Attiviamoci tutti per modificare il DDL sul lavoro!
12 Aprile 2012 Eventi, Lavoro, News, Previdenza
Il consiglio direttivo di ACTA si è riunito per decidere quali azioni intraprendere per opporci all’attuazione degli articoli del DDL Lavoro che ci riguardano.
Abbiamo valutato, dopo una lunga discussione, di cercare di agire su più fronti e non concentrare tutte le energie in un solo evento.
Queste le azioni che stiamo attivando:
- partecipare a tutte le iniziative promosse da parti sociali e partiti politici che discutono di lavoro e professioni. Già questa settimana Acta è stata invitata a due iniziative promosse dal PD a Roma e a Milano. In queste occasioni spieghiamo le nostre ragioni e il nostro dissenso. Vi invitiamo a partecipare all’ incontro di oggi pomeriggio alle 14,30 a Milano (al Pirellone in via Fabio Filzi 22, sala del Gonfalone) in cui sarà presente il Senatore Tiziano Treu, vice presidente della Commissione lavoro al Senato.
- Stendere un documento da condividere con altre associazioni che rappresentano professioni autonomi e con gli ordini professionali interessati per cercare di allargare quanto più possibile le alleanze e dimostrare quanto grave potrebbe essere il danno della riforma;
- Contattare politici per cercare di intervenire sugli emendamenti presentati in sede di discussione parlamentare;
- Partecipare a tutte le iniziative di dissenso e darne ampia diffusione sul sito;
- Organizzare una manifestazione ancora da definire in luoghi o occasioni simbolo per il lavoro autonomo professionale;
- Fare pressing sulla Commissione lavoro al Senato che sta esaminando il DDL della Riforma del lavoro. E’ infatti importante che le modifiche avvengano al Senato perchè poi sarà molto più difficile! Siete invitati tutti a collaborare!
Restate in ascolto sul sito e sui canali social network di Acta!
ACTA
8 Commenti
Milo
ReplySalve a tutti,
volevo ribadire che una prima rapida modifica, giusto per ‘salvare il salvabile’, potrebbe essere aggiungere ai tre criteri presuntivi (6 mesi, 75%, postazione presso il committente) una soglia di fatturato (dai 20.000 ai 30.000 euri/anno), al di sopra della quale NON valgono piu’ le presunzioni.
Non sono mai stato convinto che introdurre una soglia economica ‘da sola’ sia la giusta strada da percorrere, pero’, in congiunzione con i tre indici di presunzione non economici potrebbe diventare un buon compromesso che fa felici il PD, la CGIL e compagnia bella.
Fra l’altro, in commissione lavoro al Senato ci sono sia Ichino che Nerozzi, e proprio loro proponevano il concetto di ‘dipendenza economica’ sulla base di una soglia di fatturato: potrebbe non essere difficile a questo punto proporre una modifica di questo tipo, visto che il tempo stringe (la presentazione degli emendamenti sara’ possibile fino al 24 aprile e poi, secondo me, blinderanno il testo alla Camera, per far presto), e visto anche che la questione degli emendamenti e dello ‘sbilanciamento’ e’ molto delicata: c’e’ comunque il pericolo che vengano presentati moltissimi emendamenti (come per il decreto liberalizzazioni) e che il governo decida di porre la fiducia, e allora si che saremmo tutti fritti…
Confido in ACTA, in una posizione chiara e unitaria da presentare rapidamente alla commissione e al ministro, ma deve essere anche una posizione di compromesso, compatibile con le esigenze ‘di immagine’ del governo stesso, che non puo’ stravolgere ne’ arretrare troppo rispetto alle posizioni presentate alla stampa e ai ‘mercati’ (vista l’evidente clima di ‘dittatura finanziaria’ in corso…).
Ci vuole forse un po’ di furbizia: non e’ certo il momento di sostenere posizioni molto ‘avanzate’ ed ‘evolute’ (come la splendida proposta di ACTA per il lavoro autonomo), ma solo, ripeto, di ‘salvare il salvabile’, accettando compromessi che, per lo meno, nell’immediato ci facciano sopravvivere al terremoto che si prospetta.
Monica
ReplyMa nessuno mai ha domandato a questi “signori” (Dini, Damiano, Treu, Ichino, Fornero, Monti, Camusso, Marcegaglia,…) per quale motivo gli autonomi organizzati in ordini professionali hanno casse previdenza alle quali versano contributi sotto il 15% e noi della gestione separata dobbiamo versare il 27% per non avere neanche l’ombra delle tutele degli “ordinati”? Perchè a noi solo doveri e nessun diritto degno di questo nome?
Marco
ReplyConcordo con Milo: una soglia di fatturato tra i criteri, pur non risolvendo completamente la questione, potrebbe in effetti eliminare il problema per gran parte delle “vere” partite iva isolando i casi di sfruttamento (che è -o dovrebbe essere- lo spirito della legge).
Perchè è piuttosto ovvio che le false partite iva vanno cercate tra i redditi bassi.
Milo
ReplyRispondo a Monica:
Secondo me perche’, appunto, sono ‘private’ e ‘indipendenti’ e negli anni non sono state soggette, almeno direttamente, alle continue vessazioni del politico di turno: quando era ora di trovare soldi o di far contento un certo elettorato di riferimento, e’ sempre stato piu’ facile colpire chi non ha alle sue spalle delle associazioni di categoria ‘forti’ e che possono creare malcontento e, quindi, far perdere le successive elezioni.
Ecco che i lavoratori autonomi sono un obiettivo ‘sacrificabile’. E la storia dell’aumento continuo del coefficiente dei contributi alla gestione separata ne e’ l’assoluta prova.
Mi tornano proprio in mente le parole dell’ex-ministro del lavoro Damiano ad una puntata di Report di qualche settimana fa e di come l’aumento dei contributi alla gest. separata per gli autonomi fosse una precisa scelta ideologica per disincentivare il lavoro indipendente (ideologicamente, fucina di evasione e di privilegi).
Ma il mondo e’ cambiato (si, in peggio!) e i politici non lo sanno, o fanno finta di non saperlo…
Monica
ReplyBisognerà allora che qualcuno glielo faccia capire che non viviamo nel mondo fatato in cui eliminando i lavoratori autonomi questi diventano magicamente lavoratori dipendenti. Assunti da chi???
Mi sembra che loro vogliano eliminare gli autonomi perché gli rovinano l’immagine idilliaca e irreale di un mondo in cui gli autonomi esistono solo perché gli imprenditori cattivi e capricciosi non li vogliono assumere…
Sveglia!!! Qua c’é bisogno di lavorare mica di sognare il mondo ideale!!!!
PIETRO
ReplyMonica
Sono completamente d’accordo con te…
Perché noi dobbiamo pagare il 28% e gli altri meno del 15% ?
Che razza di equità è questa ?
Marco
ReplyMilo non tutte le vere partite IVA guadagnano le cifre da te indicate, dipende dalle congiunture, dai clienti cattivi pagatori ecc. Io sono traduttore freelance e di anno in anno gli incassi variano. Es: nel 2008 ho incassato 32000 Euro, nel 2009 anno di crisi solo 18000, per poi risalire a 24000 e nel 2011 a 36000 Euro. Ho clienti sparsi in tutto il mondo, ma capita che in un anno traduci tutta la manualistica di un solo cliente e allora sballi i criteri del 75%, dei sei mesi, ecc. La questione ha troppe sfaccettature, i criteri eventualmente potrebbero essere spalmati su più anni. Ma il vero problema è la stangata del 33% di INPS e il calderone della gestione separata che non ti garantisce ne pensione ne ammortizzatori, quello è il vero disincentivo che strozza e, per chi può, costringe a fuggire all’estero.
L’alternativa potrebbe essere quella di avere una cassa pensioni esclusivamente dedicata alle partite IVA che non versano agli ordini. Ma la mia impressione è che puntano ad intascarsi la gestione separata facendo sparire prima i parasubordinati e poi le partite IVA.
Carlo
ReplyCredo che sia il momento di contarci.
Cerchiamo di capire quanti siamo fra veri lavoratori indipendenti e precari con false partite IVA. E poi organizziamo delle forme di protesta.