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Ammortizzatori sociali per i lavoratori autonomi non sono sufficienti

Ammortizzatori sociali per lavoratori autonomi. Cari e non per tutti.

15 Dicembre 2021 Ammortizzatori sociali

La riforma degli ammortizzatori sociali, nelle intenzioni del Ministro Orlando “ha come obiettivo quello di estendere e rendere universali le tutele per chi non ne ha“.
Ma l’obiettivo non è raggiunto per i lavoratori autonomi, dove gli ammortizzatori sociali non riguardano tutti e dove si interviene con criteri eterogenei e la vera finalità non sembra essere quella di di assicurare ampie tutele, bensì di fare cassa con due Gestioni previdenziali già fortemente attive.

Ammortizzatori sociali per dipendenti: sensibile ampliamento dell’accesso

La riforma, così come è delineata nell’ultima legge di bilancio, in effetti allarga e rende omogeneo l’intervento a difesa dei lavoratori dipendenti, ampliando la platea dei destinatari sia della NASPI (la misura a sostegno dei disoccupati) che degli ammortizzatori sociali in costanza di lavoro (da occupati). Persistono delle differenze tra lavoratori (al crescere delle dimensioni di imprese, crescono i costi contributivi e le protezioni), ma a tutti è garantita una base comune, costruita su meccanismi comuni.
Per quanto riguarda la NASPI viene eliminato il vincolo di 30 giornate effettive di lavoro nell’ultimo anno (sono sufficienti 13 settimane negli ultimi 4 anni) e c’è un’attenuazione del cosiddetto décalage (la riduzione dell’indennità, pari al 3%, parte con il sesto mese di disoccupazione e non con il quarto).
Molto rilevante l’ampliamento del FIS, il fondo di integrazione salariale in costanza di rapporto di lavoro: è un fondo gestito dall’INPS, che interviene a colmare le situazioni escluse da CIG e fondi bilaterali. Ad esso accederanno gli apprendisti, i lavoratori a domicilio e tutti i dipendenti, inclusi quelli delle piccolissime imprese con meno di 5 dipendenti. Inoltre la condizione di accesso è un’anzianità lavorativa di 30 giorni e non più di 90 giorni.
La riforma sarà finanziata in parte coi contributi e in parte con la fiscalità generale, che interviene con 4,6 miliardi. Per i dipendenti di imprese sino a 5 addetti il contributo sarà pari allo 0,5%, di cui due terzi a carico dell’impresa e 1/3 a carico del lavoratore.

Quali ammortizzatori sociali per lavoratori autonomi?

Per gli autonomi siamo invece ben lontani da un approccio omogeneo, si va in ordine sparso.

Alcune categorie restano completamente escluse: iscritti alle casse dei commercianti e degli artigiani, professionisti ordinisti (che afferiscono a casse private, dotate di autonomia gestionale e operativa e restie ad accettare interventi decisi dallo Stato), lavoratori che operano con la cessione di diritti d’autore, collaboratori occasionali…

Esistono tre strumenti per tre diverse tipologie di lavoratori, che però nascono da impostazioni diverse ed esaltano le differenze tra le diverse casse/tipologie di lavoratori. I tre strumenti sono: la dis-coll per i collaboratori coordinati e continuativi della gestione separata, l’ISCRO per i professionisti autonomi iscritti alla gestione separata INPS e l’Alas per i lavoratori autonomi dello spettacolo (F.l.p.s. o ex- Enpals). Iscro e Alas sono nate nel 2021, la dis-coll invece esiste da tempo ma è stata recentemente modificata.

Elemento comune dei tre strumenti per lavoratori autonomi è la conferma dell’atteggiamento predatorio del legislatore nei confronti della Gestione separata dell’INPS e dell’ex ENPALS, due delle casse previdenziali caratterizzate da maggior attivo. Sono tutt’altro che trasparenti i criteri con cui vengono calcolati gli incrementi contributivi, che puntualmente risultano garantire entrate largamente superiori alle indennità che poi vengono erogate.

Lo schema successivo mette a confronto le caratteristiche delle tre misure per lavoratori autonomi con la NASPI.

ammortizzatori sociali per i lavoratori autonomi: un confronto

 

Co.co.co. Un’estensione della tutela molto costosa

I primi lavoratori autonomi per i quali sono stati introdotti degli ammortizzatori sociali sono i collaboratori coordinati e continuativi (legge 81/2015). Poiché sono più simili ai dipendenti (c’è un datore di lavoro che paga i 2/3 dei contributi e anticipa anche quelli dei collaboratori), è stato più facile studiare una misura di sostegno, che si è fortemente ispirata alla NASPI (la misura del lavoro dipendente). È nata la dis-coll, che è stata successivamente modificata più volte, l’ultima volta con la legge di bilancio 2022.
Nella sua ultima formulazione, la dis-coll copre un periodo pari alla metà dei mesi con contribuzione accertata tra 1 gennaio dell’anno precedente la disoccupazione e la disoccupazione.
Per l’accesso è sufficiente un mese di contribuzione, ma naturalmente l’indennità percepita in questo caso sarà bassissima, dato che coprirà solo 15 giorni.

Il calcolo dell’indennità è analogo a quello fatto per la NASPI e anche il meccanismo per calcolare la durata è lo stesso, ma il periodo di riferimento non sono gli ultimi 4 anni, bensì al massimo 24 mesi, se la disoccupazione partisse alla fine di dicembre. La durata massima è quindi di 12 mesi e non di 24 mesi come per NASPI. Prima dell’ultima riforma la durata massima era di 6 mesi. Un’altra novità della riforma contenuta nella legge di bilancio è che ci sarà la copertura pensionistica dei periodi di non lavoro.

Sono novità che costano molto care. Infatti l’articolo 77 della legge di bilancio dice

“A decorrere dal 1° gennaio 2022, per i collaboratori, gli assegnisti e i dottorandi di ricerca con borsa di studio che hanno diritto di percepire la DIS-COLL, nonché per gli amministratori e i sindaci di cui al comma 1, è dovuta un’aliquota contributiva pari a quella dovuta per la Naspi.”.

Ergo: TUTTI coloro che afferiscono alla Gestione Separata INPS come collaboratori pagheranno l’1,41% di contributi, come i dipendenti, ma:

  • amministratori e sindaci pagheranno per non ricevere nulla,
  • gli altri collaboratori pagheranno come i dipendenti ma avranno diritto a un trattamento meno favorevole dei percettori di NASPI (durata massima 12 mesi e non 24 mesi).

Difficile giustificare un aumento contributivo così ampio. Se è vero che nel 2020 le indennità di dis-coll hanno superato la contribuzione, è anche vero che è stato un anno assolutamente eccezionale. Negli anni precedenti il 2020 la contribuzione permetteva di coprire abbondantemente la spesa per le indennità e i cambiamenti introdotti non richiedono un aumento così consistente dei contributi (pari a 2,76 volte). Da ricordare infine che anche nell’annus horribilis 2020 la parte assistenziale della gestione separata INPS nel suo insieme è rimasta attiva, come abbiamo dimostrato.

L’atteggiamento predatorio nei confronti della gestione separata INPS è una costante. Vien da pensare che l’aumento delle prestazioni sia stato deciso soprattutto per poter aumentare la contribuzione!

L’Alas la nuova misura per gli autonomi dello spettacolo: costa più della NASPI ma dà meno tutele

L’Alas, la misura che dovrà assicurare ammortizzatori sociali per i lavoratori autonomi dello spettacolo iscritti alla F.p.l.s. (ex Enpals), è l’ultima arrivata e fa parte di un pacchetto per il settore (Decreto 73/2021).

Anche Alas si ispira alla NASPI, per il calcolo dell’indennità e la copertura pensionistica e per il meccanismo di calcolo della durata.

Quali le differenze rispetto alla NASPI?

  1. La durata massima della indennità è 6 mesi, non 24.
  2. Esistono dei vincoli di accesso diversi.
    Ad entrambe le misura non si accede se si è occupati. Ma come si definisce se uno è non occupato? Nel DL 4/2019 convertito il L. 26/2019 (Legge sul reddito di cittadinanza) si stabilisce che è non occupato chi percepisce redditi inferiori all’imponibile Irpef art 13 tu imposte sui redditi (ovvero alla no tax area). Ma la no tax area è molto diversa se uno è dipendente o autonomo (al momento 4.800 euro versus 8.145 euro). Quindi è compatibile con la NASPI un reddito di 8.145 euro, mentre un lavoratore autonomo per accedere alla ALAS dovrà avere un reddito non superiore a 4.800 euro. Un ulteriore elemento che dovrebbe portare alla parificazione dell’area di esenzione dal pagamento dell’IRPF.
    Le condizioni di accesso sono più stringenti, anche in considerazione di un altro vincolo: non si accede alla ALAS se l’anno prima della disoccupazione il reddito era superiore a 35.000 euro (non esistono vincoli di questo tipo per NASPI).
  3. Il costo è superiore: 2% anziché 1,41%

In sintesi: con Alas rispetto alla NASPI si paga di più, ci sono maggiori vincoli all’accesso e le prestazioni sono inferiori (6 mesi contro 24).
Anche qui è difficile pensare che non ci sia del dolo…

L’ISCRO: una misura pasticciata per pochissimi

Sull’ISCRO, che dovrebbe garantire ammortizzatori sociali ai lavoratori autonomi professionisti iscritti alla Gestione Separata INPS, abbiamo scritto più volte, per mostrarne i limiti  e per contestare l’aumento della contribuzione. Evidenziamo qui alcuni elementi di confronto con gli altri strumenti.

È una misura pasticciata, non inseribile tra le misure per disoccupati (ci si accede con redditi superiori alla no tax area da autonomi), ma con troppi vincoli per poter essere considerata una misura in costanza di rapporto di lavoro, come il FIS.

Rispetto al FIS, ha un costo analogo ed eroga indennità complessive paragonabili (6 mesi di ISCRO sono pari a 1500-4800 euro, 13 settimane di FIS sono circa 3.700 euro); rispetto a NASPI e alle altre misure costo e indennità sono molto più bassi.

Ma l’elemento caratterizzante l’ISCRO sono i vincoli di accesso, molto più stringenti rispetto a tutti gli altri strumenti (FIS e copertura disoccupazione). Infatti devono valere tutte e tre le seguenti condizioni:

  1. Reddito non superiore a 8.145 euro, ovvero alla no tax area dei dipendenti (come NASPI, non come Alas); [è abbastanza strano che si faccia riferimento ad una cifra ben precisa e non come negli altri progetti di legge a un parametro generale, segnale di una legge scritta in fretta e male]
  2. Deve esserci stata una riduzione del reddito rispetto al triennio precedente superiore al 50%;
  3. Serve un’anzianità di 4 anni (per tutti gli altri si parla di giorni).

In definitiva esiste una misura teorica di tutela (in costanza di rapporto di lavoro), ma a cui pochissimi accederanno.

Come più volte abbiamo ribadito, riteniamo che anche questa misura servirà soprattutto ad aumentare l’attivo della gestione separata INPS.

 

 

 

 

Foto di sl wong da Pexels

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di ACTA tempo di lettura: 6 min
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