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Statuto del lavoro autonomo, la Regione Veneto chiede un parere: commentalo con noi

25 Gennaio 2011 Lavoro, News

Consiglio Regionale del VenetoUna lettera di Federico Caner (.DOC), capogruppo Lega Nord al Consiglio Regionale del Veneto, al blog del Corriere della Sera, ci informa (si rivolge esplicitamente a noi di ACTA), che lo Statuto del lavoro Autonomo del Veneto, (bocciato nell’ottobre 2010 per mancanza di copertura economica) a breve sarà ripresentato in aula.

Tiziano Bembo, responsabile del gruppo consiliare L.V.L.N.P. del Consiglio Regionale del Veneto, ci ha fatto sapere che sino al 31 gennaio sono aperte le consultazioni pubbliche dello Statuto (scaricabile in formato .PDF) e ci ha invitato a fornire un nostro parere visto che non siamo tra le parti sociali consultate in fase di stesura.

Lo Statuto si rivolge al lavoro autonomo nel suo complesso. A differenza di quanto accadeva nel passato, ha il merito di voler comprendere anche il nuovo lavoro autonomo,  ma non riesce a identificarci e quindi a comprendere le nostre esigenze: qualche volta propone misure da dipendenti, altre da imprese. Quando si rivolge a noi fa riferimento alla categoria dei lavoratori economicamente dipendenti (definiti da un criterio di monocommittenza: 75% del fatturato proveniente da un unico cliente), per tutti gli altri ci sono solo le misure proposte per le imprese (abbiamo già commentato il criterio della monocommittenza, in un’analisi dello Statuto del lavoro autonomo spagnolo).

E’ una legge che si propone di agire su troppi fronti: dall’agricoltore all’imprenditore manifatturiero, dall’avvocato al collaboratore a progetto, dal commerciante al designer, il tutto con strumenti vecchi e con esiti spesso dubbi: Borsa Lavoro, misure a favore di soggetti “deboli” (donne e giovani), misure per l’imprenditorialità, Osservatori, formazione presso Enti accreditati (con riesumo dell’ indennità di frequenza).

Servono, invece, nuovi strumenti per incontrare le esigenze del nuovo lavoro autonomo. Una maggiore focalizzazione appare inoltre necessaria, anche in ragione della limitatezza delle risorse, soprattutto dopo i tagli dell’ultima finanziaria.

Ecco i nostri  commenti puntuali (in calce ai singoli articoli), aspettiamo i tuoi!

Entro il 31 gennaio li faremo avere alla Regione Veneto.

AGGIORNAMENTO: oggi 31 gennaio abbiamo inviato il Commento ACTA , integrato con alcuni suggerimenti inviatici dai soci, al Consigliere Regionale del Veneto Tiziano Bembo.

ACTA

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2 Commenti

  1. Elsa Bettella

    Reply

    Ecco i miei sintetici commenti:
    1. Sì a tutele no a burocrazie
    2. No a creazione di costose scatole vuote (osservatori)
    3. Sì all’intermediazione di commesse attraverso una forma “moderna”
    4. Sì alla borsa lavoro (il Veneto credo sia più avanti)
    5. Sì a contributi a fondo perduto per l’avvio (tra 5 e 10.000 euro) per il lavoro autonomo
    6. Sì a micro credito senza garanzie per il lavoro autonomo
    i punti 5. e 6. sono valutabili sulla base di un progetto di start-up e di sviluppo dell’attività
    7. la 215 è stata un assoluto flop, perché il legislatore non conosce le piccole imprese femminili né il lavoro autonomo (peraltro escluso)
    8. quote rosa nei consigli di amministrazione delle aziende pubbliche e private del Veneto, che vedano premiate le competenze delle lavoratrici autonome.

    26 Gen 2011
  2. Manuela Dal Castello

    Reply

    Non ho letto tutto con la dovuta attenzione, ma ecco un sintetico commento:
    Preambolo: “È vero che il ceto medio autonomo non ha conosciuto, negli ultimi anni, una fase di grave impoverimento e di marginalizzazione”. Basta già questo per capire che non hanno capito nulla.

    art. 18 : mi fa solo pensare che abbiano qualche modello di portale da piazzare, ovviamente a pagamento.
    art. 20 : secondo me da rifiutare in toto. La semplice iscrizione ad una associazione di categoria non può essere da sola motivo di “certificazione”, almeno fino a che non si definisce che cosa sono le associazioni di categoria (es. ACTA? quindi con 50 Euro all’anno si ha diritto al marchio di qualità?). Non mi soffermo nemmeno sul punto che chiede di essere in regola con i versamenti fiscali…. quello “dovrebbe” essere un prerequisito per qualsiasi cosa, non per un marchio di qualità.

    A livello generale, la creazione di nuovi enti e il coinvolgimento delle province (quest’ultimo forse reso necessario per una presenza sul territorio, ma altri strumenti più efficaci non mancano) sono da evitare in ogni modo.

    27 Gen 2011

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