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L'Italia ha bisogno di fosforo

1 Luglio 2013 Acta informa, News

L'Italia ha bisogno di fosforoIn una crisi di sistema che è anche crisi di idee, ACTA lancia una piattaforma che mette al centro il capitale umano come motore di nuovo sviluppo: 5 proposte per un’equa cittadinanza dei diritti dei lavoratori professionali indipendenti e per una nuova crescita dell’economia italiana. (1) Sostegno agli investimenti in capitale umano; (2) equità contributiva, per un nuovo assetto del lavoro professionale autonomo; (3) equità fiscale, per pagare tutti, ma pagare il giusto; (4) sostenibilità per le pensioni in regime contributivo; (5) riconoscimento della rappresentanza di primo livello.

La piattaforma ACTA sarà presentata a governo, partiti, sindacati, eletti che hanno aderito alla nostra campagna “Dica: no 33!”. Ma il vero motore sarà, come sempre, l’impegno di ciascuno di noi. Portala a conoscenza di altri lavoratori autonomi. Inoltrala a politici, sindacalisti, amministratori locali. Fai conoscere la piattaforma: l’Italia ha bisogno di fosforo! Impegnati in prima persona: la campagna Acta ha bisogno di te!

SCARICA LA piattaforma ACTA 1 luglio 2013 E INVIALA > SCARICA IL COMUNICATO STAMPA >

5 proposte ACTA per nuova crescita ed equa cittadinanza.


1. Sostegno agli investimenti in capitale umano.

Pensiamo ad un’importante azione pubblica a sostegno della crescita che passi attraverso l’incentivazione degli investimenti in capitale umano e servizi immateriali: Ricerca&Sviluppo e innovazione tecnica, informatizzazione, ma anche componenti più soft come innovazione commerciale e di marketing, organizzazione, attività per l’orientamento dei consumi.

Per questo chiediamo:

A. Una politica che solleciti gli investimenti immateriali sia della PA sia del settore privato, per migliorare l’efficienza, aumentare il valore aggiunto delle produzioni e dei servizi tradizionali, e valorizzare il ricco patrimonio intellettuale (dei giovani, ma non solo) attualmente sotto-utilizzato, secondo un modello che ha già mostrato di essere vincente in settori portanti per la nostra economia. “Made in Italy” non vuol dire solo fatto in una fabbrica italiana, ma concepito, disegnato, progettato, immaginato, tramandato attraverso il lavoro cognitivo che fa parte del patrimonio del lavoro italiano.

B. Una legge per incentivare gli investimenti immateriali, attraverso la loro defiscalizzazione per quanto riguarda il settore privato, e il riconoscimento del valore di investimento di queste tipologie di spese per la PA, in modo da poter derogare al Patto di stabilità. Come pensare ad una PA che si riorganizzi da sola, con una forza lavoro intrisa di una cultura della non efficienza, anagraficamente piuttosto anziana e in ritardo sotto il profilo tecnologico? Il tutto nel vincolo di una politica sostenibile sotto il profilo sociale e ambientale.

2. Equità contributiva: un nuovo assetto per il lavoro professionale autonomo.

Siamo contribuenti certi, come i lavoratori dipendenti, perché lavoriamo con regolari contratti per imprese e pubblica amministrazione. Ma non siamo cittadini come loro: siamo esclusi dal welfare, che finanziamo ampiamente attraverso il meccanismo perverso della Gestione Separata INPS. Siamo lavoratori indipendenti, come professionisti, artigiani e commercianti. Ma il nostro prelievo contributivo è del 27%, mentre il loro è rispettivamente del 14% e del 21%. Dove sta l’equità? Dove stanno le regole di mercato?

In dieci anni la nostra contribuzione INPS è passata dal 10% all’attuale 27%. E se non sarà cambiata la legge approvata già dal 2014 ricomincerà a crescere per arrivare al 33%. Questo comporterà la morte delle nostre attività, in un momento in cui tutti stiamo già lottando per la sopravvivenza economica. Questo è non solo inaccettabile: è miope!

Per questo chiediamo:

A. Immediato blocco dell’aumento al 33% della contribuzione INPS, con procedura d’urgenza per dare

ossigeno al lavoro indipendente, duramente provato dalla crisi in atto.

B. In prospettiva una rinegoziazione del patto sociale fra Stato e lavoratori indipendenti, sulla base di un principio semplice e trasparente di reciprocità: corretta contribuzione per equa prestazione. Proponiamo che il lavoratore professionale indipendente possa scegliere fra due opzioni contributive alle quali corrispondano due differenti livelli di prestazione. Il primo livello prevede la contribuzione attuale, ma con un accesso a tutele più ampie di quelle attualmente previste. Il secondo livello prevede una contribuzione agganciata a quella di commercianti e artigiani con le attuali, scarsissime tutele. In allegato il dettaglio della nostra proposta.

C. Per i lavoratori indipendenti soci di SRL chiediamo il superamento dell’obbligo alla doppia contribuzione previdenziale – Gestione Separata INPS e Gestione Commercianti – per arrivare ad un regime che preveda l’assoggettamento di tutti i redditi dei soci professionisti esclusivamente alla Gestione Commercianti. Per rimuovere un importante ostacolo all’aggregazione, così necessaria in un mercato fortemente frammentato e per questo poco competitivo.

3. Equità fiscale: pagare tutti, pagare il giusto.

Nella rappresentazione mediatica e nella testa di molti siamo assimilati a quelle figure professionali che, offrendo un servizio a privati, costituiscono l’esercito degli evasori. Ma la realtà è molto differente: i nostri servizi sono rivolti ad aziende ed enti pubblici, quindi integralmente fatturati e totalmente trasparenti all’accertamento fiscale. Ma siamo penalizzati da un sistema di tassazione pensato o per il lavoratore dipendente o per l’imprenditore, mai per un lavoratore che si assume il rischio della propria attività.

La distribuzione irregolare del reddito determina un maggior carico fiscale e squilibri negli anticipi dovuti: percepire in tre anni un reddito di 30.000 euro il primo anno, 90.000 il secondo e 30.000 il terzo è ben diverso che percepire un reddito costante di 50.000 euro. L’impossibilità di dedurre integralmente costi vitali per la sopravvivenza lavorativa, legati all’aggiornamento e all’innovazione, trasforma i nostri investimenti in decurtazione di reddito. Un sistema burocratico sempre più costoso ed un rapporto fortemente asimmetrico nei rapporti con l’Agenzia delle Entrate ci espone a costi onerosi e incertezze costanti.

Per questo chiediamo:

A. Istituzione di un regime fiscale agevolato, sul modello esistente in altri paesi europei (es. Regno Unito), che interessi i lavoratori con un fatturato non superiore ai 70-80.000 euro e che rappresenti un reale incentivo all’iniziativa autonoma e alla creazione di nuova occupazione;

B. Applicazione di aliquote e anticipi definiti sulla media di tre anni di reddito e non sul dato annuale, in modo da non penalizzare chi subisce forti oscillazioni negli impegni e nei compensi;

C. Revisione del sistema di spese deducibili inerenti l’attività, in linea con le esigenze del nuovo lavoro professionale autonomo di assicurare competenze aggiornate, innovazione e mobilità: in particolare evidenziamo la necessità di prevedere la totale deducibilità delle spese in formazione, l’ammortamento anticipato dei prodotti ad alta tecnologia e la totale deduzione delle spese legate a trasferte.

D. Semplificazione burocratica e superamento di distorsioni normative e legislative. In particolare: (1) definizione certa dei parametri che rendono obbligatoria la contribuzione IRAP; (2) obbligatorietà dell’IVA per cassa; (3) utilizzo degli studi di settore e del redditometro esclusivamente come strumenti indicativi, senza scaricare sul contribuente l’onere della prova, non di rado impossibile da fornire; (4) obbligatorietà per L’Agenzia delle Entrate della convocazione del contribuente prima dell’applicazione di sanzioni pesanti; (5) il rimborso delle spese sostenute dal contribuente in risposta a contestazioni fiscali o entro un contenzioso con l’Agenzia delle Entrate, quando dimostra di essere stato corretto.

4. Sostenibilità per le pensioni in regime contributivo.

Il dibattito sulle pensioni continua ad essere polarizzato dai problemi dei pensionati e pensionandi, che hanno fruito o fruiranno di una pensione totalmente o prevalentemente retributiva. Noi chiediamo attenzione sui problemi di chi avrà una pensione contributiva: tutte le proiezioni mettono in evidenza che i futuri pensionati si troveranno in condizioni economiche molto peggiori delle attuali, a causa di meccanismi di rivalutazione inadeguati e di coefficienti di conversione penalizzanti, specie in un’economia stagnante.

La situazione è particolarmente critica per noi, che siamo espressione di un mercato del lavoro nuovo, ma con un welfare ancorato al passato: non siamo tutelati, non solo in termini di mancato guadagno, ma anche di versamenti pensionistici, nelle situazioni di non lavoro per malattia, disoccupazione e lavori di cura. Per primi sperimenteremo, e in qualche caso stiamo già sperimentando, gli effetti del sistema contributivo, senza che siano stati previsti interventi di transizione.

Per questo chiediamo:

A. Che si recuperi la finalità solidaristica delle pensioni anche nel sistema contributivo, prevedendo una pensione di base, aggiuntiva a quella puramente contributiva, legata al numero degli anni lavorati, indipendentemente dai contributi versati e dalla tipologia di lavoro svolto.

B. La definizione di misure transitorie per chi va in pensione entro i prossimi 10-15 anni, che, se ricade interamente nel regime contributivo, rischia di non raggiungere neppure l’ammontare previsto per l’assegno sociale e di non poter andare in pensione prima dei 70 anni: uno dei requisiti per la pensione a 65 anni è aver maturato una pensione almeno pari a 1,5 volte l’assegno sociale.

C. L’introduzione di contributi pensionistici figurativi a copertura degli impegni di cura familiare dei figli.

5. Riconoscimento della rappresentanza di primo livello.

Pensiamo che la condizione sociale dei lavoratori professionali autonomi non abbia nulla a che vedere con la vecchia figura del professionista ordinista. Ma non così sembrano pensarla il legislatore, gran parte dei partiti – di destra, centro e sinistra – il sindacato e per la verità anche qualche associazione di lavoratori autonomi: tutti ritengono che la difesa e la certificazione della professionalità sia l’obiettivo da perseguire.

In realtà noi siamo lavoratori professionali di nuova generazione, figli del post-fordismo e della disseminazione dei saperi fuori dall’impresa e dalla PA. Ma di questa crescente figura sociale si preferisce non parlare. ACTA nasce proprio per dare voce a questa radicale svolta nella composizione sociale: per dare rappresentanza trasversale, non corporativa, aperta al futuro ai lavoratori professionali autonomi.

Per questo chiediamo:

A. Riconoscimento della rappresentanza sociale dei lavoratori professionali di nuova generazione: chiediamo perciò che siano previste consultazioni con associazioni di primo livello aperte a più tipologie professionali, in modo da permettere un legame diretto coi lavoratori che oggi lavorano nei comparti più dinamici delle imprese italiane che affrontano la competizione globale o per le PA che attingono dal mercato competenze necessarie al miglioramento qualitativo dei servizi alla comunità.

B. Un’applicazione non corporativa della nuova legge sulle professioni che rischia di dare voce solo ad associazioni di secondo livello non rappresentative della nuova realtà sociale, ma figlie di una vecchia visione del lavoro professionale e ben inserite in un’organizzazione del consenso basata solo su partiti, sindacati e organizzazioni datoriali attuali.

ACTA

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42 Commenti

  1. Alliandre

    Reply

    Questa proposta NON MI PIACE. Perché c’è una MAREA di traduttori che fattura meno di 30mila euro l’anno che così resta incastrata a pagare comunque il 33% di INPS. E allora, NO GRAZIE.

    1 Lug 2013
  2. ugo

    Reply

    Alliandre NON E’ COSI’

    Nella PIATTAFORMA noi chiediamo:
    A. IMMEDIATO BLOCCO DELL’AUMENTO AL 33% della contribuzione INPS, con procedura d’urgenza per dare
    ossigeno al lavoro indipendente, duramente provato dalla crisi in atto.

    E nel documento “fiscale previdenziale” chiediamo per i redditi sotto i 30.000 MOLTE PIU’ GARANZIE della attuali per una contribuzione sostanzialmente come l’attuale (27% sul reddido) che come più volte abbiamo detto e scritto E’ GIA’ SUPERIORE AI LAVORATORI DIPENDENTI (33% sul RAL e non sul costo globale).

    Comunque grazie del tuo contributo: fra di noi alcuni sostenevano che anche sotto i 30.000 euro fosse LASCIATA LIBERTA’ al lavoratore autonomo di scegliere quale regime scegliere. E tu mi sembra che saresti di questa opinione: pagare meno e avere meno tutele. Capisco bene?

    1 Lug 2013
  3. Cristina

    Reply

    Era ora che qualcuno lo dicesse. Bravi .
    Ora speriamo di essere ascoltati

    1 Lug 2013
  4. Giorgio

    Reply

    Fosforo … Certo, ne abbiamo bisogno, ma mi accontenterei anche solo di un pizzico di sale in zucca!

    1 Lug 2013
  5. Federica

    Reply

    Ci vuole un linguaggio semplice, semplicissimo, il fosforo la gente non sa più cosa sia! Rivolgetevi alle persone comuni andatele a stanare da tutte le parti, occorre una campagna di controinformazione su questi temi che possa unire e coinvolgere, dicendo alle persone la verità che non vogliono sentirsi dire, ovvero che saremo tutti POVERI fra qualche anno. Non cercate il linguaggio difficile siate popolari… E organizziamo una manifestazione nazionale per la dignità e il rispetto di chi lavora, LO STATO NON CI RISPETTA, non è soltanto che non ci tutela, è che se ne frega della nostra dignità e ci schiaccia.

    2 Lug 2013
  6. pepe

    Reply

    Se ognuno di quelli che si ferma a leggere questa piattaforma si impegnasse a inviarla ad altri 3 amici forse potremmo anche diventare un poco più forti e farci sentire… Dai che ce la facciamo!

    2 Lug 2013
  7. ugo

    Reply

    Sante parole Pepe!

    2 Lug 2013
  8. Alliandre

    Reply

    @Ugo: sì, perché
    A) non vedo perché il contributo INPS debba restare al 27% sotto ai 30.000 e scendere al livello di artigiani/commercianti al di sopra di quella cifra, perché se sei sotto ai 30.000 fai ancora più fatica a pagarla, quell’INPS lì.
    Cavoli, fatturi di meno e paghi di più? Eh no, eh.
    Gli autonomi paghino tutti come artigiani e commercianti, altrimenti è come il discorso dei professionisti con albo che fatturano tantissimo e pagano un nientesimo di quello che paghiamo noi.
    Io m’impunterei piuttosto sul coefficiente di restituzione, che è indegno.

    B) E sì, preferirei scegliere. Perché se avessi voluto tutte quelle tutele lì mi sarei cercata un lavoro fisso, non mi sarei messa in proprio.

    2 Lug 2013
  9. ugo

    Reply

    Grazie Alliandre,
    Il tuo punto di vista è chiarissimo. La piattaforma è aperta al dibattito e al contributo di tutti. Ne terremo conto.

    2 Lug 2013
  10. Giuseppe

    Reply

    Ho accolto il suggerimento di Pepe ed ho inviato la piattaforma alla mia mailing list

    2 Lug 2013
  11. Alliandre

    Reply

    Grazie a te, Ugo 🙂
    E’ che, tutele a parte, il discorso di pagare un’aliquota inferiore se si fattura di più mi pare ingiusto, facendo un parallelo sarebbe come dire se fatturi di più paghi meno tasse.
    Piuttosto, vedrei meglio un’aliquota unica per tutti a livello di commercianti/artigiani e la possibilità di scegliere volontariamente se pagare in più una quota a parte se vuoi determinate tutele in più, ma questo indipendentemente dal fatturato, senza livelli al di sopra o al di sotto dei quali avere aliquote diverse.

    2 Lug 2013
  12. Miche

    Reply

    Forse serve un’integrazione su famiglia e genitorialità.

    4 Lug 2013
  13. MAX

    Reply

    UGO NON E’ COSI’….per i “deboli” è prevista la contribuzione al 33%, seppur compensata da una minor imposizione tributaria e con maggiori tutele…
    Ma c’è un problema enorme: mica tutti lavorano per le imprese….

    5 Lug 2013
  14. Alliandre

    Reply

    Max, sottoscrivo 🙂
    Non accetto che improvvisamente ACTA, che si è sempre battuta per una riduzione dell’aliquota INPS a TUTTE le P. IVA vere senza albo, ora definisca una fascia di “deboli” senza tutele *per fatturato* e gli appioppi comunque l’aliquota INPS piena al 33%.

    “Deboli” in quell’accezione possono essere le P.IVA false, cui l’azienda paga 2/3 dei contributi e per le quali prevedere le stesse tutele dei dipendenti, ma allora *specificatelo*;

    perché se io sono P.IVA vera, sono al di sotto di 30.000 euro, e nella proposta mi lasci comunque l’INPS al 33% (o anche al 27, senza riduzione al livello di artigiani e commercianti come per quelli che fatturano più di 30.000) debole lo divento anche io. E allora grazie, ma non sottoscrivo nessunissimo bisogno di fosforo, messo così.

    5 Lug 2013
  15. Alliandre

    Reply

    P.S. In piattaforma per definire i “deboli” al di sotto dei 30.000 è scritto:
    “E’ una proposta che interessa solo chi lavora per imprese o PA”
    Indicato così non significa niente, perché anche un autonomo vero “lavora per imprese o PA”, solo non è un finto dipendente. Dovete trovare un altro modo di distinguere le P.IVA false, il fatturato come ho più volte indicato non è valido, e la definizione qui sopra nemmeno.

    5 Lug 2013
  16. Max

    Reply

    Ma questa piattaforma è già stata presentata? Ma allora mi viene da pensare che gli associati ACTA incassano oltre 30.000 euro all’anno…IL NO 33 DOVEVA SERVIRE PER NON UCCIDERE I REDDITI MISERI E CONSENTIRE DI AVVIARE ATTIVITA’ DI LAVORO INDIPENDENTE…cazzarola…

    5 Lug 2013
  17. Federico Fischanger

    Reply

    Solo una precisazione, Alliandre: la proposta sulla contribuzione di ACTA non si basa sulla distinzione tra vere e finte partite iva e la soglia dei 30000 non è intesa a questo fine, ma solo per individuare quei lavoratori “deboli” per i quali un livello di compensi bassi può creare oggettive situazioni di disagio e maggiori necessità di tutele in termini di welfare e previdenza futura.
    Il riferimento a Imprese e PA, poi, è legato al ruolo di sostituto d’imposta per il committente che dovrebbe poter trattenere alla fonte i contributi.
    Grazie molte per la solita vivacità e competenza con cui partecipi alle nostre campagne!

    5 Lug 2013
  18. Cristina

    Reply

    Provate bene a fare i conti, l’aumento contributivo (che non sarebbe 33% ma 30,5 perchè cambia il metodo di calcolo) sarebbe in gran parte compensato da uno sconto fiscale. L’idea è di andare in pari, con uno scambio tra imposte e contributi, questi ultimi comunque farebbero cumulo per una (pur misera) pensione e altre prestazioni.
    In ogni caso continuiamo a dibatterne. Possiamo anche organizzare un confronto per approfondire.

    5 Lug 2013
  19. Alliandre

    Reply

    @Federico: allora, se la soglia dei 30.000 NON ha il fine di distinguere P.IVA false da vere, sono ancor meno d’accordo: perché se già hai un compenso basso fai più fatica a pagarla, un’INPS così alta.
    Non mi interessano le maggiori tutele: se si vogliono maggiori tutele a parità di contribuzione INPS coi dipendenti, si cerchi un lavoro da dipendente.
    Ma se voglio restare autonoma perché devo vedere altri autonomi che fatturano molto più di me e pagano molto meno?!
    Le maggiori tutele di welfare e previdenza futura si vadano a cercare con una regolazione del coefficiente di restituzione, ché quello attuale è ridicolo: se tenessi per me investendoli in banca i soldi che regalo all’INPS, tra vent’anni avrei quei soldi tutti per intero per me, invece di averne regalati oltre la metà (ma magari sono di +, non so quanto sia di preciso. L’INPS non me lo dice! Dove sta la busta arancione?) all’INPS.
    Infine: pensare al committente che trattiene alla fonte i contributi significa fatturare in modo completamente diverso da ora, e far salire le tariffe (indicando in fattura al committente anche i 2/3 inps oltre alla R/A-altrimenti come gliela fai pagare?) a tal punto che altro che esplodere, il nero.

    Per me è sballato il ragionamento di fondo, la distinzione per reddito. Siamo tutti P.IVA autonome, un’aliquota più bassa uguale per tutti è la cosa più semplice.
    Perché anche un “debole”, come lo definite voi, con un’aliquota + bassa si ritrova più soldi in tasca e può investire personalmente meglio in un fondo pensione che renda di più rispetto a un prelievo forzoso come quello INPS. E diventa subito più forte.

    E poi checcavolo, perché “debole”? Perché se l’INPS non mi prende per mano non sono in grado di investire i miei soldi di testa mia?
    Se ora ragionate così sono contenta di non aver ancora pagato la quota associativa (l’ho data all’AITI, per iscrivermi alla MIA associazione professionale. Pensavo di reiscrivermi anche ad ACTA, dopo aver pagato le tasse. ma non sono più tanto sicura di farlo!)

    @Max: mi associo al CAZZAROLA.

    5 Lug 2013
  20. Alliandre

    Reply

    p.s. sarei curiosa, ma proprio tanto curiosa, di sapere quanti nella fascia di mezzo sarebbero disposti a pagare più INPS per avere più tutele quando, avendo più soldi in tasca grazie a un’aliquota inferiore, le maggiori tutele riesci a costruirtele da solo.

    5 Lug 2013
  21. MAX

    Reply

    Io credo che il contributo deve essere per tutti al 24% del reddito, senza le storie della “rivalsa” perché nessuno spiega ad un cliente che è “rivalsa” e non “costo”…queste storie lasciatele alla CGIL….
    Dopodiché credo che sia assolutamente interessante un sistema di deduzioni e detrazioni assimilato a quello del lavoro dipendente, almeno per gli autonomi con minor reddito, e l’eliminazione dell’iva. Regimi contabili che andrebbero scelti per opzione.
    Questo eviterebbe i paradossi di dover ricercare tutte le ricevute di questo mondo per fare deduzioni per cui poi si è sistematicamente fuori dai parametri…pur arrivando ad un imponibile superiore ai dipendenti…
    Un microautonomo di fatto puo’ dedurre ben poco, sia perché non ci sta con i parametri, sia perché l’imponibile sarebbe comunque troppo alto, e quindi le imposte troppo elevate, per sostenere le spese che si vorrebbero dedurre. L’idea di una deduzione a forfait e dell’applicazione degli scaglioni irpef con le stesse regole dei dipendenti mi piace.

    5 Lug 2013
  22. Alliandre

    Reply

    @Cristina già credo poco al fatto che riescano a darci retta se facciamo fronte su una sola cosa (aliquota INPS); alla possibilità di scambio tra imposte e contributi credo ZERO.

    Una sola aliquota per tutti, senza distinzioni di reddito, uguale a commercianti e artigiani. Punto.*
    Oltre a tutto, c’è già adesso un casino, con le aliquote: dipendenti, ordinisti, commercianti e artigiani, autonomi,. pensionati che lavorano ancora… E volete andare a incasinare ancor più le cose distinguendo gli autonomi per reddito? Ma per favore, già non capiscono niente di lavoro autonomo quelli, confondiamogli ancor più le idee.

    *(E quei poverini di commercianti e artigiani “deboli” sotto ai 30.000 euro allora? Li lasciamo da soli? Suvvia. Vi rendete conto del casino o no?)

    5 Lug 2013
  23. MAX

    Reply

    Mi associo a quello che dice ALLIANDRE sul fatto che se la pensione futura sarà da fame è perché i metodo di calcolo sono ridicoli. L’intero sistema previdenziale italiano è ormai strutturato per pagare adesso e non domani…guardate come funziona in Svizzera…con aliquote molto basse ci si assicura una minima….ed intanto si può vivere…in Italia no…perché?

    5 Lug 2013
  24. Alliandre

    Reply

    @Max a parer mio con la rivalsa è stato fatto l’errore, quando se la sono inventata, di non indicarne l’obbligatorietà e una certa progressività in parallelo all’aumentare dell’aliquota INPS. Mi ricordo, quando facevo parte del popolo del 10%, una rivalsa del 4% era un bel po’. Adesso… bruscolini.

    5 Lug 2013
  25. Alliandre

    Reply

    @Max, io vivo a 5 km dal confine di stato, dal lato sbagliato del confine di stato. Per motivi famigliari non posso emigrare, per motivi lavorativi (non ho il tedesco) non trovo clienti di là. Pensa a quanto mi girano.

    5 Lug 2013
  26. MAX

    Reply

    Immagino Alliandre….stile elicottero con a bordo RAMBO….

    5 Lug 2013
  27. ugo

    Reply

    Alliandre, Max,
    la piattaforma è APERTA e questo dibattito fa solo bene.
    Come già dicevo, anche nella discussione che ne ha accompagnato la stesura ci sono state posizioni molto simili alle vostre.
    Una cosa comunque voglio chiarirla: nella piattaforma si parla di obiettivi IMMEDIATI e di obiettivi in PROSPETTIVA: la riporto qui

    Per questo chiediamo:

    A.IMMEDIATO BLOCCO dell’aumento al 33% della contribuzione INPS, con procedura d’urgenza per dare

    ossigeno al lavoro indipendente, duramente provato dalla crisi in atto.

    B. IN PROSPETTIVA una rinegoziazione del patto sociale fra Stato e lavoratori indipendenti, ….

    Sul NO 33! abbiamo intenzione di batterci da subito con tutte le forze. E speriamo di avervi con noi.
    Sulla prospettiva abbiamo intenzione di promuovere presto degli incontri pubblici per confrontarci.
    Grazie per il vostro contributo.

    5 Lug 2013
  28. Alliandre

    Reply

    Grazie a te, Ugo.
    Il No33% immediato è sacrosanto; è come viene posto in piattaforma quel che viene dopo in prospettiva che non mi piace per niente, è comunque troppo oneroso per un microautonomo e per di più mi puzza di ‘protezione piovuta dall’alto’, ma ripeto, se uno volesse una cosa del genere, in un paese civile cercherebbe l’assunzione.
    E’ in Italia che l’obbrobrio dei cococo/cocopro ha disintegrato le possibilità per i microautonomi veri. Semplicemente, per le aziende dovrebbe essere illegale sostituire gli assunti regolari t.det e t. indet. con cococo/cocopro in P.IVA, Fornero con tutti gli errori che pure ha infilato nella sua riforma, ci stava provando, ma finché non s’abbassa il costo del lavoro non se ne esce…

    6 Lug 2013
  29. Alliandre

    Reply

    P.S. A PARTE l’innegabile fatto che anche persone con un fatturato lordo di 50.000 euro (quindi nella teorica fascia media della piattaforma) se la passano male per colpa dell’INPS:

    http://www.linkiesta.it/blogs/kahlunnia/la-lettera-virale-e-pronta-ad-esplodere

    scommetto che anche il sig. Marchioni sarebbe più che felice di scegliere l’aliquota INPS ridotta e senza tutele come da vostra fascia ‘alta’, invece che quella con tutele della fascia ‘debole’.
    Leggete il suo stesso commento alla sua lettera, inviato il 3 Luglio alle 18:46.
    Altro che fascia debole sotto ai 30.000, qua siamo tutti deboli.

    6 Lug 2013
  30. romano calvo

    Reply

    Al mio paese c’era negli anni 50 un noto liberale, avvocato e leader dell’opposizione alla DC, che di fronte al preventivo di spesa per riparare l’orologio della torre civica, propose come alternativa che con quella spesa fosse comperato un orologio per ciascun abitante del paese…
    Molti di voi che rivendicate il diritto ad utilizzare liberamente e a titolo individuale, i soldi versati all’INPS, mi sembrate una macchietta, proprio come quell’avvocato liberale.
    Un qualche ragionamento sui beni comuni e sul patto sociale che tiene insieme una comunità, sarebbe utile. Prima di affondare nella catastrofe dell’individualismo estremo.

    18 Lug 2013
  31. MAX

    Reply

    Si’ Romano…il “patto sociale”….sindacati di ipertutelati che si permettono di parlare in nome di un free lance…il patto sociale è da molti anni che attraverso la tortura dei free lance si finanziano ammortizzatori e pensioni per gli altri. Se davvero vuoi il “patto” e sei un dipendente…pagatelo tu il 33 per cento…anziché pretendere dal datore…magari pubblico…per avere tutte le garanzie!

    18 Lug 2013
  32. romano calvo

    Reply

    caro max, io non ti conosco ma vedo che nemmeno tu mi conosci: sono free lance con partita iva dal 1992 e le lotte che ho fatto contro la triade sindacale, se segui un po ACTA, forse dovresti conoscerle. certo che i blog non aiutano molto la riflessione… mah!

    18 Lug 2013
  33. max

    Reply

    No…non ti conosco….benvenga un “patto sociale”…ma per me il miglior patto sociale è quello in cui tutti hanno un orologio…

    18 Lug 2013
  34. giovanni.v

    Reply

    La parte che riguarda l’equità contributiva mi pare estremamente moderata… ma è il punto di vista di chi non vorrebbe semplicemente discutere se è giusto il 23 o il 33% ma ritiene invece che si tratti di cifre assurde. E tutto questo senza considerare che commercianti ed artigiani pagano un pizzo fisso non indifferente più una percentuale sul reddito eccedente i 14000 euro circa… ergo voler equiparare al trattamento di queste categorie non mi sembra un gran vantaggio.

    Vi invito a fare una letturina istruttiva di questo documento dell’HM Revenue & Customs, equivalente della nostra agenzia delle entrate (a loro non servono due enti o più…):

    Notare anche che loro capiscono benissimo che sotto 5.725 sterline (circa 6.600 euro) quei pochi soldi vi serviranno per ***sopravvivere*** e quindi nel ringraziarvi per esservi dati da fare e non ingrossare le file dei disoccupati potrebbero esentarvi dal pagare anche la pur banale quota fissa di 2,7 sterline a settimana.

    Mi spiace dirlo, questo fà uno stato che rispetta i cittadini e come tale è candidato a meritare quella dei cittadini stessi.

    2 Ago 2013
  35. MAX

    Reply

    Si avvicina la legge di stabilità….mi pare che nessuno parli di partite iva….

    17 Set 2013

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di ACTA tempo di lettura: 7 min
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