Il magico mondo del precariato audiovisivo – Parte I
18 Febbraio 2024 Compensi, Dal mondo, Lavoro, Traduzioni tecniche, Vita da freelance
Alzi la mano chi non ha mai trovato errori madornali nei sottotitoli e ha pensato: “Io potrei fare meglio”.
Quanti però hanno anche sentito parlare dell’uso massiccio della traduzione automatica e delle lingue ponte, delle condizioni di precariato e sfruttamento da fare invidia ad Amazon? Tramiti è qui per colmare questo vuoto con un resoconto dettagliato in tre puntate sul mondo della traduzione di sottotitoli.
Freelance dell’audiovisivo: quali tutele?
Come il settore del commercio online, anche quello dei sottotitoli è dominato da colossi multinazionali che trattano tantissime lingue e dominano il mercato, fagocitando le piccole realtà locali. Da un lato, l’avvento di questi conglomerati ha portato a un’apertura del settore. Ha “liberalizzato” l’accesso al mondo dell’audiovisivo, che prima era legato all’ambiente più chiuso del doppiaggio.
Al tempo stesso, però, ha creato squilibri enormi nel potere contrattuale dei freelance. I traduttori sono sparsi per il mondo e le agenzie hanno sede fuori dall’Unione Europea. La situazione economica e sociale è profondamente diversa rispetto al secolo scorso, quando il doppiaggio in Italia regnava incontrastato. Così, mentre le tariffe di doppiatori e dialoghisti sono regolamentate da un contratto collettivo nazionale, i nuovi lavoratori dell’audiovisivo non hanno nessuna tutela.
Complice di questa situazione è stato anche un vuoto, anzi, un ostacolo normativo, che finora permetteva a queste multinazionali di fagocitare imprese locali, ma proteggeva il “libero mercato” impedendo ai lavoratori autonomi di organizzarsi e agire congiuntamente.
Un piccolo spiraglio in questo senso si è aperto con le linee guida emanate dalla Commissione Europea a settembre 2022, che consentono la contrattazione collettiva anche per i lavoratori autonomi. È una grande notizia. In Finlandia un sindacato è già riuscito a svolgere la prima contrattazione collettiva delle tariffe per la sottotitolazione (pagina in inglese).
Le condizioni di lavoro per i colossi dello streaming
Iniziamo col dire che chi traduce sottotitoli per le piattaforme di streaming molto spesso non ha a che fare direttamente con Netflix, Amazon o Disney. Di solito sono agenzie intermediarie che si occupano di reclutare i traduttori e di distribuire il lavoro.
La sensazione è che per i colossi dello streaming, molti prodotti servano a fare da “riempimento”: qualcuno li guarderà, non saranno granché, ma aiutano a far crescere il catalogo e a tenere la gente incollata allo schermo a scorrere pagine di titoli.
I titoli di riempimento hanno budget ridotti (leggi: paghe da fame) e fanno uso massiccio della traduzione automatica. Ovviamente a volte capita che un titolo di riempimento “faccia il botto”, come nel caso di Squid Game, e renda evidenti tutti i problemi di questo approccio.
Alcune agenzie selezionano poi traduttori da inserire nei programmi dedicati ai contenuti “premium”. Questi programmi sono gestiti e monitorati più da vicino dalle piattaforme come Netflix e Amazon e pagano circa il doppio dei prodotti di riempimento. Forse una velata ammissione che per un lavoro decente le tariffe andrebbero almeno raddoppiate?
La parola “selezione” sembra implicare una certa meritocrazia, ma in verità il modo in cui queste aziende operano non è affatto trasparente. Alcune contattano dei traduttori già presenti nel loro database, quindi effettuano una selezione, ma non è chiaro su che basi (raramente si riceve feedback sul proprio lavoro). Altre reclutano sottotitolatori direttamente per la fascia “alta” tramite un unico test. Dall’esterno è difficile capire come funzioni e orientarsi. Tutto sembra aleatorio e fumoso.
Il percorso “tipo” di chi traduce per lo streaming è più o meno questo:
- Dopo aver ricevuto il CV, l’azienda propone un test non pagato di traduzione. Di solito si tratta di un video di pochi minuti con scene tratte da diversi generi, magari corredato da un test linguistico. Non si riceve quasi mai un feedback sul test.
- Se il test va bene, l’azienda offre una tariffa. Il traduttore, specie se all’inizio, non ha margine di contrattazione: prendere o lasciare. Se rifiuta, si passa al prossimo della fila. Se accetta, può iniziare a ricevere progetti.
- Nel migliore dei casi, i coordinatori lo contatteranno direttamente per proporgli dei titoli. Altrimenti, le aziende ricorrono alla “shark tank” (vasca degli squali): gettano un pezzo di carne (un progetto) nella vasca (una pagina web apposita) a cui hanno accesso i traduttori/squali, e il più veloce se lo accaparra. Si parla di tempi di reazione di pochi secondi, che non danno certo il tempo di valutare se il progetto è in linea con le proprie competenze e tempistiche. Bisogna aggiornare continuamente (e per “continuamente” intendiamo giorno e notte) la pagina della “vasca” e avere il dito veloce, e anche così è difficilissimo aggiudicarsi un progetto. Un altro colpo ai danni della qualità finale, nonché della dignità e della salute di chi lavora. Questo vale anche e soprattutto per i programmi “premium”. Se consideriamo il tempo passato ad aggiornare la pagina, anche le tariffe di questa fascia si traducono in paghe orarie irrisorie. Tendenzialmente, nella fascia di riempimento, chi ha le tariffe più basse riceve più progetti, mentre chi alza i prezzi viene contattato solo in caso di estrema necessità. Il sistema premia cioè chi si fa pagare meno, mentre la questione della qualità viene sollevata solo quando il cliente finale si lamenta, altrimenti non si riceve alcun feedback.
- Una volta consegnata la traduzione, questa passa (auspicabilmente) alla fase di revisione, che viene pagata circa la metà o un terzo della traduzione. Di solito la traduzione revisionata non torna al traduttore originale, che quindi non ha modo di verificare la versione finale che uscirà con il suo nome.
Anche se il nome del traduttore compare alla fine dei titoli di coda, chi lavora in questo settore spesso non può rivelare i titoli che ha tradotto. Questa possibilità va contrattata con l’azienda intermediaria, a volte titolo per titolo.
Sottotitolatori introvabili
David Lee, CEO di iYuno-SDI, uno dei colossi della localizzazione audiovisiva, in una famosa intervista del 2021 ha dichiarato che nel settore c’è “una grave carenza di traduttori”, suscitando risposte indignate dalle associazioni professionali. La verità è che ci sono perfino troppi traduttori, ma le condizioni lavorative allontanano e scoraggiano i professionisti. Se i traduttori sono una risorsa tanto limitata e richiesta, perché vengono pagati così poco?
Lo scopo della dichiarazione è chiaro: scaricare le responsabilità per la scarsa qualità (dopo le polemiche relative a Squid Game) e giustificare l’uso indiscriminato della IA.
Ma non finisce qui. Leggi anche la seconda e la terza puntata.