Valeria Fedeli, capolista PD per il Senato in Toscana, dice: "Sì 33!"
18 Febbraio 2013 Acta informa, Lavoro
ACTA sottopone a tutti i candidati alle prossime elezioni politiche 5 punti programmatici per la valorizzazione del lavoro autonomo professionale e per una maggiore equità nei confronti delle nuove tipologie di lavoratori e chiede l’adesione alla campagna “Dica: no 33!”.
Di seguito il testo della settima intervista.
ACTA: Negli ultimi anni la nostra contribuzione pensionistica è cresciuta dal 20% al 27%, con il contributo di tutti i governi. Sulla base della legge sul lavoro del 2012 dovrebbe aumentare ancora al 33% Si impegna a fermare questo aumento?
Fedeli: No, perché è giusto che ci sia una parità di costo al fine di scongiurare un fenomeno tutt’ora molto esteso di dumping a danno del lavoro dipendente, piuttosto è sbagliato che la crescita contributiva non sia accompagnata, come avviene per il lavoro dipendente, da una quota all’interno del contributo totale che riguardi la componente dedicata alla tutela contro la disoccupazione
ACTA: A suo parere quale è o potrebbe essere il ruolo che del lavoro autonomo professionale per favorire il recupero di produttività? Abbiamo fatto delle proposte articolate per incentivare il lavoro professionale autonomo e il suo rafforzamento, affinché possa efficacemente garantire innovazione e flessibilità alle imprese. Quali tra di esse (regime fiscale agevolato per redditi sino a 70-80.000 euro; calcolo imposizione fiscale e anticipi sulla media dei tre anni, deducibilità spese formazione, trasferte e ammortamento accelerato prodotti tecnologici, eliminazione doppia contribuzione SRL e semplificazione burocrazia) condivide, e quali ritiene di appoggiare nella prossima legislatura, se sarà eletta/o? Quali non condivide e perché?
Fedeli: Non mi convince la contribuzione fiscale spalmata su un reddito triennale, il fisco è un sistema basato sull’andamento dei redditi su base annuale, del resto anche il rendimento legato al possesso di azioni è fluttuante; invece è giusta la deducibilità delle spese per formazione, debitamente documentate;
ACTA: Ritiene esista un problema di svalutazione dei compensi nel lavoro autonomo professionale? Concorda con le misure da noi proposte (salario minimo orario, tariffe eque per servizi professionali e regole sulle commesse pubbliche per salvaguardare equo compenso) per affrontare questo problema? Se non le condivide, ci spieghi le sue motivazioni.
Fedeli: Sul salario minimo sono contraria, è più corretta la proposta di estendere alle Partite iva la disposizione della legge 92 sui compensi delle collaborazioni, perché in questo modo si rafforza l’idea della contrattazione collettiva inclusiva, che è la vera risposta all’attuale concorrenza sleale tra lavoro (spesso fintamente) autonomo e lavoro dipendente. Ugualmente sono convinta che le gare, specie della p.A. non devono basarsi sul massimo ribasso ma sull’offerta economicamente più vantaggiosa,e che si debba ripristinare la completa ed immediata solidarietà del committente principale riguardo all’intera filiera del subappalto
ACTA: E’ d’accordo sulla necessità di affrontare la situazione dei giovani e degli altri lavoratori che ricadono interamente nel sistema pensionistico contributivo, al fine di prevenire una diffusa situazione di povertà tra i futuri pensionati? Se no, perché?
Fedeli: Certamente, cambiando il sistema introdotto dal governo Monti e ripristinando sia la flessiblità in uscita che la garanzia di una pensione pari al 60% della contribuzione, eventualmente con l’intervento della collettività al fine di conseguire questo livello in presenza di carriere discontinue
ACTA: Se sì, é favorevole al recupero della finalità solidaristica delle pensioni, con l’introduzione di una pensione base (aggiuntiva a quella puramente contributiva) legata al numero degli anni lavorati, indipendentemente dai contributi versati e dalla tipologia di lavoro svolto? Se non la condivide, perché? Quali altre misure propone?
Fedeli: No, non si deve rifondare il sistema , è invece necessario introdurre i correttivi sopra indicati
ACTA: E’ favorevole all’istituzione di una indennità di maternità universale nei casi in cui non sia prevista alcuna indennità o ad integrazione di indennità esistenti? Condivide la nostra richiesta di estendere ai padri professionisti l’accesso ai congedi parentali?
Fedeli: Sì
ACTA: Noi siamo insoddisfatti della copertura della malattia assicurata dall’INPS (indennità molto basse, necessità di rientrare in certi parametri di versamenti contributivi nel periodo precedente, massimali oltre i quali non si ha alcun diritto). Chiediamo di avere diritto ad una reale copertura della malattia, attraverso il mutualismo. Proponiamo la possibilità di sostituire l’obbligo di versamento all’INPS per malattia, con l’adesione ad una società di mutuo soccorso, mantenendone la totale deducibilità. Che ne pensa?
Fedeli: No, sono contraria al ricorso alle mutue se non in chiave integrativa; piuttosto è necessario intervenire sul meccanismo di calcolo dell’indennità pagata dall’Inps, che produce gli effetti negativi da voi denunciati
17 Commenti
Pietro
ReplyC’è un grosso problema di tipo sociale ed etico alla base di tutto. Per moltissime persone (prevalentemente lavoratori dipendenti) i lavoratori autonomi restano un problema, quando non un “nemico”. Mi pare evidente che queste persone – mi riferisco in particolare all’intervistata – credono di essere e fanno di tutto per restare nel 1970.
Il problema è anche “generazionale”? Secondo me, sì.
ugo
ReplyL’intervista è un bell’esempio di come un punto di vista particolare, quello del lavoro dipendente, si autoproclami interesse generale. Di come la “contrattazione inclusiva” si sostituisca ad un contratto sociale che riconosca cittadinanza ai diritti del lavoro indipendente.
max
ReplyEcco la vera faccia del PD.Raciti è sulla stessa linea.
MAI A SINISTRA
ilaria
ReplyUgo non è esattamente così. Per un professionista che lavora su commessa presso imprese ed è sottapagato è meglio un salario minimo (interprofessionale, perchè così è in tutti i paesi) uguale per tutti oppure il riconoscimento della propria professionalità usando come riferimento minimo i livelli dei contratti nazionali di lavoro? Ovviamente la seconda, perchè riconosce la professionalità. E’ per questo che il sindacato tiene alla contrattazione e si batte contro il salario minimo, ed è per questo che la contrattazione inclusiva può essere utile per il lavoro autonomo di seconda generazione (leggi l’articolo di bologna in proposito). A me più che un atto di arroganza, pare un atto di solidarietà, quella solidarietà che è mancata in questi anni ed ha indebolito tutti, compresi i lavoratori subordinati.
Barbara
ReplyPer me la risposta più pesante è questa: “Non mi convince la contribuzione fiscale spalmata su un reddito triennale, il fisco è un sistema basato sull’andamento dei redditi su base annuale, del resto anche il rendimento legato al possesso di azioni è fluttuante; invece è giusta la deducibilità delle spese per formazione, debitamente documentate”. Significa non volere proprio capire che il reddito di un autonomo è fortemente variabile e non tenere conto del fatto che i redditi e le tasse si calcolano sull’anno ma gli anticipi si calcolano in previsione di un anno che ancora non abbiamo vissuto. Cosa che per un dipendente con reddito stabile non cambia molto ma che per gli autonomi è un grandissimo problema.
ugo
ReplyIlaria, può darsi che tu abbia ragione. Ma ti esprimo i miei dubbi.
Ho letto anch’io l’articolo di Sergio Bologna, che tuttavia mi sembra si riferisca al passo in avanti che questa prospettiva apre nella contrattazione di tutte le forme di lavoro, ma limitatamente alla situazione della media/grande impresa.
Quello che io contesto, in modo radicale, è che la “contrattazione inclusiva” si sostituisca alla negoziazione del contratto sociale per la categoria del lavoro professionale indipendente, che il sindacato attuale non può rappresentare in quanto tale.
Cioè che una nuova strategia nelle relazioni sindacali (della CGIL) confermi una vecchia linea di politica economica (del PD)
E l’intervista di Valeria Fedeli ne è l’esempio paradigmatico: non mi puoi dire tu paga il 33% all’INPS (contro il 21% e il 14% di altri professionisti e autonomi) perché poi ti difendo in modo “inclusivo” nella contrattazione con l’azienda. Io voglio che la mia soggettività sociale sia riconosciuta e rappresentata in quanto tale. Non confinata nell’ottica della contrattazione aziendale.
Alex
ReplyHa ragione MAX: questa è la vera faccia del PD di Bersani. Diverso sarebbe stato con Renzi… il conflitto Ichino/Fassina si è consumato su questi temi.
ilaria
ReplyUgo il problema è che i professionisti nella contrattazione individuale con i committenti sono più deboli rispetto al passato per tanti motivi che sarebbe lungo analizzare. Ora non è semplice trovare le soluzioni giuste. Sui contributi valeria fedeli ti dice innalzarli ma garantire le stesse prestazioni dei dipendenti (io aggiungerei mettere la rivalsa obbligatoria per fare pagare l’aumento ai committenti). Ora infatti abbiamo un ibrido insensato fatto di alti contributi e 0 prestazioni. Si può anche non essere daccordo però non si può chiedere contemporaneamente di versare quanto artigiani e commercianti ed avere le stesse prestazioni dei dipendenti, delle due l’una. Anche perchè in questa storia alla fine chi ci guadagna sono i committenti…che pagano meno le prestazioni d’opera..
ilaria
ReplyAlex non è vero! Non mi risulta che Ichino si sia posto il problema dei veri professionisti, nel suo contratto unico c’era solo la conversione in lavoro subordinato per coloro che sono monocommittenti sotto una certa fascia di reddito, peraltro Ichino era uno dei massimi difensori della riforma fornero, tanto per dire..
ugo
ReplyIlaria,
l’idea di agire solo sulla rivalsa in un momento in cui le condizioni contrattuali con i committenti sono peggiorate mi sembra una contraddizione in termini. Secondo te in questa fase economica un committente è disposto a pagare di più per la stessa prestazione? O piuttosto il peso dell’aumento graverà tutto sulle nostre spalle, che sono già piegate sotto la crisi?
Quello che si può chiedere è quanto dice Raciti nella sua intervista rilasciata ad ACTA, oppure pensi di no?
Raciti: “I Giovani Democratici e la coalizione Alta Partecipazione composta da oltre 50 associazioni si sono già battuti contro l’aumento dell’aliquota ottenendo il congelamento per il 2013. Nella prossima legislatura contiamo di bloccare l’aumento. Inoltre, proporremo di abbassare l’aliquota dei professionisti iscritti al fondo Inps gestione separata fino a equipararla a quella degli altri lavoratori autonomi (24%) e, per permettere a tutti loro di costruirsi una migliore futura pensione, proporremo di aumentare gradualmente la rivalsa (parte dei contributi dovuti dal committente) al 9% rendendola obbligatoria.
ilaria
Replyse abbassi al 24% cmq avrai minori contributi a prescindere dall’introduzione della rivalsa quindi ha detto una inesattezza oppure si è espresso male. A meno che non intenda dire che si porta al 24% la contribuzione del “solo prestatore” facendo aumentare progressivamente la rivalsa e la contribuzione fono ad arrivare al 33% (24+9=33). Ma a questo punto conviene rimanere al 27% e introdurre subito una rivalsa obbligatoria del 3% o 4%. In ogni caso la rivalsa è un’ottima cosa ma deve essere connessa ad una forma di equo compenso, sennò si scarica sul prestatore. Io non sono convinta della teoria che la rivalsa disincentiva le prestazioni d’opera, a me pare che i committenti ci stiano guadagnando da questa situazione, infatti pagano pochissimo il lavoro professionale ed è questo il problema prinicpale. Cmq è vero che siamo in una fase di crisi e queste devono essere operazioni graduali.
In ogni caso quello che dico io è che si abbassa al 24% la contribuzione poi non si possono pretendere le prestazioni dovute ai dipendenti. Altra cosa è prevedere alcune tutele universali e non assicurative, tipo pensione minima e indennità di maternità universale. Su questo sono d’accordo.
Marco
ReplyLa cosa più sconcertante é il tono saccente delle risposte! Non guasterebbe un po’ di umiltà nell’affontare questioni che vistosamente non conosce.
Marco
ReplyPer tanti autonomi che svolgono attività di traduzioni,in parte con l’estero, la rivalsa inps è pura fantasia, se a un cliente tedesco o inglese gli aggiungo un 9% di rivalsa quello mi ride dietro e cambia fornitore. Idem per le agenzie italiane che si affidano a madrelingua italiani che risiedono all’estero e non impongono il 4% attuale.
Mario Panzeri
ReplyChe cosa significa “garanzia di una pensione pari al 60% della contribuzione”? La signora Fedeli si riferisce ad un assegno mensile pari al 60% dei contributi previdenziali mensilmente versati? Si rende conto che si tratterebbe di una pensione assai più bassa di quella attuale? O voleva dire “pari al 60% della retribuzione”? In questo caso sa che i lavoratori autonomi non percepiscono una retribuzione? E, comunque, il 60% della contribuzione o della retribuzione di quale anno o della media di quali anni?
In sintesi, la signora Fedeli sa di che cosa parla?
Sergio Bologna
ReplyAnche a me pare che le risposte della capolista PD in Toscana siano rivelatrici della confusione che regna nella testa del PD a proposito dei problemi del lavoro in generale, non solo di quello autonomo. Al tempo stesso ritengo molto importante cogliere e valorizzare invece gli orientamenti interni al PD che tengono conto della realtà e di molte nostre posizioni. La diversa interpretazione del termine “contrattazione inclusiva” è una prova di quanto siano divaricate le culture in seno al PD e di come questo partito rischi di “implodere” nel momento in cui volesse concentrarsi solo sul tema “lavoro oggi”. Del resto chi ha svenduto l’intera tradizione “sociale” della Sinistra prima o poi il conto dovrà pagarlo. Chi ha trasformato le case del popolo in discoteche dove circola la coca, il conto dovrà pagarlo. Se finora non è accaduto è merito di Berlusconi che ha tenuto insieme “il popolo della sinistra” come semplice fronte del rifiuto, disposto a deglutire non uno ma dieci Monti dei Paschi.