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Il Covid-19 non è uguale per tutti

14 Settembre 2020 Diritti, News

Anche di fronte alla pandemia i freelance vengono trattati come lavoratori di seconda categoria: per loro non sono previsti né indennità di malattia né congedi parentali.

 

Il 20 marzo non mi sentivo tanto bene. Il lockdown era iniziato da circa dieci giorni e perfino mia madre, in videochiamata, si era accorta che non avevo una bella cera. In effetti avevo febbre, nausea, debolezza generale e dolori articolari. Il mattino seguente il medico di base, dopo un consulto telefonico, mi ha messo in malattia: sospetto Covid, 14 giorni di malattia e isolamento fiduciario, e segnalazione all’azienda sanitaria per l’esecuzione del tampone ­– che, dato il momento di caos in Lombardia e i miei sintomi blandi, è stato fatto oltre un mese dopo, solo per accertare che fossi davvero guarita. Nel frattempo ho seguito con successo la terapia prescritta dal medico e presentato domanda per l’indennità di malattia domiciliare dovuta agli iscritti alla gestione separata. A oltre cinque mesi di distanza, la mia domanda risulta “liquidata”, ma in realtà è bloccata: non ho mai ricevuto quanto dovuto. Questo perché, secondo l’Inps, per gli iscritti alla gestione separata la malattia da sospetto Covid non è uguale a qualsiasi altro tipo di malattia domiciliare.

Qualche settimana fa abbiamo ricevuto questa segnalazione da una socia Acta residente a Milano e verificato con l’ufficio Inps competente, che ha confermato il blocco della domanda. Il motivo, secondo i funzionari, sta tutto in un problema “giuridico”: per gli iscritti alla gestione separata non è stata definita l’indennità da applicare e in quale misura. In effetti, un messaggio Inps del 24 giugno stabilisce che la quarantena per sospetto Covid-19 venga equiparata alla malattia, ma solo per i lavoratori dipendenti. L’esclusione degli iscritti alla gestione separata è esplicita. La discriminazione non vale nel caso di malattia conclamata da Covid-19: ma nel caso della nostra socia, e sospettiamo in molti altri, la malattia non è stata “conclamata” per l’incapacità della regione Lombardia di eseguire il tampone richiesto.

Una discriminazione simile sta avvenendo per i congedi parentali relativi ai minori di quattordici anni posti in quarantena obbligatoria. Il decreto legge dell’8 settembre 2020 prevede infatti che i genitori lavoratori dipendenti possano continuare a svolgere attività lavorativa “in modalità agile” oppure richiedere un periodo di congedo retribuito. Tale possibilità non è invece concessa ai genitori iscritti alla gestione separata, che pure dovranno sospendere parte delle loro attività per occuparsi dell’isolamento dei figli.

È vero che i freelance, qualsiasi sia la loro attività lavorativa, sanno bene come arrangiarsi. Ma siamo costretti a confessare che, di fronte al Covid-19, non pensiamo di essere né più resistenti né meno contagiosi di qualsiasi altro cittadino: queste differenze tra autonomi e dipendenti ci sembrano perciò prive di ogni logica e semplicemente discriminatorie.

ACTA

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di ACTA tempo di lettura: 2 min
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