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Quali diritti per la maternità pretermine?

29 Settembre 2010 Malattia, Maternità, News

Maternità Pretermine - Foto di Federico FischangerQuella della maternità pretermine è un’esperienza che accomuna sempre più donne. La diffusione in rete di blog e forum sul tema, la presenza di storie di prematurità in programmi televisivi di approfondimento, lo stesso affacciarsi recente di questi contenuti in romanzi e lavori cinematografici (“Lo spazio bianco” è l’esempio più noto) testimonia un crescente interesse per queste tematiche.

Cogliendo l’occasione che la popolarità dell’argomento offre, proviamo a riflettere sulle conseguenze che la nascita di un bambino prematuro possa avere sulla vita di una donna lavoratrice. Questo anche alla luce delle proposte che da tempo ACTA sostiene a favore dell’adozione di un provvedimento di “maternità universale” (Cfr. Marina Piazza, Anna M. Ponzellini, Anna Soru “Età pensionabile delle donne e riconoscimento del lavoro di cura: la nostra proposta“), che prevede un importo da corrispondere per cinque mesi a tutte le madri, indipendentemente dal fatto che siano dipendenti o autonome, che siano stabili o precarie, che lavorino o che non lavorino ancora.

Per le lavoratrici madri di un bambino pretermine oggi esiste, come unica forma di tutela, la possibilità di far decorrere i 5 mesi del congedo di maternità dalla data della dimissione del bambino dalla struttura ospedaliera. I genitori che hanno affrontato l’esperienza della Terapia Intensiva Neonatale (TIN) sanno bene quanto questa opzione possa essere inadeguata, perchè configura per molti una scelta alternativa tra la presenza accanto al proprio figlio nel periodo in cui si trova a combattere, con esito incerto, tra le pareti di un’incubatrice e la possibilità di seguirlo pienamente durante i mesi successivi alla degenza. Questa condizione è spesso angosciante oltre che fortemente penalizzante.
La presenza costante della madre accanto al proprio figlio durante il ricovero in TIN è molto importante per il benessere di entrambi. La quotidianità di azioni semplici aiuta a dare una veste di normalità a un evento fuori dalla norma: la presenza vigile accanto alla culla; le chiacchiere tra mamme durante il “rito del tiralatte”; la pratica della marsupioterapia; lo stesso colloquio costante con i medici o il semplice scambio di battute con l’infermiera.
E d’altra parte i neonati pretermine una volta dimessi sono soggetti fragili, che necessitano di cure incondizionate. Un prematuro raramente varca la soglia di casa con un peso superiore ai due chili e mezzo e molte sono le patologie accessorie; le visite di controllo ed eventuali ricoveri, soprattutto nei primi mesi, sono molto frequenti; la possibilità che il bambino frequenti l’asilo nido non è, ovviamente, un’opzione percorribile. Il ricorso alla Legge 104/1992 consente di poter beneficiare di astensioni e permessi retribuiti, che consentono in minima parte di fare fronte alle necessità post-degenza, ma è indubbio che di tali vantaggi non possano usufruire le lavoratrici autonome.
Perchè non pensare dunque a provvedimenti che vengano incontro a queste elementari necessità? Si potrebbe, per esempio, consentire alle mamme pretermine di godere di un periodo di congedo/indennità di maternità extra per l’intera durata dell’ospedalizzazione del proprio figlio. Sembra poca cosa, ma si rivelerebbe un bel passo in avanti nell’attenzione e nella tutela dei più deboli.
Federico Fischanger

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di Federico Fischanger tempo di lettura: 2 min
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