Dossier INPS conferma la non sostenibilità sociale della nostra previdenza
17 Dicembre 2010 Malattia, Maternità, Previdenza
L’articolo di Enrico Marro sul Corriere della Sera del 13 dicembre dal titolo “I conti segreti dell’INPS. Così caleranno le pensioni” ci svela l’esistenza di importanti dossier INPS sinora tenuti segreti.
Le stime sul tasso di copertura della pensione degli iscritti alla Gestione Separata sono le più sconfortanti, parlano di un rapporto pensione/reddito che non raggiunge il 15%. Come sottolinea Marro, si tratta di proiezioni che considerano anche coloro che svolgono un’attività di collaborazione o di Partita IVA aggiuntiva rispetto ad altre forme di reddito o che sono collaboratori solo per pochi anni e pertanto sottostimano la copertura media di chi avrà solo la pensione della Gestione Separata. Tuttavia sono stime non sono molto distanti dalla realtà che si prospetta per molti professionisti vicini all’età del ritiro dal lavoro, che, a differenza dei coetanei dipendenti, artigiani, commercianti, professionisti con ordini, non hanno potuto contare su “misure transitorie” che consentissero un adeguamento non traumatico all’avvio del sistema contributivo.
Niente di realmente nuovo o inatteso, ma è importante che documenti ufficiali ribadiscano che il sistema pensionistico non è socialmente sostenibile.
La lettura del documento sulla Gestione Separata (.PDF in download) permette altre considerazioni, forse meno scontate.
Innanzitutto documenta che è possibile fare delle proiezioni a livello complessivo. Con le stesse ipotesi demografiche, economiche e finanziarie utilizzate a livello complessivo sarebbe possibile fare delle proiezioni individuali per poter finalmente sostanziare la famosa lettera arancione e far sì che ciascuno di noi sappia a quale destino andrà incontro. Così come sarebbe possibile fare delle stime sul complesso delle posizioni degli “esclusivi” (chi ha soltanto redditi da Gestione Separata) e verificare, sulla base di un archivio importante che contiene i dati di ormai 15 anni, i risultati delle stime effettuate da altri istituti di ricerca.
Le proiezioni avvalorano ciò che come ACTA diciamo da tempo, ovvero che la Gestione Separata è un sistema predatorio (in un nostro documento di qualche anno fa l’avevamo definito “Il sistema previdenziale più iniquo della storia italiana”), che ci impone un prelievo molto oneroso senza assicurarci adeguate prestazioni.
La Gestione Separata è di recente istituzione e quindi lontana dall’essere a pieno regime. Attualmente il numero di contribuenti supera largamente quello dei pensionati (7,2 contribuenti per ogni pensionato), ma con il 2034 si dovrebbe arrivare al pareggio e quindi al sorpasso dei pensionati sui contribuenti. Secondo le proiezioni dell’INPS, la Gestione Separata resterà in attivo per tutto il periodo oggetto delle stime, anche dopo tale sorpasso.
L’avanzo, attualmente nell’ordine di 8 miliardi di euro l’anno, si assesterà intorno ai 17-18 miliardi negli anni ’30. Un surplus che servirà a compensare parzialmente il deficit di altre gestioni, come quelle di commercianti e artigiani, i cui iscritti, è necessario ricordarlo, pagano molto meno di noi per la pensione (intorno al 20% contro il nostro 26%, e su redditi dichiarati spesso lontani da quelli reali).
In sostanza paghiamo 6 punti percentuali in più di commercianti e artigiani per compensare il passivo delle loro casse!
Molto interessante anche la parte sulle prestazioni previdenziali accessorie (gravidanza, malattia, congedi parentali), che finanziamo con un contributo pari allo 0,72% del reddito. L’aliquota teorica che permetterebbe la sostenibilità di queste spese è pari allo 0,33%, meno della metà di quella vigente. Ciò significa che anche questa voce è strutturalmente attiva e che esisterebbero ampi margini per sanare alcune iniquità e estendere le prestazioni previdenziali legate alla malattia e alla maternità.
A quali iniquità mi riferisco? Al fatto che noi professionisti paghiamo le prestazioni accessorie quanto i collaboratori ma inspiegabilmente siamo esclusi dall’indennità di malattia domiciliare e dai congedi parentali. Al fatto che una prestazione di tipo assicurativo come la malattia ospedaliera non spetti se il reddito supera il 70% del massimo imponibile (sopra i 64.500 euro, sulla base del massimale attuale): ci sono contribuenti tenuti a versare 500 euro l’anno o più per prestazioni accessorie di cui non possono usufruire!
Ma ci sono anche le condizioni per ampliare le prestazioni per tutti gli iscritti. Alcuni suggerimenti: aumentare l’indennità di malattia, inserire l’allattamento tra le prestazioni legate alla maternità, assicurare alle contribuenti la copertura figurativa dei periodi corrispondenti al congedo di maternità verificatisi quando l’INPS non garantiva la maternità o al di fuori del rapporto di lavoro (analogamente a quanto avviene per le dipendenti, grazie al Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151).