E se i freelance entrano in fabbrica?
Acta ha accolto l’invito che gli operai della Gkn hanno rivolto ai lavoratori e alle lavoratrici dell’informazione.
La sera del 12 ottobre si è svolta un’assemblea in cui sono intervenuti tutti: gli operai della fabbrica di Campi Bisenzio (Firenze) e i giornalisti che per mesi hanno raccontato la loro storia.
Si è parlato di condizioni di lavoro nel mondo della cultura, della passione (ne avevamo parlato anche qualche giorno prima a Milano) che spinge a sacrifici inaccettabili, di un senso di privilegio che in realtà privilegio non è.
Con la consapevolezza che la vittoria degli operai della Gkn è solo l’inizio di una battaglia ancora in atto, l’assemblea ha dimostrato la necessità di un dialogo trasversale fra tutti i lavoratori e le lavoratrici: dipendenti e freelance, operaie e giornalisti, e anche fra tutti quelli che in queste categorie non rientrano.
Di seguito l’intervento di Giulia Carini di Redacta:
Abbiamo seguito da vicino la vostra storia e il risultato che avete ottenuto è davvero una vittoria importantissima per tutti i lavoratori. Anche con Acta cerchiamo di ottenere vittorie che non siano personali ma collettive, ed è per questo che sosteniamo una coalizione fra tutti i liberi professionisti, lavoratori spesso isolati e quindi più deboli.
All’interno di Acta negli anni si sono creati dei gruppi di lavoro, di studio di alcuni settori specifici in cui i lavoratori sfruttati hanno cominciato a chiedersi se, insieme, non fosse possibile cambiare la situazione.
C’è il gruppo dei giornalisti freelance, Acta Media, che ha condotto un sondaggio da cui sono emersi dati allarmanti che hanno confermato ai lavoratori che la loro storia personale era in realtà una storia che riguardava tanti. Per citare soltanto un dato: circa il 70% dei rispondenti al sondaggio ha dichiarato di guadagnare meno di 10.000 euro lordi annui.
Un altro gruppo è Redacta, composto da freelance che lavorano nel settore dell’editoria libraria. Redacta, accanto a un’analisi di settore simile a quella di Acta Media, ha anche promosso la prima azione collettiva di un gruppo di freelance, che ha chiesto pubblicamente dove fossero finite le commissioni che per anni avevano costituito una grande parte del loro reddito. La storia riguarda l’editore Il Saggiatore di Milano, che dopo aver affidato per anni la lavorazione redazionale dell’80 per cento (oltre 90 titoli annui) dei titoli prodotti a freelance formati appositamente tramite stage, ha interrotto improvvisamente con una mail i rapporti per via di una “riorganizzazione aziendale”. A seguire non ci sono state assunzioni per assorbire il lavoro che svolgevano i freelance né questo lavoro è stato affidato ad altri freelance. Una delle ipotesi è che il carico di lavoro sia stato spostato sugli stagisti, e dunque che si tratti di abuso di un contratto nato con obiettivi formativi, mirato alla compressione del costo del lavoro.
Ed è poi questo il motivo per cui avvengono le delocalizzazioni delle aziende, come la Gkn, in primo luogo: per comprimere ulteriormente i costi del lavoro. Nel caso dell’editoria si tratta di una delocalizzazione che non può avvenire in un altro paese per limiti linguistici (i libri sono scritti in italiano e vanno lavorati in italiano) e che quindi avviene in un altro modo: si esce dai contratti collettivi per rivolgersi al lavoro autonomo, per il quale non esistono compensi minimi o di riferimento.
Con Acta continueremo a promuovere il dialogo fra lavoratori, e in questo senso Redacta (proprio per cominciare un confronto e un progetto di ricostruzione della filiera) ha anche organizzato a luglio un incontro con le lavoratrici e i lavoratori del sindacato di base SiCobas che lavorano alla Città del Libro di Stradella, un magazzino logistico da cui passa la stragrande maggioranza dei libri distribuiti in Italia. Per anni la Città del Libro è stata teatro di mobilitazioni collettive e scioperi che hanno anche portato nel 2018 al commissariamento di Ceva Logistics per caporalato. E proprio lo scorso luglio i lavoratori di Stradella hanno indetto uno sciopero per evitare licenziamenti e garantire buoni pasto e indennità di malattia che ha bloccato la distribuzione libraria italiana. Anche per loro, dopo dieci giorni di vertenza, c’è stata una vittoria. Per noi si tratta di conferme che c’è un solo modo giusto di procedere: lavorare e lottare insieme, andando oltre i tanti inquadramenti in cui ci troviamo.