Le avventure di Astolfa, biofreelance – 8a puntata
29 Aprile 2016 Vita da freelance
Dalla penna di bulander alle pagine di Actainrete.it.
Un inedito racconto a puntate, ogni venerdì, per sorridere e prepararsi al meritato weekend.
Cover di Marilena Nardi.
Ottava puntata
[Se te la sei persa o vuoi rileggerla, qui trovi la settima puntata.]
Ci fu una discussione animata, la guida tirò in ballo anche il codice etico della categoria, che tassativamente imponeva al post-spallone certificato di passare per ultimo. Niente da fare, alla fine la guida, spazientito, dice
“Ok, passiamo prima noi, ci dìa le gabbie però, così lei passa senza ingombri”.
Hollandér esita un poco e poi cede, ma solo a metà:
“E va bene, prendete Grey Rose, perché se mi stacco dal pappagallo lui strilla.”
Passa uno, passa il secondo con la gabbia della gatta, passa il terzo, tocca al canadese il quale, forse agitato dalla discussione o dall’emozione, fa un gesto maldestro e la gabbia di Glen-gul s’impiglia nella rete. Lui dà un paio di strattoni per liberarla, il pappagallo sbatacchiato di qua e di là, attacca a urlare come un ossesso “No. Que no quièro verla! Que no quièro verla” dal Lamento
per Ignacio Sanchez Mejìas di Garcia Lorca.
S’accendono dei riflettori, una sirena comincia a suonare, in casi come questi chi riesce a sfuggire alle guardie
svizzere viene acchiappato dalla Guardia di Finanza italiana, allertata dalle sirene. Ma Astolfa aveva pensato a tutto, aveva “unto” interi distaccamenti di finanzieri italiani, che non si sarebbero mossi nemmeno con i caterpillar.
Finalmente la gabbia viene sganciata dalla rete e i quattro uomini più due animali scendono per il bosco verso il punto convenuto. Dove li attende una sorpresa. Mangiavetri era fuori di sé da qualche giorno, l’idea che quello “schifoso” avrebbe messo piede nella sua macchina per lui era peggio che se avesse dovuto dare un passaggio a un lebbroso. Per impedire il contatto aveva foderato i sedili con spessi fogli di plastica, s’era procurato spray di disinfettanti potenti e di deodoranti, aveva sul volto una maschera antigas modello ‘controffensiva delle Ardenne 1916’, che lo faceva assomigliare a un mostruoso essere con la proboscide.
Ora, dimmi tu, caro lettore, se tu fossi un appuntato dei carabinieri che torna con un collega in caserma a bordo dell’auto di servizio, ti capita di passare davanti a una piazzola di sosta in un posto isolato, intravedi una macchina ferma con i fari spenti e al volante un tizio con la proboscide, dimmi sinceramente, caro lettore, tu non ti fermeresti per chiedergli i documenti?
Fu così che i quattro uomini e i due animali in gabbia, giunti al punto convenuto, trovano la macchina vuota, le portiere aperte e le chiavi, fortunatamente, nel cruscotto. Di Mangiavetri nemmeno l’ombra. Infatti in quel momento era appena arrivato in caserma e stava rispondendo alle domande del maresciallo Occhibuoni. Il carro attrezzi che avrebbe dovuto recuperare la sua macchina e portarla alla stazione dei carabinieri aveva tamponato un autobus ed era lì fermo a un paio di chilometri coi conducenti che s’accapigliavano.
Aperte le portiere della macchina, i quattro uomini vengono investiti dai miasmi dei disinfettanti e dei deodoranti di Mangiavetri. Grey Rose comincia a vomitare, Hollandér esagitato grida “Where is an apotheke?”, pensando di essere nella Svizzera tedesca, Glen-gul comincia recitare Evtuschenko ed i tre post-spalloni a bestemmiare. Ma c’era poco da fare gli schizzinosi, occorreva
tagliare la corda in fretta, il più grosso dei tre passatori si mette al volante, Glen-gul, malgrado le proteste di Hollandér, viene chiuso nel portabagagli dove può urlare fin che vuole, Grey Rose che vomiti pure, tanto c’è la plastica sui sedili, la macchina vola con abbaglianti accesi verso il bivio per Carate. Lì c’è Astolfa in attesa con l’ultima tranche del compenso. Intascato il quale, i tre
post-spalloni finalmente si dileguano, lasciando Astolfa e il sarto finalmente soli.
“Bene, adesso andiamo al ristorante dell’Hotel Suprema Bellezza, tre stelle Michelin, ti ripulisci un po’ e ti faccio assaggiare il miglior ossobuco con risotto della Lombardia. Lasciamo che quel deficiente passi una notte in cella di sicurezza, domani sistemo la faccenda con il mio amico Procuratore della Repubblica. Tu lasci le due gabbie al guardaroba però. Voglio cenare in pace.”
“Nemmeno per sogno. Sono astemio. E mangio solo cucina vegana. Ti aspetto in macchina. Con le mie bestie.”
Per Astolfa non c’era di peggio che mangiare da sola, al ristorante. Ordinò i vini migliori per tirarsi su. Il soggiorno del grande creatore di dog fashion non si presentava bene, fargli arrivare la cucina vegana lassù nei boschi dell’Appennino non sarebbe stato facile, la gatta si sarebbe trovata bene? Con tutti quei cani. E quel maledetto pappagallo avrebbe imparato un po’ di poeti italiani, Dante, Carducci, Pascoli, Leopardi?
“Sua Eccellenza che mi sta in cagnesco…”
Con tutti quei cani. Beh, forse ci poteva stare. Le servirono il secondo che già si sentiva meglio, al dolce era tornata l’Astolfa di sempre.
“Una soluzione si trova. Per ora lo abbiamo portato qui e da qui non si muove. A Mangiavetri se riesco a tirarlo fuori gli tolgo il 5% e così mi sono già messa in tasca qualcosa, il bilancio della giornata non è proprio negativo. Cameriere! Il conto”.