I soldi per adeguare le tariffe all’inflazione ci sono, il caso Mondadori
Un accordo aziendale garantisce un contributo di 1.000 euro netti ai dipendenti Mondadori che guadagnano meno di 35.000 euro. Anche chi lavora come freelance è colpito dall’inflazione: è ora di alzare le tariffe
Nella storia recente il 2022 è l’anno in cui i nostri compensi reali si sono ridotti in modo più netto ed esteso. È l’effetto dell’inflazione che, a fine dicembre, ha raggiunto l’8,6%. In molti settori, come l’editoria libraria, i compensi erano già troppo bassi, lo diciamo da un po’.
Per farla breve:
Se nel 2023 ti pagano ancora come nel 2021 ti stanno pagando decisamente meno.
Non deve andare per forza così, i compensi di chi lavora come freelance dovrebbero salire insieme al costo della vita, proprio come per il lavoro dipendente. Di solito con il rinnovo dei contratti collettivi si mette nero su bianco questo adeguamento.
Ma c’è qualche motivo di ottimismo che, inaspettatamente, viene proprio dall’editoria libraria.
I soldi non ci sono, anzi sì, ma non per tutti
Il 13 dicembre Mondadori, che vale più di un quarto dell’editoria libraria italiana, ha fatto uno sgambetto ad Aie.
Da mesi la Confindustria degli editori (seguita a ruota da Adei, che riunisce gli editori “indipendenti”) raccontava il 2022 come un anno di crisi. Secondo le stime realizzate insieme a Nielsen, Aie prevedeva un calo intorno all’1% (Gfk, altro ente di rilevazione, registrava invece per i primi 9 mesi del 2022 un +0,1%). Al di là dei numeri, si percepiva un’atmosfera lugubre, ben esemplificata da questo intervento del presidente Riccardo Franco Levi sul Sole 24 Ore.
L’antifona era: anche se il 2020 e il 2021 sono stati anni di crescita record, i soldi non ci sono, è aumentato il costo della carta (per Adei del 40%, per Aie dell’80%, nessuno ha chiarito quanto incida davvero sul prezzo di copertina), figuriamoci se si possono aumentare i compensi.
E invece, dicevamo, lo sgambetto.
Proprio alla fine di questa triste annata Mondadori ha accordato un contributo di 1.000 euro netti a tutti i suoi dipendenti che guadagnano meno di 35.000 euro lordi, i “più esposti al caro prezzi”, come scrivono i sindacati confederali.
Tuttavia questo contributo per superare le avversità esclude le tantissime persone che lavorano come freelance, a volte monocommittenti e con ruoli di responsabilità, per il primo gruppo editoriale italiano. La stragrande maggioranza di loro guadagna decisamente meno di 35.000 euro e i loro compensi, come si può verificare nelle nostre tabelle, sono fermi da diversi anni.
Dato che non si è trattato di un anno di vacche magre, e che azienda e sindacati hanno trovato un accordo per redistribuire parte dei profitti a chi lavora, non c’è motivo di escludere i lavoratori e le lavoratrici freelance. Bisogna alzare le tariffe.
Lo stesso vale anche per gli altri editori (a partire dai grandi gruppi) al confronto coi quali Mondadori rappresenta, in questo caso, un esempio virtuoso.
Ora più che mai è il momento di chiedere di più nelle trattative individuali (funziona più spesso di quanto si pensi), ma se qualche azienda wannabe-virtuosa vuole essere la prima a contrattare collettivamente i compensi di chi lavora come freelance sa dove trovarci.