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Pensione di garanzia. Se è la volta buona Acta ha una proposta.

11 Luglio 2023 Previdenza

È certo: molti futuri pensionati non saranno in grado di sopravvivere

L’ultimo rapporto della Corte dei conti, la relazione sul 2023 resa pubblica qualche mese fa, certifica quanto si sa da molto tempo: i lavoratori che rientrano nel sistema contributivo puro avranno pensioni misere e il problema sarà particolarmente grave perché per essi non esiste una pensione minima.

Il rapporto segnala anche che gli iscritti alla gestione separata INPS saranno tra i più penalizzati.

E anche questa è solo una conferma: già nel 2007 avevamo organizzato un convegno dal titolo “professionisti oggi, pensionati poveri domani?”, in cui lanciavamo l’allarme sul nostro futuro pensionistico.

A distanza di quasi 30 anni dalla riforma Dini che introdusse il sistema contributivo non si può più fare finta di non sapere. La Presidente del Consiglio nel suo discorso di insediamento ha parlato di rischio bomba sociale e ora finalmente sembra che sindacati e governo abbiano l’obiettivo di intervenire, con la creazione di una “pensione di garanzia”.

La proposta di pensione di garanzia di Patriarca

La prima proposta di pensione di garanzia era stata predisposta da Stefano Patriarca nel 2016-17. Essa prevedeva una pensione contributiva minima (si era parlato di circa 650 euro mensili) per chi è in possesso di 20 anni di contribuzione (da calcolare mettendo insieme tutte le diverse gestioni previdenziali), da incrementare di 30 euro al mese per ogni anno in più, fino a un massimo di mille euro.

La proposta di pensione di garanzia di ACTA

Rispetto a questa proposta, ACTA propone una correzione volta a incentivare la contribuzione previdenziale.
La proposta ACTA prevede una quota fissa minima, ancorata all’assegno sociale, raggiungibile con 20 anni di contributi, da incrementare con quanto effettivamente maturato con il montante contributivo.

La pensione avrebbe quindi due componenti: una di garanzia e una contributiva, calcolata con le regole attuali.

La componente di garanzia dovrebbe intervenire solo a sostegno delle pensioni più povere, ma evitando gradini. Sarebbe intera se la parte contributiva non dovesse superare l’importo di 1,5 volte l’assegno sociale, mentre diminuirebbe gradualmente al di sopra di questa soglia, fino ad annullarsi completamente quando la pensione maturata è pari a 4 volte l’assegno sociale. In questo modo si supererebbe anche il vincolo che impone di lavorare fino a 71 anni e oltre se non si matura un montante che garantisce una pensione pari almeno a 1,5 volte l’assegno sociale.

Il nodo delle risorse

Speriamo che ci sia davvero l’intenzione di fare qualcosa e non sia solo una pantomima! Il rischio pantomima è purtroppo reale, perché servono risorse, ma nella scala delle priorità prima dei giovani, come sempre, ci sono pensionati e pensionandi, più importanti come bacino elettorale e come base sindacale.

L’indicizzazione delle pensioni è già costata parecchio (4 miliardi per il primo anno) e altre risorse serviranno per incontrare le esigenze di chi vorrebbe anticipare la pensione (il rinnovo di ape sociale, opzione donna, quota 103 o l’avvio di quota 41, tutte misure da cui noi freelance siamo esclusi).

Dopo di che non sarà facile trovare i fondi per finanziare anche la pensione di garanzia.

ACTA

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di ACTA tempo di lettura: 2 min
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