Congedo parentale all’80%: una misura che discrimina
1 Dicembre 2022 Maternità
Nella conferenza stampa di presentazione della legge di bilancio la premier Meloni aveva annunciato un intervento sui congedi parentali e in particolare “un mese in più di congedo parentale facoltativo all’80%, ora retribuito al 30%. Io ho sempre pensato che molte madri non se lo potessero permettere”, una misura in favore delle famiglie, “un salvadanaio di tempo”.
Il testo della legge
Non era chiaro quale fosse il perimetro di applicazione di questa misura, che non compariva nelle prime bozze della legge di bilancio in circolazione.
Ora la legge di bilancio è stata bollinata e presentata al Parlamento ed è quindi possibile interpretarla, pur nella solita difficoltà di seguire il linguaggio burocratese e i rimandi legislativi.
L’articolo 66 della legge di bilancio è dedicato al congedo parentale e interviene con una modifica dell’articolo 34 della legge 151/2001, come si legge nel testo:
Al comma 1, primo periodo, dell’articolo 34 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono aggiunte alla fine le seguenti parole. “, elevata per la madre lavoratrice, per la durata massima di un mese fino al sesto anno di vita del bambino, alla misura dell’80 per cento della retribuzione”. La disposizione di cui al primo periodo del presente comma si applica con riferimento alle lavoratrici che terminano il periodo di congedo di maternità di cui al capo III del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, successivamente al 31 dicembre 2022.
L’interpretazione
Possiamo osservare che:
- prevede una maggiore remunerazione (80% e non 30% del reddito) di una mensilità dei congedi parentali, non si tratta quindi di una mensilità aggiuntiva come era stato annunciato;
- ha due condizionalità: si applica solo alle situazioni in cui la maternità obbligatoria (a cui si riferisce il capo III della legge 151/2001) termini dopo il 2022 (grossomodo ai nati dopo l’estate 2022) e sia utilizzata prima dei 6 anni di età del bambino. Non riguarderà insomma le tante mamme che hanno bambini piccoli, ma nati prima di quest’autunno.
- Si rivolge esclusivamente alla mamma, perché l’articolo specifica ben due volte che la misura interesserà la lavoratrice.
- Si applica solo a lavoratrici dipendenti. Infatti il testo della legge 151/2001 a cui l’art. 66 rinvia, nell’art. 2 “Definizioni” precisa che “per «lavoratrice» o «lavoratore», salvo che non sia altrimenti specificato, si intendono i dipendenti, compresi quelli con contratto di apprendistato, di amministrazioni pubbliche, di privati datori di lavoro nonché i soci lavoratori di cooperative”.
Sicuramente un aiuto economico sarà molto importante e potrà favorire l’effettivo utilizzo dello strumento da parte di tante mamme che appunto non possono permettersi di rinunciare al 70% del reddito, anche se non si tratta di una mensilità aggiuntiva e le cause di esclusione sono tante.
Una norma che discrimina
I punti 3 e 4 suscitano però più di una perplessità.
L’applicazione alle sole mamme (punto 3) va contro il principio costitutivo dei congedi parentali, nati per favorire la maggiore partecipazione dei papà ai compiti di cura. Inoltre, c’è da sottolineare come uno dei motivi per cui i congedi sono poco fruiti dai papà sta proprio nella difficoltà economica di molte famiglie a rinunciare al reddito portato dal padre, che in genere è il più elevato in famiglia. Una maggiorazione dell’indennità di congedo potrebbe rappresentare un grosso incentivo ai papà; al contrario la norma attuale è un disincentivo.
Come Acta non possiamo non sottolineare la gravità del punto 4, che esclude e discrimina chi non è dipendente. Negli ultimi 15 anni c’è stato un percorso lento ma coerente che, grazie anche all’impegno della nostra associazione, ha portato a una crescita delle tutele per la genitorialità dei lavoratori non dipendenti e a una diminuzione delle disparità di trattamento.
Ci aspettavamo che questo percorso potesse continuare, per eliminare le tante differenze che purtroppo ancora esistono, per poter assicurare a tutte le lavoratrici e lavoratori una piena tutela della genitorialità; al contrario, questa misura rappresenta un grave passo indietro, un segnale nella direzione sbagliata.
Non sono queste le misure né la considerazione che ci meritiamo.
Associarsi ad Acta è il primo passo per far parte di un gruppo di persone che si batte per il lavoro freelance.