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Indennità di maternità. Urge una riforma

28 Febbraio 2019 Maternità

L’indennità di maternità, una tutela base del nostro welfare, è stata progettata per un sistema in cui dominava il lavoro dipendente stabile.

Negli ultimi 20 anni tuttavia c’è stata una fortissima crescita, presso le coorti in età fertile, delle donne che lavorano al di fuori del rapporto dipendente a tempo indeterminato e che non sono pienamente tutelate in caso di gravidanza, contribuendo a ostacolare e scoraggiare la scelta di maternità, in un paese in cui il tasso di natalità ha toccato il minimo storico.

Tutte le lavoratrici hanno diritto all’indennità di maternità?

Teoricamente sì: tutte le lavoratrici hanno diritto, in caso di maternità a un’indennità economica in sostituzione della retribuzione. Essa è regolata principalmente con il “Testo Unico per la tutela e il sostegno della maternità e della paternità” emanato dal d.lgs. n.151/2001.

Sul sito dell’INPS è possibile leggere l’elenco delle categorie delle lavoratrici che hanno diritto all’indennità. Per ogni categoria, l’accesso all’indennità presenta regole specifiche.

In linea generale, se il rapporto di lavoro è alle dipendenze si ha diritto all’indennità se si è occupate (o coperte da ammortizzatori sociali per la disoccupazione) all’inizio del congedo.

Se invece si è lavoratrici autonome, il diritto all’indennità è subordinato a un pregresso contributivo, che può essere definito in giornate (lavoro agricolo e lavoro dello spettacolo) o in ammontare di contributi versati.

Una misura di welfare costruita per il lavoro dipendente stabile

L’indennità di maternità, così come un po’ tutto il welfare in Italia, è stata modellata (primo intervento organico nel 1950) per un sistema in cui domina il lavoro dipendente stabile e svolto per una sola organizzazione.

Essa è stata poi progressivamente estesa alle altre categorie di lavoratrici (nel 1987 alle lavoratrici autonome tradizionali, nel 1998 alle collaboratrici e freelance).

Sono però rimaste differenze significative, sia nella capacità di supplire appieno alla mancanza di reddito connessa alla gravidanza, sia nel sistema di informazioni e nella prontezza degli interventi.

Per chi non è una lavoratrice dipendente, ottenere l’indennità non è mai qualcosa di automatico, come dimostrano le continue testimonianze che riceviamo come ACTA.

Un sistema non più organico

È mancata un’integrazione organica delle aggiunte successive, con diverse conseguenze che si stanno facendo sentire sempre di più in un mercato del lavoro fluido e frammentato, in cui spesso è necessario svolgere più lavori (più lavori autonomi o anche lavori che sono sia dipendenti sia autonomi).

Le gestioni restano infatti rigidamente distinte: quanto versato in una gestione non serve nel momento in cui si passa a un’altra gestione, né può essere cumulato se si è in parallelo su due gestioni. Infine le diverse regole di calcolo dell’indennità creano ulteriori “buchi”.

Alcuni esempi per spiegare:

Se una donna ha lavorato da 10 anni come dipendente e diventa autonoma e ha la ventura di essere incinta, non ha diritto a nessuna indennità, né come dipendente, perché non è più tale, né come autonoma perché non ha un pregresso contributivo nella gestione autonoma.

Se una lavoratrice opera contemporaneamente con due o più gestioni previdenziali, non è facile cumulare i versamenti, col rischio addirittura di non avere alcuna indennità perché non è stato raggiunto il minimo contributivo in nessuna delle due.

Per i lavoratori dello spettacolo, l’accesso alle tutele è calcolato sulla base del numero di giornate di lavoro. Per alcune tipologie, spesso solo poche giornate risultano contrattualizzate. Ad esempio per i registi pubblicitari in molti casi si computano le giornate in cui girano uno spot pubblicitario, non quelle di preparazione per la scelta della location e per il casting, né quelle successive del montaggio. In questi casi risultano lavorare solo per 15-30 gg l’anno e non maturano il diritto ad alcuna tutela, anche a fronte di redditi e versamenti contributivi che supererebbero i minimali posti per altre categorie di lavoratori.

Anche l’organizzazione delle informazioni è separata e alle nuove modalità lavorative non è stata dedicata la stessa attenzione riservata alle tipologie più standard.

I problemi non riguardano solo le non dipendenti, ma anche le lavoratrici dipendenti con contratti a termine, che sono tutelate solo se hanno un contratto attivo all’inizio del congedo.

Per aver diritto all’indennità è necessaria una vera e propria programmazione della gravidanza, per cogliere l’attimo fuggente di un periodo tutelato. Non stupisce perciò la concentrazione di gravidanze delle insegnanti precarie quando hanno lunghe supplenze e delle laureate in medicina durante la scuola di specializzazione.

In definitiva solamente una lavoratrice dipendente a tempo indeterminato ha la ragionevole sicurezza di percepire l’indennità di maternità, negli altri casi essere parte delle forze lavoro non è una condizione sufficiente, ma deve essere affiancata da altre condizioni.

Quante sono le donne con contratti dipendenti stabili in Italia?

Al momento dell’emanazione del Testo Unico sulla maternità le donne che lavoravano con un rapporto dipendente a tempo indeterminato rappresentavano la larga maggioranza delle forze lavoro femminili.

Anche oggi (dati 2017) il 61,4% delle forze lavoro femminili tra i 15 e i 64 anni è occupata con questo tipo di contratto.

Però il peso delle dipendenti stabili si riduce al 47,3% se consideriamo le donne con meno di 40 anni e al 30,8% per quelle con meno di 30 anni.

Dieci anni prima, nel 2007, queste percentuali erano rispettivamente del 56,4% per le donne sotto i 40 anni e 46,6% per quelle sotto i 30 anni (16 punti percentuali in più!).

Considerando le donne in età fertile, il lavoro dipendente a tempo indeterminato non è più maggioritario e cala rapidamente di anno in anno. E questo da solo dovrebbe rappresentare uno stimolo a rivedere una regolamentazione concepita quando questa condizione era dominante.

Anna Soru

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di Anna Soru tempo di lettura: 4 min
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