Quale sarà la mia pensione? Dialogo semiserio con l’Inps
18 Giugno 2015 Previdenza
La busta arancione è arrivata anche a me. Per un soffio, visto che i 40 anni li ho fatti da poco. È arrivata, ma non sotto forma di busta arancione, non nella cassetta della posta. Una mail, l’Inps come mittente (anzi, per essere precisi, il mittente è “InpsComunica” e mi sembra un buon segno che, per una volta, l’Inps abbia deciso di comunicare con me) e un oggetto pieno di promesse: “Quale sarà la tua pensione?”
Già, quale sarà?
Per molti anni ho pensato che a una domanda del genere non ci fosse risposta. Anzi, che una domanda del genere non potesse neppure essere posta. Ma ora l’Inps mi permette di frugare fra gli arcani conteggi del mio fascicolo previdenziale, l’Inps si offre – senza sfibranti code al patronato, senza telefonate dalle risposte evasive – di rendermi partecipe di tutti i suoi, finora, inintelligibili disegni. Posso resistere? No, non posso. Pin alla mano, mi addentro nella selva oscura del portale appositamente ammodernato. Ma una selva oscura che si rispetti ha sempre il suo buon Virgilio, una guida che, se non proprio a guidare, almeno s’industri a fare un po’ di conversazione. Da questo ragionamento è nato “Dialogo semiserio con l’Inps”, che un po’ è da ridere, un po’ è francamente da piangere.
L’Inps – Possiamo cominciare?
La contribuente – Cominciamo pure.
L’Inps – È in possesso del Pin per accedere al servizio?
La contribuente – Sono in possesso. Le dirò, anzi, che sono in possesso del Pin per accedere al servizio già dal dicembre 2008, anno in cui mi sottoposi, perdoni la schiettezza, a quell’anacronistico teatrino in cui il codice per consultare il mio fascicolo previdenziale online mi venne recapitato via posta. E le dirò di più: sono in possesso, questo dal gennaio 2014 (mi toccò inviare fotocopia della mia carta d’identità con quel mezzo modernissimo che è il fax), anche di un Pin dispositivo (identico a quello di autenticazione, ma con funzioni diverse), necessario a inoltrare la “Domanda di indennità di malattia e di degenza ospedaliera per i lavoratori iscritti alla gestione separata”. Domanda che non ho mai inoltrato, e non già perché non mi sia mai ammalata, un’influenza capita a tutti, ma perché la complessità di tale inoltro mi ha francamente scoraggiata. Insomma, sono abbondantemente provvista di Pin.
L’Inps – Benissimo. Così mi piacciono i contribuenti: ricettivi e propositivi. Cominciamo dunque.
La contribuente – Mi dicono che è necessario generare un nuovo Pin.
L’Inps – È la procedura. Ai sensi dell’allegato B comma 5 del Dlgs 196/2003 il Pin deve essere modificato almeno ogni sei mesi. Questioni di sicurezza.
La contribuente – Possiedo già un Pin con due funzioni. Ora ne devo generare un altro. Quale andrà a sostituire? Sarà dotato di funzioni di autenticazione come quello del dicembre 2008 o di funzioni dispositive come quello del gennaio 2014?
L’Inps – Intanto generi, poi si vedrà.
La contribuente – Fatto. Ho anche verificato l’esattezza dei miei dati personali (mi è stato richiesto). Ho letto la pagina di descrizione del servizio (anche questo mi è stato richiesto). Ho preso visione dell’informativa e dichiarato di aver preso visione (mi è stato richiesto pure questo). Ora ho finalmente davanti a me il mio Estratto Conto Gestione Separata.
L’Inps – E dunque? Che ne dice?
La contribuente – Dico che mi manca un anno di contribuzione: il 2002.
L’Inps – Succede. La perfezione non è di questo mondo. Basta segnalarlo utilizzando la procedura “Segnalazioni Contributive” nella sezione “Posizione Assicurativa” del Fascicolo Previdenziale del Cittadino.
La contribuente – È dal 2009 che lo segnalo. Ogni gennaio, dal 2009 a oggi, vi segnalo che il 2002, anno in cui ho certamente lavorato e in cui ho certamente fatturato e in cui ho certamente versato contributi, è stato misteriosamente espunto dal mio Estratto Conto Gestione Separata. Polverizzato, disintegrato.
L’Inps – Ebbene?
La contribuente – Ebbene, rivelandosi dette segnalazioni inconcludenti, mi sono personalmente rivolta, anzi ho fatto rivolgere il mio commercialista, giacché lo pago, al patronato del comune di M., in cui risiedo.
L’Inps – Avrà risolto.
La contribuente – Se avessi risolto, il 2002 sarebbe ricomparso nel mio Estratto Conto Gestione Separata, le pare? Il patronato del comune di M. mi ha risposto, anzi ha risposto al mio commercialista, che la cosa non è di sua competenza.
L’Inps – E di chi è competenza, dunque?
La contribuente – Del patronato della provincia di T., a cui il comune di M. appartiene.
L’Inps – A cui lei si sarà rivolta.
La contribuente – Mi ci sono rivolta, o meglio, lo ha fatto il mio commercialista. Il patronato della provincia di T. gli ha risposto che la cosa non è di sua competenza. La competenza è del patronato del comune di M..
L’Inps – Piccoli disguidi tra uffici.
La contribuente – Io lo chiamerei piuttosto scaricabarile. E comunque sono sei anni che permane questo piccolo disguido.
L’Inps – Sei anni?
La contribuente – Già, sei anni.
L’Inps – Ma in fin dei conti cosa sono sei anni! A lei, mi dica, cosa le cambia? Prima che vada in pensione lei! E poi, non perdiamoci in minuzie: non è curiosa di conoscere l’ammontare della sua pensione? Non è qui per questo? E allora simuli, cara contribuente, metta sotto torchio il servizio informatizzato e simuli!
La contribuente – Ebbene ho simulato. Onestamente pensavo un po’ di più. Con tutti i contributi che ho versato… con quelli che verserò…
L’Inps – Ah, l’ottimismo di voi giovani!
La contribuente – Non è una questione di ottimismo. È una questione di confronto. Mia madre andrà in pensione dieci anni prima di me e con un mensile che è almeno il doppio.
L’Inps – Ma quelle sono pensioni calcolate col retributivo, cara contribuente, è come mescolare mele con patate, uova con melanzane, sono faccende del tutto diverse, non si può, non si fa! E si ricordi che le pensioni son come le stagioni: non esistono più quelle di una volta.
La contribuente – Ma le pensioni baby nel pubblico? quattordici anni, sei mesi, un giorno… le pare giusto?
L’Inps – Lei me la butta sul filosofico, cara contribuente, me la butta sull’esistenziale! Ci sono così tante cose non giuste, nella vita, e lei mi si incaponisce sulle pensioni. E poi quelli sono diritti acquisiti: vorrà mica toccare i diritti acquisiti?
La contribuente – Anche il dieci percento di aliquota pensavo fosse un diritto acquisto. Perché questo io versavo, quando ho aperto una posizione nella Gestione Separata, il dieci percento capisce? E com’è che adesso mi trovo a pagare il ventisette virgola settantadue? E com’è che per me non si mobilita nessuna Consulta?
L’Inps – Cosa vuole, con tutto quello che c’è da fare non si può mica stare dietro a ogni lamentela, le pare? E poi tutto questo rinfacciare, tutto questo recriminare… non è mica un bel vivere, sa?
La contribuente – Anche con la pensione che avrò io non sarà un bel vivere, se permette. E poi perché mi scrivete sempre gli importi lordi? Perché non mi scrivete il netto? Io è col netto che pago la spesa, le bollette, l’affitto, è col netto che campo.
L’Inps – Perché noi ci teniamo ad essere esaustivi, a dare tutta l’informazione per dritto e per rovescio, a non tralasciare niente. L’intenzione nostra, converrà, è lodevolissima. Poi è vero: anche la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.
La contribuente – E la strada per la povertà è lastricata di importi lordi.
L’Inps – Ma perché perdersi in questi inutili sofismi, cara contribuente? Perché non affrontare una buona volta la questione vera, la domanda per rispondere alla quale tutto questo è stato creato –busta arancione, Pin, simulazione… tutto?
La contribuente – E che domanda è?
L’Inps – Questi giovani: che scarsa immaginazione! Non ci arriva proprio? La domanda è: quanti soldi dovrò accantonare in un fondo privato per garantirmi una pensione decente? Perché vede, anzi lo ha visto di sicuro, qui di soldi non ce ne sono mica.
La contribuente – Dunque mi faccia capire: la finalità di tutto questo – busta arancione, Pin, simulazione – non è di comunicarmi quanto prenderò di pensione, ma piuttosto quanto non prenderò, in modo tale che questa differenza, questo delta come si suol dire, io trovi il modo di procacciarmelo per conto mio?
L’Inps – Vede che ha capito benissimo? Vede che quando vuole…
La contribuente – Mi scusi, ma io pago già il cinquanta percento di tasse, tra Inps e Irap. Aggiungiamoci il costo del commercialista (perché il commercialista, converrà, occorre proprio) e il costo dell’assicurazione sanitaria, visto che i contributi che verso a sostegno della malattia poi a conti fatti non sostengono un bel niente; e aggiungiamoci magari un’assicurazione per gli infortuni… dove vuole che li trovi, io, i denari per farmi una pensione integrativa?
L’Inps – S’ingegni. S’inventi qualcosa. Non è una libera professionista? Deve esserci abituata a ingegnarsi, a inventarsi le cose.
La contribuente – E lei?
L’Inps – Io l’ho informata. Devo già pensare a pagare le pensioni ai pensionati di oggi: siamo in tanti, sa? proprio una grande famiglia, e sapesse quanta gente ingorda! Ma la vita in famiglia è così, bisogna portar pazienza, tanta pazienza, e chiudere occhi, tanti occhi. Insomma, con tutti i grattacapi che mi danno i pensionati di oggi – e gli anticipati e gli esodati e quelli che ce l’hanno d’oro – vuole che pensi anche ai pensionati di domani?
La contribuente – E di me, che ne sarà?
L’Inps – A me lo chiede? Sono l’istituto nazionale per la previdenza sociale, non mi occupo mica di religione!
La contribuente – Ma io che devo fare, dunque?
L’Inps – Quello che ha sempre fatto, no? Pagare. E quando ha un po’ di tempo libero, quando ha qualche minuto che le avanza, si colleghi qui e simuli: simuli la pensione che presumibilmente avrà – ché la certezza non è di questo mondo – e gioisca del fatto che nella vita avere un obiettivo è la cosa più importante. Specie quando non vi è alcun modo di raggiungerlo.
“Dialogo semiserio con l’Inps” lo trovate anche sul mio sito e su Issu.
3 Commenti
Christian73
ReplyTerribilmente meraviglioso questo dialogo!!!
valentina
Replydelizioso e straziante
GiuseppeG
ReplyDialogo meraviglioso ma soprattutto Reale.