Perché chiudo la partita IVA
5 Dicembre 2011 Vita da freelance
Riceviamo e pubblichiamo
Sono una professionista di nome ma non di fatto, per cui per il fisco non sono disoccupata, tant’è che le tasse ci mangiano quel poco che guadagniamo. Mentre i compensi che dovrebbero essere da “consulenti” in realtà sono da “stagisti”. Quindi alla fine, dopo che negli ultimi tre anni ho dovuto integrare il mio reddito con i miei risparmi, ho deciso che non aveva più senso considerarmi una professionista a partita iva e entro dicembre (appena avrò recuperato mancati pagamenti degli ultimi 6 mesi!), chiuderò la partita iva. Il problema è che il settore dello spettacolo è povero in questo paese, soprattutto il settore del non-profit. Quindi anche se si ha una lunga professionalità, si fa prevalentemente “volontariato culturale”. Ad eccezione infatti di poche grandi strutture culturali (anche loro oggi in affanno), il sottobosco culturale romano – e non solo – è formato di piccole associazioni culturali, compagnie di spettacolo, piccoli teatri, che sopravvivono con difficoltà tra adempimenti amministrativi e fiscali, e a mala pena riescono a pagare gli artisti e coprire le spese. Assai improbabile quindi che abbiano risorse per pagare degnamente un responsabile organizzativo o della comunicazione, quale sono io. Io stessa ho una associazione culturale fondata 11 anni fa con cui vado avanti a fatica, che sopravvive perché lavora a progetto, ed ha bassissimi costi di struttura; ma non posso né mantenere me, né altri collaboratori. Quando un nostro progetto va in porto – dopo una estenuante attività di fundraising – allora riusciamo a ricavarci un rimborso spese. Vive discretamente ci si appoggia a un “amico” politico e riesce ad accedere a fondi pubblici, anche se pure quelli cominciano a scarseggiare, quando non arrivano con vari mesi, se non anni di ritardo. Poi c’è il settore degli eventi, ma anche lì la competizione e la guerra è dura, oggi più che mai.
Questo in sintesi il panorama, abbastanza desolante. Negli ultimi anni, con l’auspicio di uscire da questa situazione, ho cercato di potenziare il network delle relazioni, non solo personali, ma anche cercando di costruire network di organizzazioni culturali. Ma non è facile, perché noi italiani siamo tendenzialmente individualisti e poi queste strategie richiedono tempo per portare frutti, mentre dall’altro lato bisogna sopravvivere giorno per giorno, pagare l’affitto e le bollette. Quindi non so come finirà, considerando i gravi sacrifici che questo governo ci sta chiedendo. Da alcuni mesi mi sono concentrata nuovamente sull’idea di andare via dall’Italia. E ho iniziato a mandare curricula all’estero, in alcuni paesi è più facile trovare offerte di lavoro nel settore culturale per profili alti come il mio. Qui, se vuoi aspirare ad entrare in una grande organizzazione culturale, devi appartenere a qualche lobby o avere un “amico” politico. Sappiamo benissimo cosa se ne fanno della meritocrazia in Italia.
Ilva
5 Commenti
Antonio Sanna
ReplyIl quadro è desolante ma è purtroppo reale. Mi viene da aggiungere che in Italia il lavoro nello spettacolo non viene neanche considerato un lavoro. E’ un di più, se proprio avanza bene e se no chi se ne frega. Tanto c’è la tv.
Giancarlo Bertollini
ReplySalve,
volevo chiedere il permesso di rilanciare qualche vostro Comunicato, come questo, tramite il nostro Ufficio Stampa: http://www.studiostampa.com che sicuramente susciterà l’interesse dei lettori. Mille Grazie.
Valerio Nassi
ReplyCondivio, purtroppo, pienamente quanto scritto da Ilva.
Sono un consulente informatico su Mainframe, lavoro con le banche, e sono nella stessa situazione.
53 anni, contratti di 3 mesi, tariffe da stagista (dicono che è il mercato, ma chi fa il mercato? sarebbe interessante scoprirne i meccanismi).
Mi sto chiedendo cosa succederebbe se chiudessi la P.Iva.
Quest’anno sono stato inoccupato per 4 mesi, ma per lo Stato non sono disoccupato. Quindi niente ammortizzatori sociali, ricollocazione, riqualificazione, corsi regionali e così via.
Quanti siamo, informatici over 40, troppo vecchi per lavorare, non abbastanza per la (misera) pensione?
E se chiudessimo tutti la P.Iva e ci iscrivessimo alle liste di collocamento?
E se, per 3 giorni, tutti i consulenti informatici scioperassero? Tanto, con quello che ci danno, sai che perdita!
Ma assisteremmo ad una bella crisi del sistema informatico bancario! Solo per 3 giorni…
Marialuisa Di Bella
ReplyGrazie Giancarlo per aver rilanciato la nostra lettera al Governo.
romano calvo
ReplyCara Ilva,
non conosco il settore dello spettacolo e quindi non ti posso dare consigli. Certo quanto dici è deprimente. Ho due figli ed entrambi sperano di poter lavorare nel campo musicale. Vedi un po tu. Io lavoro per le Regioni ma temo che prima o poi butterò la spugna anch’io. Pensa che a me tolgono pure L’IVA dal compenso e con la manovra Monti arriverà al 23,5%. I rimborsi spese li devo mettere in fattura, maggiorati di IVA. Il tutto per prendere 30/40mila euro lordi di IVA l’anno. Senza alcuna garanzia, anzi, sempre con l’angoscia dei tagli ai fondi regionali… Sto pensando di ritirarmi e vedere quello che succede. Mal che vada un tetto sulla testa, la legna per scaldarmi, un orto e qualche gallina ce l’ho. Però non riesco a togliermi dalla testa una idea: perché gliela dobbiamo dare vinta a questi bastardi? Perché accettiamo questa trappola per cui “non si può fare altrimenti, l’europa ce lo chiede, Monti è uno onesto…” ed altre balle di questo genere?
Se fossimo qualche milione convinti di questa idea, il cambiamento sarebbe realtà. Una volta riportate le banche all’ordine, ci sarebbe pane e lavoro per tutti. We are 99%