Consiglio: direttivo! Evitare gli aperitivi Acta. 2a parte
30 Gennaio 2019 Vita da freelance
La seconda parte del racconto di un aperitivo Acta. Se te la sei persa, leggi la prima parte.
Ricapitolando, sei a questo aperitivo organizzato da Acta, un’associazione che vorrebbe rappresentare gli interessi dei lavoratori autonomi non ordinisti (che, se ci pensi bene, non è una cosa proprio facile facile), e sei finito nel capannello dei membri di un fantomatico Consiglio Direttivo, e sono tutti entusiasti, pure troppo, e hai il sospetto che in realtà stiano cercando di farti candidare pure a te, giovane freelance frullato da problemi un tantino più immediati (tipo: 10€ per un aperitivo di networking = una settimana di colazioni senza Gocciole Pavesi).
Adesso ti sei messo su una poltroncina, li guardi da lontano. Senti che stanno ancora dibattendo della flat tax, allora preferisci stare seduto. Ti raggiunge una donna con uno sguardo gentile, anche se molto serio, si chiama Francesca. Attacchi bottone con il classico «Che mestiere fai?» e scopri che è una traduttrice, che è romana e che grazie a Acta è entrata nel direttivo dell’EFIP (la rete europea delle associazioni di freelance), di cui è stata eletta vice presidente. E questa deve essere una sua specialità, perché è anche la vice presidente di Acta. E insomma si è occupata anche delle relazioni internazionali dell’associazione, ha viaggiato e ha conosciuto persone fantastiche. E si è anche inventata, con altri tre colleghi europei, la European Freelancers Week, la settimana europea dei freelance, che ha ormai superato la sua terza edizione. «Tutto questo partendo dalle riunioni via Skype del Consiglio Direttivo: un “luogo” di confronto, di apprendimento, di sostegno reciproco, di fiducia, di delega, di relazioni umane preziose, di risate e divertimento. Un insieme di teste e cuori straordinari, che ti sorprendono ogni volta.»
Allora un po’ sorridi. Ti viene da credere anche a lei, ma ti sembrano tutti un tantino troppo entusiasti. E poi ti è rimasto il dubbio di prima: in questo gioco delle tre carte, chi è che tiene il mazzo?
Adesso c’è questa donnina con un vago accento sardo che sta tenendo banco, una che parla come un libro stampato: «Penso che i principali problemi dei freelance oggi siano riconducibili a tre ambiti: compensi bassi, welfare inadeguato (soprattutto con riferimento a malattia e disoccupazione) e fisco. La nuova manovra contiene misure relative al welfare e al fisco, non sui compensi. Relativamente al welfare la costituzione del reddito di cittadinanza potrà essere di aiuto anche a molti freelance, sino ad ora esclusi da ogni tutela della disoccupazione, anche se si tratta di una misura non inglobata in una più generale riforma degli ammortizzatori sociali e che interviene solo in situazioni di povertà. Poco interessante per i freelance della gestione separata la quota 100; la misura che riscuote maggiore consenso tra i freelance è invece la flat tax: in effetti per chi ha un fatturato tra i 30 e 65.000 euro annui può rappresentare un’ottima opportunità di risparmio fiscale. In un’ottica di breve periodo è un passo avanti, anche se non risolve i problemi di chi ha redditi più bassi. Nel medio periodo, ovvero quando la flat tax dovrebbe essere estesa a tutti i lavoratori, non potrà tuttavia essere compatibile con una spesa sociale elevata e in continuo aumento. Il dibattito sulla flat tax dovrà essere allargato e ci si dovrà chiedere quanto e come siamo disposti a ridurre la spesa pubblica».
Non ti sei perso neanche un punto e virgola, sei rimasto ad ascoltare imbambolato fissando un tipo con un gilet sgargiante che si tiene al margine della scena. Ti scuoti solo quando parte il breve applauso che segue la fine del discorso. La donnina sta piegando la testa per ringraziare; ti viene quasi da compatirla, quella masnada di freelance senza scrupoli sembra ribollire un po’ troppo per darle veramente retta. È gente un po’ troppo attenta alle sfumature per seguire una direzione comune.
Solo che poi Fabio la ringrazia chiamandola “Presidente”. Viene anche chiesto un attimo di silenzio, c’è una sorpresa. Uno dei baristi abbassa leggermente le luci e il chiacchiericcio pian piano si cheta.
«Per noi, per voi, Fede-F!» E si fa avanti il tizio col gilet strano, che a vederlo bene ha proprio la faccia da ingegnere. Nella mano destra tiene una chitarra acustica. Si limita ad annunciare il nome del pezzo, «Gaberiana», poi inizia a strimpellare.
Qualcuno era nel CD ACTA… perché era uno dei Soci Fondatori dell’Associazione.
Qualcuno era nel CD ACTA… perché era stato cooptato.
Qualcuno era nel CD ACTA… perché glielo aveva chiesto la Presidente; qualcuno per via delle “quote azzurre”; qualcuno perché, in una fredda mattina di gennaio, aveva letto il Manifesto dei lavoratori autonomi di seconda generazione. E aveva pensato: “Quello sono io”.
Qualcuno era nel CD ACTA… perché era finito, per caso, tra i contatti Skype di Samanta Boni. Oh mamma!
Qualcuno era nel CD ACTA… perché il papà, i fratelli, le sorelle, il partner erano TUTTI lavoratori dipendenti. E non si sentiva capito.
Qualcuno era nel CD ACTA… perché era convinto che “I freelance ci seguono e un giorno saremo massa critica!”
Qualcuno era nel CD ACTA… perché aveva capito che “I freelance NON ci seguono e sono i più grandi rompiballe benaltristi e solitari tra i lavoratori”.
Qualcuno era nel CD ACTA… perché aveva sempre sognato di incontrare Sergio Bologna.
Qualcuno per le vignette di Pat, qualcuno per la voce sensuale di Susi all’auricolare durante le conference call, qualcuno per farsi raccontare da Francesca di quella volta che italiani e croati avevano messo sotto gli inglesi. Qualcuno perché si leggeva tutti i bilanci della Porteri; qualcuno perché amava tutti i dialetti, ma soprattutto il sardo-meneghino di Elisa e Anna.
Qualcuno era nel CD ACTA… perché Anna Soru è una Grande Presidente.
Qualcuno per i periodi brevi e bellissimi di Ugo. E i suoi incipit.
Qualcuno perché si stampava le mail di Fabio e le rivendeva su internet spacciandole per manifesti futuristi.
Qualcuno per leggere gratis gli approfondimenti del Sole che Mico tempestivamente girava.
Qualcuno era nel CD ACTA… perché aspettava sempre il momento in cui la Zanni si sarebbe abbandonata al turpiloquio contro l’ennesima richiesta di lavoro gratis et amore dei.
Qualcuno era nel CD ACTA per le sue competenze. Qualcuno per continuare a fare politica, qualcuno per continuare a fare volontariato.
Qualcuno era nel CD ACTA… perché, in un mondo di tutti contro tutti, aveva ancora l’idea che potesse esistere una COMUNITÀ.
Qualcuno era nel CD ACTA… perché aveva capito che, grazie al CD ACTA, era diventato un professionista migliore.
Qualcuno era nel CD ACTA… perché quando guardava da fuori gli altri, quelli dentro il CD, aveva la netta sensazione che l’Italia ce la potesse ancora fare.
Non hai capito proprio benissimo. Il ritmo però non era male, cominci pure a canticchiarla mentre esci dal locale per rituffarti nel gelo della metropoli. Ma Ugo, con le gambe di uno che correva in contropiede per ricevere da Mike D’Antoni, fa in tempo a riagguantarti:
«Allora? Ci vediamo in Consiglio?».