Il magico mondo del precariato audiovisivo – Parte III
26 Febbraio 2024 Compensi, Dal mondo, Lavoro, Traduzioni tecniche, Vita da freelance
Il precariato nell’audiovisivo e il “volontariato” dei sottotitoli
Ultima puntata della saga sul lavoro dei sottotitolatori e delle sottotitolatrici freelance. Se non l’hai già fatto, leggi anche la prima e la seconda.
Lavorare gratis? Certo!
Il “problema” di questo lavoro è che è bello. È vario, interessante, con progetti che non durano troppo a lungo e quindi non sfiniscono. Diciamocelo: è anche divertente. Non sembra quasi un lavoro. Il lavoro dev’essere qualcosa di noioso e frustrante, no? È così bello che magari lo si farebbe anche gratis. E qui sta il problema.
Alcuni anni fa Zoo Digital, una delle maggiori agenzie del settore, smise di pagare i traduttori. Con alcuni colleghi ci accordammo per rifiutare ulteriori lavori fino al saldo del debito. Una parte, però, si dichiarò disposta a lavorare gratis per fare esperienza. E a lasciarsi sfruttare da una multinazionale dell’intrattenimento, che intanto vantava guadagni record sui social.
Per la cronaca, nonostante lettere e proteste individuali e di gruppo, la vicenda si risolse solo grazie all’intervento di Subtle (l’associazione dei sottotitolatori inglesi) e AVTE (la federazione che riunisce le associazioni europee di traduzione audiovisiva), che incontrarono i rappresentanti di Zoo Digital. A proposito, anche Acta-Tramiti fa parte di AVTE!
Questo fenomeno non è un caso isolato. Le grandi aziende spingono l’asticella dello sfruttamento sempre un po’ più in su, per vedere dove il mercato permette loro di arrivare. Un colosso multinazionale, Rakuten, sfrutta l’appetibilità del lavoro di sottotitolazione per farsi tradurre i contenuti gratis. Sembra surreale, ma è così. Tramite Viki, un canale di streaming che ha acquistato nel 2013, mette a disposizione dei contenuti (principalmente serie dell’Asia orientale) che i fan possono tradurre usando la piattaforma stessa.
La situazione ricorda un po’ quella dei fansubber, che passavano le notti a tradurre le serie per permettere al pubblico italiano di vederle quasi in contemporanea con gli Stati Uniti. La differenza evidente è che qui c’è una multinazionale che sfrutta la buona fede e la passione del pubblico per il proprio tornaconto. Tra l’altro persino i loro volontari sono entrati in sciopero contro l’uso dell’IA (link in inglese).
In generale, il sottotitolaggio è visto come un passatempo. Online non mancano gli annunci che invitano aspiranti traduttori a lanciarsi in un settore in cui: “Puoi arrotondare nel tempo libero standotene comodamente a casa e guardando le tue serie preferite”. L’aspetto tragico è che sono proprio i cosiddetti “leader del settore” a pensarla così. Sulla pagina riservata ai traduttori di uno dei soliti colossi, campeggia un banner di una loro sussidiaria che propone: “Sottotitolaggio facile e veloce, dove vuoi, quando vuoi. Un modo divertente di usare il tempo libero per arrotondare”. Il sito ufficiale propone di rileggere le traduzioni della IA “mentre sei sul bus, sul treno o anche a letto”. Ovviamente la paga è irrisoria.
Quindi non è un gioco da fare alla fermata dell’autobus?
Nonostante ciò che scrivono queste piattaforme, tradurre un prodotto audiovisivo non è esattamente un passatempo rilassante o un giochino da fare sul tram.
Innanzitutto i tempi sono stretti. Così stretti che una stessa serie viene spesso suddivisa tra più traduttori per velocizzare il processo.
Per evitare discrepanze terminologiche, traduttori e revisori creano, aggiornano e controllano continuamente un apposito glossario. Il tutto va anche mediato con il doppiaggio, che ha esigenze diverse ma deve (o dovrebbe) usare gli stessi nomi e termini specifici.
Ci sono poi specifiche tecniche che determinano la durata minima e massima di ogni sottotitolo, il momento in cui può comparire o scomparire (in relazione ai sottotitoli adiacenti o ai cambi di scena e d’inquadratura), il limite di caratteri massimi in base alla durata del sottotitolo. A volte, quindi, la precisione lessicale va sacrificata in nome della leggibilità o della lunghezza in termini di tempi e di caratteri.
Le regole tecniche non vanno sempre applicate in modo meccanico; il fattore principale di cui tenere conto è l’esperienza dell’utente. Alcuni parametri si possono adattare un po’, se serve a rendere comprensibile un punto della trama o a facilitare la lettura.
Ogni committente ha poi le proprie linee guida stilistiche, che stabiliscono quando usare il maiuscolo e il grassetto, come trattare alcuni termini, che formati usare per i numeri, le ore, le date…
Una volta assimilati e applicati tutti i requisiti tecnici, ci si può dedicare alla parte più interessante del lavoro: tradurre. La traduzione audiovisiva è una specializzazione a sé, ma richiede competenze interdisciplinari, perché i temi trattati da film, serie e documentari vanno dalla chimica al diritto. Per alcuni progetti ci vogliono un’ampia ricerca terminologica e un grande lavoro di adattamento (pensiamo ai termini legali delle serie americane che non hanno un diretto corrispettivo nel sistema italiano). Le tariffe non riflettono (o non permettono) questo lavoro: spesso vengono stabilite pensando che si traduca sempre all’impronta, cioè leggendo il testo e scrivendo direttamente la traduzione senza alcuna ricerca.
Ciò che rende davvero appassionante questo lavoro, però, è la parte creativa. Traducendo ci si rende conto che capire la lingua di partenza non è sufficiente. Si incontrano tante espressioni facilissime da capire e molto comuni, e con un brivido ci si rende improvvisamente conto che non hanno un esatto corrispondente in italiano, o comunque niente che possa rientrare nel limite di caratteri. Ci sono poi tutti gli slang e i termini super settoriali che si usano solo in una specifica comunità americana (per esempio) e che quindi non hanno nessuna possibilità di esistere in italiano. Qualunque sottotitolatore vi potrà parlare di qualche espressione che sogna ancora di notte. Certo, questa parte e queste difficoltà non sono specifiche della traduzione audiovisiva, ma ciò che le rende più complicate è il limite di spazio. Come nei romanzi, anche nei film ci sono parole che racchiudono una serie di rimandi culturali, allusioni e significati nascosti. Ma i sottotitoli non sono libri: non si può lasciare una nota. O sì?
Quali prospettive?
Come abbiamo visto, la complessità anche geografica del settore rende più difficile trovarsi e organizzarsi. I traduttori sono sparsi per il mondo e molte agenzie hanno sede al di fuori dell’Unione Europea. Si è creata una guerra al ribasso in cui ci si sente soli e in continua competizione.
Come Tramiti e come traduttori, ci interroghiamo su quali siano le prospettive del settore e i margini di intervento. È evidente che sono necessari due fattori primari:
- Una “coscienza di classe” tra le persone che lavorano nel settore, per porre fine alla guerra fratricida al ribasso. Per questo, uno degli obiettivi primari di Tramiti è fare rete, e per questo non abbiamo messo barriere all’accesso. Non vogliamo escludere chi studia, chi è alle prime armi, chi si fa sfruttare, anzi: sono gli anelli deboli della catena e, come tali, vanno sostenuti e inclusi, perché o si vince tutti, o non vince nessuno. I nostri committenti devono capire che, anche con l’IA, siamo indispensabili per loro. E dobbiamo ricordarcelo anche noi traduttori.
- L’appoggio istituzionale: al momento ai sottotitolatori non sono riconosciuti diritti d’autore e fino al 2022 non potevano nemmeno agire collettivamente. Da qualche mese, però, qualcosa si sta muovendo su entrambi i fronti e Acta si sta attivando perché possa beneficiarne anche chi si occupa di traduzione.
Solo così potremo ottenere tariffe minime adeguate e dare dignità alla nostra professione.
E non siamo soli: l’intero settore è in fermento. Il recente sciopero di adattatori, doppiatori e maestranze cinetelevisive in Italia e quello degli sceneggiatori statunitensi sono un chiaro segnale che chi lavora per un mercato miliardario è stufo di vivere in condizioni di precariato e sfruttamento. L’esempio dei colleghi finlandesi di cui abbiamo parlato all’inizio dimostra che cambiare le cose è possibile.
Per portare avanti le nostre rivendicazioni, noi di Tramiti collaboriamo con Acta e ci siamo organizzati in gruppi di lavoro. Abbiamo anche aperto due server su Discord: uno per chi è già associato e l’altro per chi lavora nel settore ma per vari motivi non fa parte di Acta. L’idea, come sempre, è prima di tutto essere inclusivi e fare rete.
Se lavori o vorresti lavorare nel settore, ti invitiamo a scriverci a tramiti@actainrete.it per conoscerci e fare quattro chiacchiere.