ACTA replica al senatore Pietro Ichino
3 Luglio 2009 Diritti, Lavoro, Malattia, Previdenza
Nel recente dibattito sulle tutele del lavoro al femminile, i diritti associati alla maternità e le protezioni sociali per le lavoratrici svantaggiate, ACTA interviene con queste precisazioni:
Oggi gli “svantaggi” legati al lavoro delle donne sono in gran parte legati:
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a un sistema di Welfare duale, che esclude tutte le lavoratrici non dipendenti da un’adeguata tutela della maternità (esistono ampie zone grigie per cui molte lavoratrici non hanno alcuna tutela della maternità o hanno una copertura ridotta; i congedi parentali, per esempio, sono previsti soltanto per i dipendenti);
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al mancato riconoscimento del lavoro di cura familiare, che, soprattutto in Italia, grava principalmente su di loro.
Altri due punti qualificanti della proposta Piazza-Ponzellini-Soru (non citati dal senatore Pietro Ichino) sono perciò:
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L’allargamento del Welfare. Oltre alla maternità universale (necessaria per poter coprire le donne più giovani, che spesso lavorano con stage o rapporti occasionali, e che comunque sono scoperte nei frequenti passaggi da una modalità contrattuale ad un’altra), si propone che l’istituto dei congedi parentali sia applicato anche ai lavoratori e alle lavoratrici non dipendenti;
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l’introduzione di un sistema di crediti ai fini pensionistici per la cura dei figli, attraverso il conferimento ai genitori (ai caregiver, non necessariamente alle mamme) di contributi figurativi, pari a tre anni per il primo figlio e due per ogni successivo. Questi contributi dovrebbero essere riconosciuti indipendentemente dallo status lavorativo (a lavoratori dipendenti o autonomi, occupati o disoccupati nello specifico periodo), comunque non cumulabili ai periodi maturati durante il congedo parentale e a quelli per maternità. Contributi che saranno definiti sulla base del reddito medio di 5 anni lavorativi consecutivi, riferiti al periodo più favorevole, che perciò potranno divenire concreti solo se il caregiver lavorerà anche per il mercato (in modo da favorire la partecipazione femminile al lavoro). In assenza di una misura di questo tipo, il generico riconoscimento per il lavoro di cura familiare che consentiva di andare in pensione 5 anni prima verrà comunque perso, perché con il sistema contributivo è un riconoscimento pagato con una pensione sensibilmente inferiore.
Quanto al rischio che un aumento dei congedi parentali possa trasformarsi in uno svantaggio per l’occupabilità delle donne, è sufficiente prevedere un massimo per il singolo genitore, che potrebbe essere di 9 mesi, giustamente più elevato ma non molto più dei 6 mesi previsti attualmente. L’aumento da 10 a 18 mesi complessivi andrebbe principalmente nella direzione di un maggior coinvolgimento dei padri.