga, pagati con la fiscalità generale) e del rispetto dei tempi di pagamento.
Siamo contrari alla manovra per almeno tre motivi:
- il taglio indiscriminato ai servizi pubblici;
- lo slittamento dell’età della pensione;
- il taglio dell’80% delle spese di consulenza.
1. Il taglio indiscriminato ai servizi pubblici
La manovra comporterà necessariamente un taglio dei servizi pubblici (sanità, scuola, assistenza sociale) ovvero di quella parte di welfare che è l’unica a cui accediamo realmente a fronte di un’imposizione fiscale e contributiva che ci toglie oltre il 50% del reddito. Una diminuzione che per essere accettabile dovrebbe comportare anche una riduzione delle imposte.
2. Lo slittamento dell’età della pensione
L’inserimento di finestre mobili determina uno slittamento dell’età pensionabile di 1 anno per i dipendenti e 18 mesi per gli autonomi.
Questo diverso trattamento è profondamente iniquo. Davvero si è convinti che lavorare come autonomi sia più facile che da dipendenti? Non ci si rende conto che gli autonomi devono farsi carico non soltanto dello svolgimento del lavoro produttivo vero e proprio, ma anche di altre attività complementari, come la ricerca del cliente, che assorbe ormai più energie del primo e non sempre porta a dei risultati? Che molti di noi sarebbero ben contenti di continuare a lavorare anche oltre i 65 anni se non fosse così difficile e stressante stare sul mercato?
Lo slittamento risulta beffardo per gli iscritti alla Gestione Separata INPS, che di fatto non hanno la possibilità di accedere alla pensione di anzianità. Sarebbero infatti necessari 40 anni di versamenti contributivi completi: meta raggiungibile solo nel 2031 e in assenza di discontinuità lavorative (non esiste cassa integrazione che compensi i periodi di disoccupazione non soltanto con il reddito ma anche sotto il profilo pensionistico). L’Associazione ACTA annovera per esempio soci che hanno più di 40 anni di lavoro regolare (attestato dalle dichiarazioni dei redditi) che però non hanno diritto alla pensione di anzianità perché non hanno 40 anni di contributi nella stessa gestione o perché hanno iniziato come professionisti autonomi prima del 1996, quando non esisteva la possibilità di accedere a una gestione pensionistica.
3. Il taglio dell’80% delle spese di consulenza
La manovra prevede il taglio dell’80% delle consulenze pubbliche, un vero e proprio tracollo che esaspera la caduta complessiva del mercato.
Il taglio è stato presentato come una misura di razionalizzazione e di riduzione degli sprechi e fin qui non c’è nulla di sbagliato, soprattutto quando la consulenza è superflua, se non peggio, uno strumento di copertura di trasferimenti monetari più o meno leciti o per coprire elargizioni ad amici e sodali. Quando il consulente si arricchisce vendendo suggerimenti di utilità dubbia va semplicemente tagliato. Si dimentica però che la Pubblica Amministrazione da anni ha fortemente ridotto le assunzioni e ricorre in maniera crescente al lavoro esterno per poter continuare a funzionare e che proprio l’apporto di competenze esterne flessibili e ad alta qualifica ha permesso di innovarne ampi settori, a partire paradossalmente dal miglioramento delle finanze pubbliche, soprattutto a livello locale, o nella pianificazione delle politiche attive.
Nessuno nega che ci sia un uso opportunistico degli incarichi pubblici, ma pensare che tutte le consulenze siano inutili è una semplificazione analoga a quella che considera fannulloni tutti i dipendenti pubblici. La discrezionalità della pubblica amministrazione, l’uso inefficiente o clientelare di risorse pubbliche può avvenire e avviene con tutte le operazioni di spesa, il controllo non si risolve con l’eliminazione dello strumento della consulenza, ma dovrebbe avvenire sul merito e riguardare tutti gli strumenti (appalti, convenzioni, assunzioni ecc.), attraverso una piena responsabilizzazione di tutti gli organi decisionali. L’incapacità di fare selezioni e distinzioni fa di questa manovra un intervento unicamente depressivo che non aumenta la qualità della spesa e di conseguenza non favorisce in alcun modo lo sviluppo. Per rimanere in tema sportivo, in questi giorni, semplicemente butta lontano il pallone, senza nessuno schema di gioco.
Il taglio previsto dalla manovra ridurrà le spese più facili da tagliare, non quelle meno utili e non favorirà di certo la valorizzazione delle professionalità interne all’amministrazione pubblica, come recita il comma 7 dell’art. 6 della finanziaria. Per coerenza, si ponga tra gli emendamenti la cancellazione di questa falsa promessa.
L’intervento è stato pubblicato anche sul blog del Corriere della Sera Generazione PRO PRO