Manovra 2023: la nuova legge di bilancio dimentica gli autonomi poveri
25 Novembre 2022 Fisco, Lavoro
In Italia, la percentuale di lavoratori poveri è particolarmente elevata tra gli autonomi, a causa di un mix diabolico di compensi bassi, lavoro discontinuo, welfare debole e prelievo fiscale che penalizza gli autonomi con redditi esigui.
Ma, da quello che emerge dalla bozza della legge di bilancio, le nuove misure fiscali premieranno solo i benestanti e amplieranno lo svantaggio dei lavoratori a basso reddito sia rispetto agli autonomi a reddito medio-alto, sia nei confronti dei dipendenti con pari reddito. Così com’è, la manovra ci delude molto.
Anche se è poco noto, mentre un lavoratore autonomo a reddito medio ha, grazie alla flat tax, un vantaggio fiscale rispetto a un dipendente a pari reddito, un lavoratore autonomo a basso reddito (anche con la flat tax) paga molte più imposte di un dipendente con pari reddito, che è favorito da ampi sgravi fiscali (no tax area più estesa ed ex bonus Renzi). Ad esempio, un lavoratore autonomo con imponibile di 20.000 euro oggi paga 740 euro più di un dipendente con lo stesso imponibile e con redditi più bassi il divario aumenta: a 12.000 euro di imponibile un autonomo paga 1.800 euro in più di Irpef (considerando il regime fiscale più favorevole che in questo caso è il regime semplificato). 1.800 su 12.000 è un’enormità!
Incomprensibilmente la manovra del Governo Meloni, anziché sanare questa disparità, interviene sul lavoro autonomo con due misure che vanno a vantaggio dei redditi medio alti:
1) l’aumento della soglia flat tax da 65.000 a 85.000, che permetterà ai pochi che ne usufruiranno (circa 100.000 su 3,7 milioni di contribuenti con partita IVA) un notevole vantaggio fiscale (7-8.000 euro circa). Senza peraltro evitare l’effetto blocco della crescita di cui tanto si era parlato (arrivato a 65.000 euro, non aumento il fatturato perché rischio di restare con un reddito netto più basso), semplicemente sposta più in alto tale limite;
2) un confuso articolo 12 dovrebbe invece premiare la crescita, favorendo fiscalmente chi opera al di fuori del regime forfettario e che nel 2023 avrà un imponibile più alto rispetto ai 3 anni precedenti. Una scelta inaccettabile in un contesto economico difficile e di risorse scarse, peraltro in netto contrasto con quanto fatto per il lavoro dipendente, dove si è intervenuti a sostegno dei redditi più deboli con l’effetto di ampliare ulteriormente lo svantaggio di cui sopra: un lavoratore autonomo con 20.000 euro di imponibile pagherà quasi 1.400 euro più di un dipendente con pari reddito, mentre un lavoratore con 12.000 euro di imponibile ne pagherà ben 2.000. Eppure anche il lavoratore autonomo deve fronteggiare il caro bollette e l’inflazione!
L’incoerenza e l’iniquità di questo diverso approccio al lavoro dipendente e autonomo è difficilmente spiegabile, probabilmente è la conseguenza dell’ansia dei vari partiti al governo di marcare il territorio e di dimostrare che mantengono le promesse elettorali.
Di seguito, confrontiamo l’imposizione dei dipendenti e quella degli autonomi
(sia con l’applicazione della flat tax, sia con il regime semplificato, che resteranno invariate) prima e dopo la manovra.
Reddito imponibile | Dipendente pre-manovra |
Dipendente post-manovra |
Autonomo flat tax |
Autonomo senza flat tax* |
20.000 € | 2261 | 1601 | 3000 | 4028 |
15.000 € | 686 | 191 | 2250 | 2458 |
12.000 € | 0 | -396 (**) | 1800 | 1666 |
*Senza la flat tax, il lavoro autonomo è svantaggiato da una no tax area ridotta (5.500 euro e non 8.150) e dalla mancanza dell’ex bonus Renzi, l’insieme di queste due condizioni fa sì che il lavoro autonomo sia tassato sopra i 5.500 €, mentre quello dipendente solo sopra i 12.000 €. Con la manovra si aggiunge un ulteriore vantaggio ai dipendenti.
**Il lavoratore riceverà questa somma, perché 3 punti di contribuzione pensionistica saranno pagati dallo Stato.