La lettera di Redacta al Saggiatore. Un anno dopo
Il 30 marzo 2021 abbiamo pubblicato una lettera aperta rivolta alla casa editrice il Saggiatore. Nella lettera si chiedeva dove fossero finite le numerosissime commissioni (quasi un centinaio di lavorazioni redazionali complete) che ogni anno la casa editrice milanese affidava ai suoi collaboratori esterni, debitamente formati tramite stage e corsi propedeutici.
Commissioni che si erano praticamente azzerate dall’oggi al domani. Senza motivazioni. Ma per la prima volta c’era qualcuno pronto a chiederle a voce alta.
Si trattava di lavoratori e lavoratrici che all’inizio non si conoscevano, e che si sarebbero legittimamente potuti sentire in diretta competizione l’uno con l’altra: negli anni, mentre la casa editrice allargava la rete dei propri collaboratori, per alcuni di quelli con più esperienza il numero di commesse era diminuito.
Eppure invece che competere si sono trovati a cospirare. Hanno condiviso informazioni, ipotesi, paure. Si sono parlati, si sono ascoltati e hanno trovato il modo e le parole per agire insieme. Hanno chiesto con un’unica voce chi, e pagato quanto, avrebbe svolto il loro lavoro da quel momento in poi.
L’editore ha risposto in fretta, privatamente, e senza andare nel merito della questione. La grancassa dell’autopromozione della casa editrice è diventata, per una volta, un bisbiglio quasi impercettibile. Nessuna pagina social, nessuna newsletter del Saggiatore ha mai proferito parola in merito. L’afonia di chi somatizza.
Noi abbiamo continuato con le inchieste, le analisi e gli incontri fra lavoratori della filiera, e non solo. Senza smettere mai di riflettere sui meccanismi che regolano il settore in cui lavoriamo, e senza mai perdere d’occhio tutti gli attori che vi partecipano.
Dell’affaire Saggiatore continuano a chiederci in molti. Lo prendiamo come un segno che c’è ancora voglia di cospirare.