Legge di stabilità: un compromesso tra vecchie corporazioni
21 Ottobre 2013 Fisco, Lavoro, Previdenza
La legge di stabilità ha suscitato molte critiche, per lo più concentrate sulla limitata entità delle misure di incentivazione.
Ma ciò che è più discutibile è la scelta delle priorità, che riflette il solito mix di interessi corporativi, ben radicati nel nostro paese.
Tralasciando la sostituzione Trase/IMU, ci sono tre principali aree di intervento che ci riguardano come lavoratori e cittadini:
1. Proroga di bonus edilizia e mobili. Come non leggere queste misure senza ricordare la grande forza di lobby che da sempre esercita in Italia il settore dell’edilizia, certo rafforzato da un presidente di Confindustria titolare di un’importante azienda che produce materiali per l’edilizia. Una lobby che ha i canali giusti per farsi sentire, come dimostra la lettera inviata da Federlegno ai suoi iscritti, rivendicando il merito della misura conquistata dopo aver incontrato ben 5 ministri.
Il risultato? E’ fiscalmente molto più conveniente cambiare il salotto o i mobili del bagno che seguire un corso di formazione (nel primo caso il 50% lo detraggo dalle imposte, nel secondo caso il 50% lo deduco dal reddito imponibile, con un risparmio fiscale intorno al 25%). Un’economia in cui il mattone e il legno sono più importanti del fosforo e della conoscenza. D’altra parte perché incentivare la formazione? Meglio lasciare il campo alla formazione finanziata, che usa fondi ingenti ed ha una qualità spesso discutibile, ma è necessaria al sostentamento delle principali organizzazioni di rappresentanza.
2. Riduzione del cuneo fiscale.
Il cuneo fiscale (il rapporto tra tutte le imposte sul lavoro -dirette, indirette e contributi previdenziali- e il costo complessivo del lavoro) è un problema di tutti. Come abbiamo più volte dimostrato il peso di imposte dirette e contributi non è inferiore a quello dei dipendenti: su un costo complessivo del lavoro di 40.000 euro il peso dell’imposizione per un dipendente è intorno al 45% (22.000 euro il netto), per un professionista autonomo iscritto alla gestione separata arriva al 47% (21.200 euro il netto). Con la differenza che l’autonomo iscritto alla gestione separata non ha le tutele del dipendente ed ha una serie di costi aggiuntivi (tra cui la formazione), non deducibili interamente dal reddito.
Eppure la riduzione si applicherà solo ai dipendenti. Una vera e propria discriminazione, voluta da Confindustria e sindacati. E non è finita qui.
Come sarà finanziata la riduzione del cuneo? In teoria con tagli della spesa pubblica, ma una clausola di salvaguardia, nel caso questi non siano fattibili, determinerà la riduzione delle detrazioni (su sanità, scuola, mutuo…), riduzione che riguarderà tutti. In definitiva non potremo contare sulla (per quanto minima) riduzione del cuneo, ma saremo penalizzati da una riduzione delle detrazioni.
3. Pensioni
Rispetto agli ultimi due anni c’è stata l’attenuazione del blocco della rivalutazione delle pensioni tra i 1.500 e i 3.000 euro al mese (Le pensioni tra 1.500 e 2.000 euro saranno rivalutate del 90%, quelle fino a 2.500 del 75%, per gli assegni pensionistici tra i 2.500 e i 3.000 la rivalutazione sarà invece pari al 50%). E’ saltata l’idea di ridurre le pensioni alte calcolate con il sistema retributivo, ben più generoso rispetto al contributivo imposto ai giovani e a tutti gli iscritti alla gestione separata
Come ricorda Enrico Marro sul corriere della sera del 18 ottobre
Una revisione che avrebbe avuto effetti importanti, come dimostrano alcune elaborazioni fatte dai tecnici e arrivate sul tavolo di più di un ministro. Un assegno lordo mensile di 7 mila euro, ricalcolato col contributivo, vale 6.100, uno da 51.200 (esiste ed è nella top ten) precipita a 27.700, quasi la metà.
Quindi nessun riequilibrio tra diversi sistemi e tra generazioni. Al contrario con lo scatto al 1 1 2014 del primo aumento previsto dalla riforma del lavoro (Fornero), aumenterà ancora il peso contributivo per gli iscritti alla gestione separata, la gallina necessaria a foraggiare le pensioni d’oro.
Anche ieri il Ministro Enrico Giovannini, intervenuto al convegno “Tutto lavoro” del Sole 24 Ore ha sostenuto
il problema più ampio che si manifesterà tra trent’anni è che con questa situazione economica, con l’entrata tardiva nel mondo del lavoro, e la frammentarietà del lavoro stesso, sarà molto difficile assicurare, con questo sistema contributivo, pensioni dignitose”.
Ma nessuna misura in pratica segue questa generica preoccupazione per il futuro dei futuri pensionati, come noto i giovani elettoralmente pesano poco, soprattutto in una società invecchiata.
Alla fine facciamo i conti, sono tutte voci negative, alcune piuttosto pesanti:
- aumenta l’IVA, che pesa sui beni finali e per chi lavora con la PA anche sul reddito (la PA non può recuperare l’IVA e paga “IVA compresa”);
- non diminuisce l’IRPEF;
- Aumenta l’INPS dell’1% , perché non sono state introdotte misure di blocco degli aumenti decisi lo scorso anno (sono 100 euro ogni 10.000 di imponibile!);
- Diminuiranno le detrazioni;
- Nessun incentivo che stimoli la domanda di servizi ad elevata conoscenza, né incentivi che agevolino i nostri investimenti.
2 Commenti
Pietro
ReplyFaccio l’avvocato del diavolo (ma non del tutto) sulla prima parte di questo articolo.
1) Oltre ai venditori di mobili e di caldaie, nel campo dell’edilizia operano moltissimi professionisti che possono essere considerati a tutti gli effetti dei “consulenti del terziario avanzato”, quindi l’idea che la “conoscenza” non abbia a che fare con le incentivazioni in edilizia è una frutto di una visione piuttosto parziale della questione, e, a dire il vero, un po’ superficiale. La quantità di operatori che ruota attorno all’edilizia coinvolge una gamma di competenze vastissima, a tutti i livelli.
2) A conferma di quanto appena detto, va precisato che il “bonus mobili” (benché usato in maniera fuorviante dal marketing cialtrone dei produttori) è legato in maniera chiara e, si spera, ineludibile alle operazioni di ristrutturazione o di riqualificazione energetica degli immobili: non sì ha accesso ai bonus se si vuole semplicemente cambiare la credenza in soggiorno (sarà dura spiegarlo, ma è così).
3) La “formazione” dovrebbe, ad un certo punto, servire a svolgere un qualche tipo di lavoro. Lo chiedo provocatoriamente: non è che la formazione stia diventando la sola valvola di sfogo dei “consulenti” del terziario avanzato? Formazione di chi? Formazione di formatori di formatori di formatori … ? La questione della bolla formativa non è ancora stata affrontata a dovere, nemmeno su queste pagine. Aggiungo una mia personale opinione: il soggetto a cui bisogna prestare attenzione dovrebbe essere colui che la formazione la riceve e, in seguito, ne fa buon uso, non colui che la formazione la “impartisce”.
Sul cuneo fiscale non ho niente da aggiungere: concordo pienamente.
Grazie dell’attenzione.
Anna Soru
ReplyGrazie per le osservazioni, rispondo seguendo lo stesso schema per punti.
1) certo in edilizia operano anche alte professionalità, ma non si può ritenere che le attività finanziate dalle misure sulle ristrutturazioni siano ad alta intensità di conoscenza. E comunque l’edilizia non può continuare ad essere considerato IL settore portante dell’economia nazionale, quello su cui concentrare gli interventi. Esistevano già agevolazioni per le ristrutturazioni, perché non agire anche in altri ambiti?
2) è vero, per accedere al bonus mobili (sino ad un max di 10.000 euro) è necessaria una ristrutturazione, ma questa può consistere anche solo nella sostituzione di prese elettriche danneggiate o nel rinnovamento dei tubi del gas (entrambe opere utili, per carità! ma perché legarci i mobili?)…in definitiva solo un vincolo di facciata per includere nelle agevolazioni anche i mobili.
3) concordo sull’esistenza di una bolla formativa, ma riguarda la formazione finanziata, non quella sul mercato. Proprio per favorire le legittime richieste della domanda e non gli interessi dell’offerta vorremmo fosse riconosciuta la deduzione integrale delle spese in formazione.