Jobs Act autonomi, cosa prevede e a chi si applica
14 Giugno 2018 Lavoro
Il Jobs Act autonomi ridisegna le tutele dei lavoratori autonomi, diventando legge, dopo l’approvazione in Senato.
Lo Statuto dei lavoratori autonomi ha finalmente preso forma con delle misure volte a favorire i professionisti, cercando di dare vita alle proposte e alle necessità dei lavoratori autonomi, che vagavano nel buio della legislatura!
Ma quali sono le novità del Jobs Act?
Che cosa cambierà per noi freelance nell’immediato e in prospettiva?
Possiamo ritenerci soddisfatti?
Ne parliamo con la presidente di Acta, Anna Soru, che, lo scorso maggio, sul sito di Acta, analizzava il nuovo statuto e le ripartizioni, in termini numerici, dei professionisti. Cioè cercava di fare luce su quanti e quali fossero i lavoratori autonomi, ancora sparpagliati in un mare magnum di denominazioni: professionisti, free-lance, i-pros, partite iva. È certo che per mettere nero su bianco le regole, bisogna avere chiarezza sulle definizioni e sulle fonti statistiche che analizzano, con precisione, quella che non si può più definire, una nicchia del mercato del lavoro.
Oggi è importante capire quali siano i reali diritti degli autonomi, in crescita, ed è importante che si stili una scala di valori essenziali, entro cui la categoria può muoversi agevolmente, come capita a tutti gli altri lavoratori.
Accogliendo molte delle proposte dell’associazione che avevamo ampiamente segnalato nel nostro Jobs Acta, lo Statuto per gli autonomi, Jobs Act segna i tempi. Ecco una sintesi delle novità introdotte:
- Rende deducibili al 100% fino a 10mila euro le spese per corsi di aggiornamento professionale, fino a 5mila per orientamento e ricerca di nuove opportunità.
- Tutela della maternità, se arriva un figlio si può ricevere l’indennità di maternità pur continuando a lavorare ed aumentano i congedi parentali.
- Aumentano le tutele per la malattia grave.
- I professionisti possono partecipare a bandi e appalti pubblici per incarichi di consulenza o ricerca.
- Interessi sui ritardi dei pagamenti.
- Rito processuale del lavoro.
- Diritti sulle invenzioni.
Dopo l’approvazione alla camera nel gennaio 2017 il Senato ha finalmente concluso l’iter legislativo che delinea il Nuovo Statuto del Lavoro Autonomo. In questi giorni facciamo i primi bilanci e le prime riflessioni su alcuni temi specifici. Sembra che il legislatore sia stato chiamato ad intervenire sul testo, perché molti erano i vuoti di tutela per questa categoria, mal e mai rappresentata, nell’ambito giuslavoristico italiano.
Ho quindi rivolto alcune domande nel merito ad Anna Soru, presidente di Acta, che insieme ad altre associazioni di freelance, ha contribuito, a portare avanti le istanze di noi autonomi.
Chiara Bellocchio. Alla luce delle prime riflessioni qual è il tuo parere generale rispetto a quanto previsto dal Jobs Act degli autonomi sui temi della maternità e malattia? La legge prevede altre prestazioni sociali a vantaggio di chi abbia subito una significativa riduzione del reddito professionale, per ragioni non dipendenti dalla propria volontà o sia stato colpito da gravi patologie.
Come si preannuncia questo iter ?
Anna Soru. Per quanto concerne la malattia con la nuova legge ci sono due novità importanti, che rispondono a precise proposte elaborate da Acta insieme a Daniela Fregosi:
- Per tutte le situazioni di malattia grave è ora possibile ritardare i pagamenti INPS sino a 2 anni.
- La degenza domiciliare quando è certificata come conseguente a trattamenti terapeutici di malattie oncologiche, o di gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti o che comunque comportino una inabilità lavorativa temporanea del 100%, è assimilata alla degenza ospedaliera.
- Questa assimilazione ha due effetti: dà diritto ad una indennità doppia e le giornate coperte da indennità sono 180 anziché 61.
Con riferimento alla maternità, invece, si è ottenuto:
- L’eliminazione dell’obbligo di astensione dal lavoro per poter accedere all’indennità di maternità
- L’allungamento dei congedi parentali da 3 a 6 mesi (cumulando quelli di mamma e papà) e la loro fruibilità nell’arco dei primi 3 anni di vita del bambino e non del primo anno.
Purtroppo, come sempre, l’INPS sta aggiornando con molto ritardo le procedure per accedere ai congedi. Questi cambiamenti sono stati ottenuti senza aumentare la contribuzione, saranno coperti con quanto già versiamo e che nel passato veniva solo in parte trasformato in prestazioni (i residui andavano nel calderone INPS).
CB. E in tema di disoccupazione? Ho letto che il legislatore è intervenuto con misure di sostegno, ma sono misure rivolte a tutti ? O solo a chi dimostra una sorta di lavoro professionale in un certo modo continuativo?
AS. La disoccupazione è prevista solo per le collaborazioni cooordinate e continuative con la dis-coll, quindi solo per una quota molto limitata di lavoratori inquadrati con un rapporto di lavoro autonomo.
CB. In materia di aliquota previdenziale cosa abbiamo ottenuto? Possiamo stare tranquilli ?
AS. Nel 2017 è diminuita l’aliquota previdenziale per gli iscritti alla gestione separata INPS: è la prima riduzione dell’aliquota dal 1995, anno della istituzione della cassa.
Una diminuzione immediata importante, di 3 punti percentuali (dal 27,72 al 24,72%), ed è ancora più significativa perché disinnesca le clausole della Legge Fornero che avrebbero portato i contributi previdenziali al 33%.
CB. Sul tema centrale ed importante di un equa pensione per tutti è stata presa qualche decisione importante di adeguamento?
AS. Su questo tema era stato avviato un confronto con il precedente governo per intervenire a sanare alcune storture della gestione separata e per predisporre una pensione di garanzia.
Sul primo fronte occorre ricordare che è stata la riforma Dini, che ha introdotto la gestione separata a partire da 1995, non ha previsto nessuna misura transitoria per chi ha iniziato a lavorare come freelance prima di tale data, quando non esisteva alcun obbligo contributivo.
L’assenza di contribuzione per periodi lavorativi anche molto lunghi (che non è possibile riscattare), impedisce a molti lavoratori agé di accedere alla pensione di anzianità (quella che si ottiene sommando età ad anni di contribuzione, dato che questi ultimi non corrispondono agli anni di lavoro), e anche in molti casi alla pensione di vecchiaia prima dei 70 anni, perché il montante contributivo è troppo basso.
Esiste infatti una norma che condiziona l’accesso alla pensione di vecchiaia ad aver raggiunto un montante contributivo pari almeno a 1,5 l’assegno sociale (quindi una pensione di quasi 700 euro mensili).
Si ha così la situazione paradossale di attuali 65-67-enni con oltre 40 anni di lavoro che non possono andare in pensione!
Le misure che si stavano studiando prevedevano da una parte di permettere l’accesso alla pensione di vecchiaia al raggiungimento dell’età prevista (attualmente a 67 anni circa), senza ulteriori condizioni, dall’altra la possibilità di riscattare i periodi lavorati prima del 1995 e gli anni di laurea.
Sul secondo fronte siamo molto favorevoli all’ipotesi di una pensione di garanzia, che era stata avanzata da Stefano Patriarca (fissata a circa 650 euro) che verrebbe maturata con 20 anni di contribuzione, anche in parte figurativi, incrementata da ogni anno successivo ai 20.
Speriamo di riprendere il confronto con il nuovo Governo che ha in programma di intervenire sulle pensioni, anche se, sulla base di quanto contenuto nel programma, lungo direzioni piuttosto diverse. Infatti l’introduzione della quota 100 (con cui si dovrebbe poter andare in pensione quando età + anni di contributi = 100), di cui si parla nel contratto di governo, permetterebbe a molti 58-60-enni, di altre gestioni contributive, di smettere di lavorare, ma non sarebbe di aiuto per gli iscritti alla gestione separata e perciò risulterebbe discriminatoria nei loro confronti.
CB. E sul tema dell’equità fiscale per il lavoro autonomo abbiamo ottenuto l’equiparazione delle detrazioni, che ammontavano a 4800 euro per gli autonomi contro gli 8000 per i dipendenti?
AS. No, questa nostra richiesta non è mai stata davvero presa in considerazione. Noi continuiamo a pensare che sia una priorità, anche in sostituzione di regimi fiscali agevolati che molto spesso si rivelano una trappola, perché non incentivano la crescita, né gli investimenti e la formazione.
CB. La deducibilità fiscale delle spese di formazione e aggiornamento è da inserire in questo contesto?
AS. Questa norma è molto importante perché finalmente riconosce il ruolo fondamentale della formazione per professioni basate sulla conoscenza ed incentiva gli investimenti in questa direzione. Purtroppo la diffusione del regime agevolato forfettario (che appunto deduce forfettariamente le spese, indipendentemente da quelle effettivamente sostenute) rende la norma non interessante per un’ampia fetta di freelance.
CB. Equo compenso – clausole contrattuali – ritardo nei pagamenti. Ho notato che il legislatore si è fatto carico con discipline protettive, credi siano sufficienti?
AS. Lo statuto è intervenuto solo sui tempi di pagamento, con delle norme che chiariscono che imprese e PA devono pagare a 30 gg e che impediscono accordi contrattuali che prevedano termini superiori ai 60 gg. Si tratta di tutele che non diventano automaticamente efficaci. Per evitare che restino sulla carta, dovranno essere conquistate sul campo, anche ricorrendo a cause legali. Come associazione Acta stiamo pensando di attrezzarci per fare alcune cause pilota, per vincerle e creare così dei precedenti che scoraggino i comportamenti abusivi dei committenti ed i pagamenti in ritardo.
Le norme sull’equo compenso invece non sono contenute nello Statuto, ma nella successiva legge di stabilità (all’epoca anche noi di Acta abbiamo premuto affinché si approvasse in fretta lo statuto prima della fine della legislatura). Al momento tali norme sono la dichiarazione di un principio, mancano decreti attuativi.
CB. Infine, alla luce dei 10 punti di Acta, credi che ci possiamo ritenere soddisfatti o ci sarà ancora molto da fare?
AS. Siamo soddisfatti perché è la prima legge organica sul lavoro autonomo professionale. Abbiamo sempre considerato lo statuto del lavoro autonomo un importante passo per il riconoscimento di diritti al lavoro autonomo professionale, ma non è certo il punto di arrivo. Al contrario, è il punto di partenza di un percorso ancora molto lungo.
CB. Quali potrebbero essere i nostri prossimi passi come associazione?
AS. Cercheremo di portare le nostre istanze in tema di equo compenso e di pensioni, e come associazione cercheremo di impegnarci per rendere efficaci le norme su ritardi pagamento.
Per rispondere alle esigenze di un lavoro che è sempre più fluido e frammentato, oltre che fragile, è però necessario anche avviare un progetto molto ampio, che preveda il ripensamento del nostro modello di welfare, attualmente organizzato in compartimenti stagni. Una situazione che impedisce l’accesso a diritti base (maternità, malattia, infortunio, disoccupazione) non solo a chi ha frequenti periodi di disoccupazione, ma anche a chi. pur lavorando con continuità, lo fa con modalità contrattuali diverse.
Faccio un esempio: una lavoratrice che alterna lavori da scenografa per il teatro a lavori di decorazione di mobili o ambienti, può non aver diritto all’indennità di maternità perché versa a due differenti casse previdenziali e con nessuna delle due raggiunge il minimo contributivo. Nostro obiettivo è da un lato superare queste divisioni, dall’altro tutelare tutti i lavoratori, inclusi quelli autonomi, nei periodi di non lavoro.
Tirando le somme, una bella conquista, per ora, per tutti i lavoratori autonomi!
C’è ancora molto da fare, ma certamente Acta terrà lo sguardo vigile e porterà avanti ogni istanza necessaria per migliorare le condizioni.
Per questo chiediamo anche il tuo sostegno.
Più siamo a farci sentire, meglio staremo!