Chi sono i professionisti indipendenti e cosa vogliono
19 Dicembre 2014 Lavoro, Previdenza
Una delle questioni più irritanti per i professionisti indipendenti – le c.d. vere partite IVA – è il vedersi accomunati al gruppo dei parasubordinati – c.d false partite IVA – con cui non hanno nulla in comune.
La vicenda assume contorni grotteschi soprattutto nella battaglia – rinnovata di anno in anno – che conduciamo contro l’aumento dei contributi alla Gestione Separata (GS).
Infatti la GS è il fondo dell’INPS in cui versano i propri contributi previdenziali sia le une che le altre e la logica che prevede l’aumento della contribuzione al 33% è quella di rendere costoso il lavoro delle false partite IVA al punto da renderne più conveniente l’assunzione in pianta stabile ed eliminare quindi il loro stato di precarietà.
A perdere naturalmente siamo noi perché, laddove per queste ultime il “committente” versa all’INPS 2/3 della contribuzione, per noi la contribuzione, tutta a carico nostro, è un esborso che potremmo utilizzare più proficuamente, magari costituendo una riserva per i periodi in cui le attività procedono più a rilento.
Quindi, un obiettivo che potrebbe sembrare sensato in un caso è completamente folle nell’altro, data l’idea fissa dei policymaker per il lavoro dipendente e la scarsa attenzione per chi invece il futuro cerca di costruirselo in maniera alternativa. Ovvio che questo trattamento all’ingrosso di mettere tutti nello stesso calderone è un’altra “nota di merito” della burocrazia che si occupa del lavoro e della previdenza.
Il professionista indipendente – membro di quella che il New York Times chiama la “creative class” – è innanzitutto qualcuno che, nella maggior parte dei casi, ha scelto di lavorare da indipendente e, sotto questo aspetto, si potrebbe dire che è un bastione della libera impresa. Infatti, il professionista indipendente è valido nella misura in cui è valido il suo ultimo progetto, non ha una rete di salvataggio se non la sua bravura, è costantemente a caccia di nuove occasioni, anche affinando le sue competenze e reinventandosi giorno dopo giorno, e si salva dalla precarietà affidandosi ad una committenza variegata.
Che cosa può volere chi lavora da indipendente? Proviamo a fare un libro dei sogni:
1) un sistema di tassazione e contribuzione che tenga conto della sua esigenza di accumulazione del risparmio per poter affrontare con tranquillità le fasi cicliche negative dell’attività;
2) la possibilità di essere pagato in fretta grazie anche ad un sistema giudiziario che gli possa garantire la soddisfazione dei suoi crediti massimo in sei mesi;
3) un sistema di welfare che possa realmente proteggerlo in caso di necessità;
4) un sistema sanitario efficiente che non lo costringa ad aspettare mesi prima di ricevere un servizio.
È importante per il professionista indipendente essere sereno, perché difficilmente si può fare bene un lavoro intellettuale quando ad angustiarti è proprio quello Stato che dovrebbe invece favorire la tua felicità.
6 Commenti
Giovanni Carzaniga
ReplyI soggetti per conto dei quali il committente versa i 2/3 del contributo INPS Gestione Separata NON HANNO Partita IVA: il loro è infatti, almeno ufficialmente, un vero contratto di lavoro parasubordinato, tipo Co.Co.Pro., per svolgere il quale la P.IVA non è necessaria (si prende un cedolino, non si emette fattura).
Io ho sempre capito che, per “false P.IVA”, si intendessero i lavoratori che esercitano per il committente con le modalità del lavoro subordinato ma che, avendo realmente la P.IVA aperta, si pagano tutto il contributo INPS Gestione Separata (salvo rivalsa), come gli altri: è il committente che si risparmia i suoi 3/2 dell’INPS.
Alessandra
ReplyIo credo che insistere sulla distinzione (ovviamente, mi riferisco soltanto alla questione dell’impatto dell’aumento della contribuzione per la gestione separata) tra professionisti e co.co.pro non sia proficuo. Poiché è prassi che il committente di un co.co.pro, nel calcolare la retribuzione del “progetto” tenga conto del costo lordo del lavoratore e moduli la sua proposta tenendo conto di questi elementi, tra cui, appunto, l’entità precisa dei versamenti da effettuare a titolo di oneri e contributi.
Dunque, anche i co.co.pro sono penalizzati, nella sostanza, dagli aumenti della quota di contribuzione! Il tutto, ovviamente, con prospettive pensionistiche ridicole e tutele molto ma molto scarse.
Insomma, eviterei di scivolare nella solita “guerra tra poveri”
Silvestro De Falco
Reply@Giovanni Carzaniga
Quello è esattamente il discorso che fanno i politici e i sindacati. Quindi se errore c’è è un errore che fanno loro. Basta andare a vedere negli archivi di ACTA e potrai ascoltare, per esempio, un candidata di SEL che diceva che non poteva sostenere “Dica No 33” proprio in base a quella logica. E’ ovvio, alla luce dei fatti così come tu li hai riassunti, che questa politica degli aumenti è sostenuta con argomenti poco validi.
Silvestro De Falco
Reply@Alessandra
Io ti dirò di più. Per quanto mi riguarda penso che tutti gli italiani iscritti all’INPS siano penalizzati, perché quello che abbiamo è un sistema che sta sottraendo risorse alle generazioni future senza garantire una contropartita adeguata. Sotto questo aspetto siamo tutti, ma proprio tutti, sulla stessa barca.
Con l’articolo ho voluto semplicemente sottolineare le esigenze e le aspirazioni dei professionisti indipendenti e che tali esigenze e aspirazioni sono sempre subordinate a quelle di qualche altro gruppo solo perché c’è una burocrazia pigra che non riesce a distinguere chi fa cosa e, se lo sa, risolve mandando tutti allo sbaraglio.
Non sto facendo una “guerra fra poveri” ma una battaglia dei diritti e degli interessi legittimi patendo dall’identificazione dei centri di tali diritti e interessi legittimi. Sto semplicemente facendo notare che, aldilà della solidarietà umana, io come professionista indipendente non ho niente in comune con un co.co.pro. – che tu hai menzionato -, così come non ho niente in comune con un dipendente pubblico e non ho niente in comune con un bancario, o con un medico.
In ultima analisi, il co.co.pro. – e giustamente – non sa neanche che esisti e le sue battaglie le combatte per sé, certo non per te.
Paolo
ReplyLa distinzione tra professionista, falsa partita iva e collaboratore continuativo è molto sottile. Ci vuole poco, per la nostra fluida situazione di precarietà, a passare dall’una all’altra. In particolare, con la moria di aziende registrata in questi ultimi due anni, può capitare che in un anno il committente resti uno solo, o che un committente chieda di lavorare in esclusiva per un certo periodo.
È bene quindi comprendere tutti coloro che non hanno stipendio fisso in un insieme unico, a cui mancano comunque i livelli minimi di sicurezza (di non morire di fame, di non poter metter su casa e famiglia). La battaglia deve essere la stessa.
Silvestro De Falco
Reply@Paolo
Facciamo un attimo mente locale.
Gli artigiani e i commercianti hanno ricevuto qualcosa dalla Legge di Stabilità.
La nuova prestazione di assicurazione sociale (NASPI) si applica a lavoratori dipendenti, co.co.co. e co.co. pro. per un massimo di 24 mesi, rispetto ai 18 mesi di prima.
L’allungamento di sei mesi è stati finanziato con l’aumento di 2 punti percentuali che i professionisti indipendenti verseranno alla gestione separata.
Mi puoi spiegare bene questa battaglia tutti uniti?