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Il diritto d'autore nella traduzione multimediale

Il diritto d’autore nella traduzione multimediale 1. Normativa

25 Marzo 2024 Compensi, Diritti, Lavoro, Previdenza, Traduzioni tecniche, Vita da freelance

Puntata 1: il diritto d’autore spiegato ai traduttori dall’avvocata Silvia Santilli

Il mestiere di tradurre ci porta spesso a contatto con opere creative (film, serie TV, videogiochi ecc.) protette dal diritto d’autore. Eppure, a esclusione dei traduttori letterari, degli adattatori dialoghisti e di poche altre eccezioni che operano con il diritto d’autore, questo concetto non ci tange. Ma forse dovrebbe? Anche noi che traduciamo contenuti multimediali potremmo rientrare in questo regime? C’è qualche vantaggio a farlo?

Per rispondere a queste domande, ACTA Tramiti, in collaborazione con AIDAC, ha organizzato un incontro gratuito rivolto a chi lavora nella traduzione multimediale, liberamente consultabile sul canale YouTube di ACTA. Questo incontro fa parte di una serie di workshop sul diritto d’autore a livello europeo partito dall’iniziativa di AVTE (Audiovisual Translators of Europe), a cui ACTA Tramiti si è unita l’anno scorso.

L’incontro si articola in quattro interventi di quattro diverse figure professionali che approfondiscono ciascuna un aspetto diverso del diritto d’autore e come esso si declini nel mestiere della traduzione. Riporteremo i punti salienti degli interventi in quattro puntate su questo blog, iniziando dalla panoramica sul diritto d’autore dal punto di vista normativo, illustrato dall’avvocata Silvia Santilli, vicepresidente di Acta nonché sua esperta in materia di diritto del lavoro, previdenza ed equi compensi.

Quando un’opera rientra in diritto d’autore?

Innanzitutto, come fa un’opera a “rientrare in diritto d’autore”? Bisogna iscriverla da qualche parte? E a chi spetta farlo?

Secondo la legge italiana, nello specifico la legge 633 del 22 aprile 1941 comunemente chiamata Legge sul Diritto d’Autore, il diritto d’autore nasce insieme all’opera, senza bisogno di adempimenti formali o della stessa volontà dell’autore (che può anche essere anonimo). Questo, a patto che presenti due requisiti fondamentali: deve trattarsi di un’opera d’ingegno e avere carattere creativo.

Il deposito presso il Registro delle Opere Protette serve non a costituire il diritto d’autore (che esiste già), bensì ad attestarlo per garantire che venga tutelato.

Per attestare la creazione di un’opera sono necessarie data certa della creazione (basta anche un timbro postale) e firma dell’autore, che potrebbe essere la firma apposta su un quadro, il nome stampato sulla copertina di un libro o, in un caso più noto a sottotitolatori e localizzatori di videogiochi, quello che appare nei titoli di coda.

Regimi fiscali, partita Iva e royalties

Facciamo chiarezza sulla terminologia.

Esistono i “diritti d’autore” e quindi, più correttamente, i compensi che si ricevono ad esempio per la riproduzione di una determinata opera. Si tratta delle cosiddette royalties, versate dagli organismi di gestione collettiva, di cui il più famoso in Italia è la SIAE.

Esiste poi il regime fiscale cui sono sottoposti i diritti d’autore, il cosiddetto regime fiscale in diritto d’autore.

Chi riceve royalties e compensi per la cessione dei diritti su altri lavori “creativi” di traduzione, utilizza tale regime per versare le imposte sulle somme che incassa a titolo di compenso per lo sfruttamento dei diritti d’autore, un meccanismo che vedremo meglio nella seconda puntata.

Il regime in diritto d’autore non richiede la titolarità di partita IVA.

I compensi per diritto d’autore, tuttavia, si possono percepire anche se si è contemporaneamente titolari di una partita IVA e si percepiscono compensi per una propria attività professionale il cui risultato non è coperto da diritti d’autore.

La traduzione multimediale può costituire un’opera tutelata dalla disciplina del diritto d’autore?

Come abbiamo visto, qualsiasi lavoro o opera con un contenuto creativo rientra nella definizione di “opera meritevole di tutela” della SIAE, di cui parleremo meglio nelle prossime puntate. Nella pratica però, i sottotitoli, così come le localizzazioni di videogiochi, non vengono ancora riconosciuti come “meritevoli”.

La definizione di cosa costituisca un’opera meritevole è un tema molto dibattuto in questo periodo in cui, grazie alla tecnologia, proliferano tipologie di opere creative sempre nuove. È importante che noi ci uniamo al dibattito per ottenerne il riconoscimento, proprio come hanno fatto anni prima gli adattatori dialoghisti (a cui è dedicata la terza puntata).

Va comunque considerato che la SIAE non ha più il monopolio sulla registrazione di opere in diritto d’autore. Nel caso essa continui a dimostrarsi poco ricettiva, sono nate organizzazioni alternative a cui rivolgersi. Ma approfondiremo meglio questo tema nella puntata 4.

Diritto morale e titolarità

Il diritto d’autore ha due diverse componenti: quella morale e quella patrimoniale.

Il diritto morale è personale (ovvero, può essere attribuito solo a una o più persone fisiche), inalienabile (ovvero, nessuno può negarci la titolarità della nostra opera, arrogarsene la paternità o proibirci di dichiarare che siamo gli autori di un certo lavoro) e imprescrittibile (ovvero, il diritto morale non decade neanche dopo secoli).

Oltre al riconoscimento della paternità dell’opera, il diritto morale garantisce all’autore alcune importanti libertà, come decidere se pubblicarla o lasciarla inedita, se modificarla o opporsi alle modifiche opposte da altri e se ritirarla dal commercio.

Il diritto morale fuori dall’Unione Europea

Dunque, nessuno può negarci la titolarità della nostra opera o arrogarsene la paternità… almeno, secondo i principi dei sistemi giuridici dell’Europa Continentale.

Ben diversa la situazione nei paesi di cultura giuridica anglosassone (cosiddetti paesi di Common Law, Stati Uniti e Regno Unito in primis) nei quali il principio è opposto: il diritto d’autore nella sua interezza (senza distinzione tra diritto economico e diritto morale) è considerato come un bene economico soggetto alla disciplina del copyright e pienamente commerciabile.

In sostanza, in questi regimi giuridici una volta che l’opera viene venduta a qualcuno, l’autore non ha più potere né diritti sulla stessa.

Lo sanno bene traduttrici e traduttori di opere creative multimediali, come videogiochi e sottotitoli, che collaborano con società extra-europee. Spesso, nel contratto di collaborazione, al traduttore viene richiesto di cedere ogni pretesa sui diritti (tutti, nessuno escluso) dell’opera, in questo caso, la traduzione a carattere creativo. Viene perfino severamente proibito anche solo di menzionarla nel curriculum.

Al contrario, nei sistemi giuridici di stampo europeo (Sistemi di Civil Law) una clausola che preveda la rinuncia al diritto morale e quindi alla possibilità di citare un certo lavoro creativo come frutto del proprio lavoro sarebbe molto probabilmente nulla.

Per chi sta in mezzo

Purtroppo non è sufficiente lavorare in un paese di sistema giuridico europeo per poterne invocare i diritti. In genere, infatti, i contratti tra le varie clausole ne hanno anche una che indica quale sarà la legge applicabile a quel contratto (e anche in quale nazione si dovranno fare eventuali cause in caso di contenzioso tra le parti). Riguardo a questa discrepanza normativa, c’è ultimamente una maggiore consapevolezza e attenzione da parte di freelance e associazioni di categoria all’estero.

Nello specifico:

#translatorsinthecredits è una campagna sui social media che si batte per il diritto di chi ha lavorato alla localizzazione di un videogioco a comparire nei titoli di coda (un requisito fondamentale per attestare la titolarità dell’opera, come detto sopra).

ATRAE, associazione di traduttori spagnoli parte di AVTE, ha preso l’iniziativa di far esaminare la validità legale di alcuni contratti extra-europei che prevedevano la cessione dei diritti morali, per avere la garanzia che in Europa non vengano imposte clausole che spogliano il traduttore del diritto morale.

Diritto patrimoniale e sfruttamento economico

Il diritto patrimoniale, a differenza di quello morale, è trasferibile.

Ciò significa che l’autore può cedere i diritti di sfruttamento economico della sua opera a terzi, rigorosamente tramite contratto in forma scritta (Art. 110 LDA). Chi lavora in regime di diritto d’autore non riceve un compenso per le proprie prestazioni professionali, ma cede i diritti patrimoniali della propria opera a fronte di un corrispettivo.

È inoltre limitato nel tempo. Per la precisione, scade a 70 anni dalla morte dell’autore. Infine, comprende oltre al diritto di sfruttamento economico, anche altri diritti come utilizzazione, distribuzione, commercializzazione, riproduzione ed elaborazione, comunicazione al pubblico, successivo alla prima pubblicazione.

L’equo compenso e la remunerazione aggiuntiva

Nell’ambito dei diritti di sfruttamento economico, importanti tutele per autrici e autori europei sono state recentemente introdotte la Legge sul diritto d’autore dalla DIRETTIVA (UE) 2019/790 e successive rettifiche.

La legge stabilisce che il compenso per la cessione del diritto d’autore deve essere adeguato e proporzionato al valore economico che genera l’opera.

Particolarmente importante in questo frangente è il concetto di remunerazione aggiuntiva. Nell’ambito delle opere creative, come film, libri, videogiochi ecc. è molto difficile stimare il successo economico che avrà un’opera in futuro. Per questo, la legge garantisce che se un’opera ha un successo inaspettato, sarà possibile adeguare la remunerazione dell’autore all’andamento delle vendite.

Per fare un esempio, se una serie TV venisse ceduta dagli autori a un misero prezzo, ma poi si rivelasse un successo globale, chi ha ceduto i diritti potrà esigere che il compenso già pattuito cambi per adeguarsi agli introiti complessivi derivanti dallo sfruttamento di tale serie (compresi i guadagni generati sulle piattaforme di streaming online).

Conclusioni: perché dovrebbe interessare ai traduttori multimediali?

Abbiamo quindi appreso a grandi linee alcuni vantaggi del diritto d’autore. In particolare, se esso si potesse applicare senza controversie anche alla traduzione multimediale, noi traduttori e traduttrici avremmo almeno due enormi vantaggi professionali:

Il diritto di titolarità, ovvero il diritto di apporre il nostro nome sulla traduzione. Questo diritto non solo eleverebbe la dignità della professione, ma la possibilità di fare leva sui nostri successi ci permetterebbe un avanzamento di carriera, rendendoci meno una commodity da acquistare al ribasso o sostituire con ChatGPT, e più una figura professionale capace di dare un contributo sostanziale al successo di un’opera.

L’equo compenso e la remunerazione aggiuntiva possono riequilibrare almeno in parte le condizioni economiche di un settore che ha un fatturato stratosferico eppure si ingegna a pagare sempre meno il processo di traduzione e localizzazione.

Non di rado, i titoli più di successo, come i videogiochi AAA, sono anche quelli che pagano tariffe di traduzione più basse. Se si riuscisse a implementare un sistema di royalties simile a quello che vige per traduttori editoriali e adattatori dialoghisti, questo potrebbe integrare i magri compensi che ci vengono imposti.

Inoltre, il versamento periodico delle royalties rappresenta una rendita che, per quanto modesta, ci aiuterebbe a far fronte agli imprevisti del mestiere di freelance.

Nella prossima puntata, Anna Soru parlerà più in dettaglio del diritto d’autore sotto il punto di vista fiscale e contributivo.

Link utili:

Scarica qui le slide della presentazione dell’avv. Santilli, con tutti i riferimenti alla legislazione pertinente.

Segnaliamo il vademecum legale e fiscale per traduttori editoriali e operanti in diritto d’autore a cura di STRADE, documento di riferimento per il settore della traduzione editoriale, acquistabile sul relativo sito web.

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