Il lavoro nero è meglio dello stage
23 Giugno 2011 Lavoro
E’ quanto ho sostenuto ad un convegno Unipol su giovani e welfare la settimana scorsa, riferendomi allo stage extracurriculare (effettuato dopo il completamento del percorso formativo) , suscitando un certo sconcerto nel pubblico.
Penso che la mia affermazione sia stata considerata politicamente scorretta.
Siamo abituati a dare per scontato che il lavoro nero sia il peggio del peggio, senza soffermarci sull’analisi della situazione a cui siamo giunti oggi. Proviamo a lasciare da parte gli schemi consolidati e osserviamo la realtà con disincanto.
Quale vantaggio lo stage assicura in più del lavoro nero? Il pagamento dell’assicurazione INAIL contro gli infortuni sul lavoro. Quale invece il vantaggio del lavoro nero? Il fatto che è pagato. E allora è così insensato sostenere che è meglio essere pagati piuttosto che essere assicurati INAIL? Soprattutto se consideriamo i lavori per cui tipicamente è proposto lo stage, ovvero lavori di ufficio, in cui il rischio di infortunio è davvero limitato. Ben maggiori sono i rischi di malattia e di gravidanza, non coperti dallo stage.
Si può obiettare che lo stage è un percorso formativo. Nei fatti non è così. Lo stage non impone alcun obbligo di formazione, mentre esistono altri contratti appositamente predisposti a questo scopo (l’apprendistato ad esempio), che presuppongono vincoli formativi e un inquadramento contrattuale che garantisce reddito e tutele.
Certo c’è stage e stage, non sono tutti uguali, però a ben vedere nascondono sempre un abuso, peggio un abuso legale, consentito dalla legge.
Nell’ipotesi “buona” lo stage è utilizzato per allungare il periodo di prova, considerato troppo breve. Ma che bisogno c’è, dal momento che esiste un’ampia gamma di lavori dipendenti a termine e di contratti di inserimento che ben si prestano a questo scopo? Un’altra scusa per uno stage non pagato è che un ragazzo quando esce dall’università o dalla scuola secondaria non è ancora pronto ad essere davvero operativo, quindi inizialmente costa più di quanto rende. E’ sempre stato così. Un’impresa che vuole crescere o anche solo sopravvivere deve investire, anticipare delle spese, e gli investimenti, nella cosiddetta economia della conoscenza, dovrebbero riguardare le persone, ancor più del capitale fisico. E questa è l’ipotesi “buona”, tutto sommato un piccolo abuso.
Esiste però un’ipotesi “cattiva”, in cui l’abuso diventa davvero grave. In questo caso lo stage è solo un modo per sfruttare manodopera qualificata a costo zero, senza offrire alcuna prospettiva reale di inserimento lavorativo, facendo leva sulla disperazione di tanti giovani (o anche non più giovani), pronti a tutto pur di uscire dalla disoccupazione.
Con una lettura d’insieme, lo stage rappresenta l’ultimo passaggio di un percorso denominato “di flessibilizzazione”, ma che nella realtà delinea una spirale di svalorizzazione di tutto il lavoro.
All’inizio c’è stato il boom del lavoro a tempo determinato, magari reiterato all’infinito, spesso con interruzioni in corrispondenza delle ferie estive e natalizie per consentire qualche apprezzabile risparmio. Poi sono state scoperte le collaborazioni: i costi indiretti erano più bassi, si poteva garantire un netto mensile uguale a quello di un dipendente con un onere decisamente più basso (niente ferie e tredicesime, nessun ticket restaurant, nessun onere in caso di malattia e gravidanza… ). I costi previdenziali sono aumentati, ma si è scoperto (forse con una certa meraviglia iniziale anche da parte del datore di lavoro) che non esistevano dei minimi contributivi e che si poteva pagare di meno, mantenendo inalterato il vantaggio. Meglio ancora la partita iva, anche quando non corrisponde ad un lavoro davvero autonomo: si risparmia sul consulente del lavoro (nessun cedolino paga) e si possono ignorare i costi previdenziali. Ma l’optimum è lo stage, in cui anche il rimborso spese di qualche centinaia di euro è lasciato alla magnanimità del datore di lavoro.
Insomma, la flessibilità da sola non basta (non a caso l’interinale dopo un iniziale esplosione si è ridimensionato), neppure quando è una flessibilità senza limiti e a senso unico (verso le esigenze del committente). Il lavoro deve anche costare di meno, sempre meno, perché c’è la concorrenza internazionale, se parliamo di imprese, e perché il bilancio nazionale è in rosso, se parliamo di Pubblica Amministrazione. Una corsa al ribasso senza futuro, che non potrà permettere di uscire dalla crisi e che determina un peggioramento generalizzato della qualità della vita di tutti noi, nella doppia veste di lavoratori sempre meno pagati e di utenti di servizi sempre peggiori (la qualità ha un prezzo!).
Per contrastare tutto questo occorre riportare l’attenzione sul reddito e sul valore del lavoro, a partite dallo stage. Per il nostro diritto un lavoro è tale solo se è pagato, la realtà ha troppo spesso smentito questo principio, che va recuperato.
Ma non, come si dice da più parti, obbligando ad un rimborso spese. Sarebbe un modo per istituzionalizzarlo. Al contrario, un primo passo per risalire la spirale negativa di cui sopra dovrebbe essere l’abolizione dello stage extracurriculare.
8 Commenti
Manifesto dello Stagista
ReplySiamo perfettamente d’accordo con la tesi che lo stage extracurriculare vada abolito.
Una discussione in merito sulla nostra pagina facebook: http://www.facebook.com/manifestodellostagista#!/topic.php?uid=173424802670591&topic=377
sergio ruffini
ReplyConcordo su questa analisi chiara diretta precisa… e da informatico volevo “caricare” questa frase di Anna:
“Una corsa al ribasso senza futuro, che non potrà permettere di uscire dalla crisi e che determina un peggioramento generalizzato della qualità della vita di tutti noi, nella doppia veste di lavoratori sempre meno pagati e di utenti di servizi sempre peggiori (la qualità ha un prezzo!).”
Credo che ognuno di noi si stia rendendo conto… della qualità peggiorata dei sistemi informativi, parti integranti della nostra vita da cittadini utenti.
IL ribasso folle e selvaggio su tariffe e pagamenti sempre più ritardati e insoluti, il ribasso folle e selvaggio da parte di Committenti della Pubblica Amministrazione o di Società che tirano al minimo i costi… che poi vengono sobbarcati da appaltatori multistrato che si rivalgono di profitto su stagisti, borsisti, parasubordinati, consulenti e partite Iva…
Lo possiamo verificare giorno per giorno, rapidamente, con i problemi di scarsa qualità sull’implementazione di applicazioni informatiche…
Pensate ai problemi delle Poste a cavallo del 2.giugno… pensate alle griglie errate dei Test Invalsi da parte del Ministero dell’Istruzione (quale istruzione peraltro…) nei test di terza media… e pensate ai vari impatti negativi come utenti, cittadini che giorno per giorno ci esplodono davanti…
Saluti.
sergio
Maurizio
ReplyMio fratello dopo uno stage di sei mesi con un rimborso mensile di circa 350 euro ed un orario settimanale che oscillava tra le 36 e le 40 ore di lavoro come addetto alla vendita (commesso) in una nota catena di distribuzione è stato mandato a casa e sostituito da un altro stagista per altri 6 mesi.
Tendo anche a precisare che la nota compagnia di distribuzione di prodotti elettronici,telefonia,elettrodomestici, ecc. ha chiuso il 2010 con un fatturato in crescita e sta aprendo nuovi megastore.
Non so se chiamarlo abuso o sfruttamento, ma di certo la dignità di un lavoratoe non è più riconosciuta.
Manifesto dello Stagista
ReplyMaurizio, quello che citi tu è sicuramente un’aberrazione degli stage. Ma a ben pensarci ha davvero senso far lavorare un neo laureato per 6-12 o anche 18 mesi con una paga irrisoria e la scusa di fare gavetta? Per farla ci sono già miriade di contratti: l’azienda seria che ha seriamente bisogno di allargare l’organico può tranquillamente utilizzarle. E quelle che non se lo possono permettere? Bè devono rivedere le loro strategie…
Anna Soru
Replyinfatti, il punto non è solo contrastare gli stage indecenti, ma interrompere e invertire il processo di imbarbarimento del nostro mercato del lavoro, l’uso furbo della flessibilità per pagare di meno o per non pagare affatto.
In tanti sostengono che non è intervenendo sulle regole che si può cambiare qualcosa. Non sono d’accordo. Alcune regole chiare (tra cui l’abolizione degli stage extracurriculari), accompagnate da controlli (esiste ancora l’ispettorato del lavoro o mi sono persa la sua soppressione entro le pieghe di qualche finanziaria?) e dall’applicazione di sanzioni pesanti potrebbero fare molto. Non si può accettare all’infinito il principio del “meglio che niente”, perchè il poco è sempre più vicino al niente.
gemina
ReplyFinalmente qualcuno l’ha detto!! D’accordissimo su tutto e anzi dirò di più: meglio il lavoro gratuito e in nero piuttosto che lo stage, che semplicemente legalizza il lavoro senza retribuzione. Tanto lo stagista non ha tutele e per esempio se lo vogliono cacciare lo fanno su due piedi, come non potrebbero mai sognarsi di fare con un dipendente. Allora tanto vale stare in nero, anche senza un soldo, così se proprio fanno le carogne uno sta pur sempre dalla parte dello sfruttato illegalmente. NOn ci si guadagna un bel nulla a passare nella parte dello sfruttato legalmente. E parlo per mia lunga esperienza: ahimé sono una stagista seriale neo-trentenne e comincio a disperare di non trovare il modo di uscirne: quando si tratta di stage non pagati tutti si complimentano per il mio curruculum e mi accolgono a braccia a perte. Poi però ogni volta che si parla di pagamenti ‘sai c’è crisi…’ ‘sai stiamo avendo problemi…’. Spero di trovare la voglia di emigrare quanto prima.
luigi
Replyciao sono luigi io sono d’accordo con tutti altri voi perche chi ffa il lavoro in nero non è umanooooo xD
luigi
Replymio nonno è morto nel lavoro neroo… era anke vecchio poverinooo…….