Il diritto d’autore nella traduzione multimediale 3. Enti
25 Marzo 2024 Compensi, Diritti, Fisco, Lavoro, Previdenza, Traduzioni tecniche, Vita da freelance
Puntata 3: Il caso degli adattatori dialoghisti
Il mestiere di tradurre ci porta spesso a contatto con opere creative (film, serie TV, videogiochi ecc.) protette dal diritto d’autore. Eppure, a esclusione dei traduttori letterari, degli adattatori dialoghisti e di poche altre eccezioni che operano con il diritto d’autore, questo concetto non ci tange. Ma forse dovrebbe? Anche noi che traduciamo contenuti multimediali potremmo rientrare in questo regime? C’è qualche vantaggio a farlo?
Siamo alla terza puntata della serie tratta dall’incontro gratuito che ACTA Tramiti, in collaborazione con AIDAC, ha organizzato per chi lavora nella traduzione multimediale. La registrazione è disponibile sul canale YouTube di ACTA.
L’incontro fa parte di una serie di workshop sul diritto d’autore a livello europeo partito dall’iniziativa di AVTE (Audiovisual Translators of Europe), a cui ACTA Tramiti si è unita l’anno scorso.
Dopo l’introduzione dell’avv. Silvia Santilli agli aspetti legali del diritto d’autore, e quella di Anna Soru agli aspetti fiscali, ascoltiamo la storia di Toni Biocca.
Il vicepresidente di AIDAC e presidente della Commissione della Sezione Cinema di SIAE, ci racconta la lotta per il riconoscimento delle nostre colleghe e colleghi adattatori dialoghisti, che sono passati dal fatturare come noi a operare in regime di diritto d’autore, depositare i propri lavori alla SIAE per percepirne le royalties e ottenere importanti tutele nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del doppiaggio. Un bell’esempio di come i cambiamenti sono possibili quando uniamo le forze!
AIDAC, associazione di categoria storica
AIDAC (Associazione Italiana Dialoghisti Adattatori Cinetelevisivi) nasce nel 1976 per regolamentare l’ingresso nel settore di un’ondata di nuove leve dovuta all’esplosione della richiesta di doppiatori e doppiatrici da parte delle emittenti televisive private. Era infatti il periodo in cui le televisioni iniziavano a unirsi in network, aumentando a dismisura i palinsesti e importando una quantità di programmi in lingua inglese.
Fu un momento storico molto simile a quello che il settore sta vivendo adesso con la diffusione delle piattaforme di streaming. Infatti, anche ora assistiamo all’ingresso di nuova forza lavoro che deve iniziare a esercitare cimentandosi in pratiche nuove e poco regolamentate come il simil sync, uno stile ibrido tra over sound e doppiaggio vero e proprio.
Come gli adattatori dialoghisti passarono in diritto d’autore
Il settore dell’adattamento audiovisivo ha tempi di turnover molto lunghi (l’età media dei membri AIDAC è 62 anni). Nonostante questo, l’associazione comprende la necessità di non chiudersi ai nuovi sviluppi e a nuovi colleghi e colleghe.
Oggigiorno, gli adattatori dialoghisti lavorano in diritto d’autore, con emissione di notula o parcella. Questa è solitamente emessa dall’impresa di doppiaggio, che provvede anche alla ritenuta ex ENPALS per i contributi pensionistici.
Il “dialoghista adattatore cinetelevisivo o di audiovisivi” viene riconosciuto ufficialmente tra le categorie artistiche titolari del diritto d’autore iscritte al FPLS, Fondo Pensione Lavoratori dello Spettacolo (ex ENPALS) nella circolare ENPALS n. 1/2004:
Alla luce della previsione dell’art.4, della Legge n.633/1941 e in linea con l’indirizzo interpretativo espresso al riguardo dall’Amministrazione Finanziaria, sono, infine, da considerarsi titolari del diritto d’autore anche i dialoghisti e gli adattatori cinetelevisivi, anche nei casi in cui effettuano traduzioni e interpretazioni di opere dalla lingua originale.
Tuttavia, non è sempre stato così. Prima del 1993, i dialoghisti lavoravano con partita IVA. Poi AIDAC sottopose una richiesta al Ministero delle Finanze, sostenuta dal giurista prof. Pietro Rescigno, affinché l’adattamento di dialoghi venisse riconosciuto come opera creativa e dunque escluso dal campo di applicazione dell’IVA.
La direttiva (UE) 2019/790, l’equo compenso e il ruolo delle “collecting”
Intorno al 1998, a seguito del Decreto legislativo 26 maggio 1997 n. 154, gli adattatori dialoghisti iniziarono a percepire anche i diritti d’autore. Ma come si percepiscono?
La stragrande maggioranza dei diritti d’autore è gestita dalla SIAE, a cui sono iscritti quasi tutti i dialoghisti, che depositano lì le proprie opere. La SIAE è una Collective Management Organisation (CMO o “collecting”) che ha detenuto il monopolio in Italia fino al 2017. In quell’anno è uscita la già citata Direttiva (UE) 2019/790 sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale (e successive modifiche) che ha permesso l’apertura di altre “collecting”. Attualmente, queste nuove organizzazioni sono per lo più specializzate in musica.
Sempre la stessa direttiva europea del 2017 contiene un punto tanto importante quanto di difficile attuazione. Si tratta dell’articolo sui compensi equi e proporzionali, già spiegato nella puntata 1. Secondo la legge, agli adattatori dialoghisti spetta un compenso proporzionale al successo economico dell’opera.
Questo articolo è di difficile attuazione perché prevede accordi tra le “collecting” e i produttori. Questi ultimi fanno opposizione, proprio come, nel ‘98, fecero i co-autori delle opere cinematografiche. Solo dopo una battaglia durata un ventennio, i co-autori compresero che la riscossione dei diritti d’autore da parte dei dialoghisti non andava a intaccare i loro introiti.
Come funziona questa riscossione? Sono le piattaforme di streaming e le televisioni a pagare alla “collecting” una percentuale fissa del 10%. Nel caso di autori di paesi europei che hanno stretto accordi con la SIAE (Francia, Germania, Spagna e altri), la SIAE riscuote i compensi per tutti i diritti e ne distribuisce 90% all’autore e 10% al dialoghista.
Ma, a quanto ammonta il 10%? Il mercato è molto più ristretto di quanto sembri e la cifra che spetta all’adattatore dialoghista è in realtà irrisoria.
Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del doppiaggio e la clausola sull’IA
Una delle più recenti battaglie di AIDAC riguarda l’insorgenza dell’Intelligenza Artificiale (IA) e le sue conseguenze per chi svolge lavori creativi. Per questo, l’associazione ha insistito che l’articolo 22 del nuovo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del doppiaggio contenesse la seguente clausola:
[…] è considerata illegittima ogni attività di estrazione di testo e di dati (text and data mining) e ogni campionamento, quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, la modifica, rielaborazione e utilizzo in qualsiasi altra forma della voce di ciascun interprete per sviluppare o addestrare algoritmi di intelligenza artificiale (machine learning).
In pratica, i diritti di utilizzo vengono ceduti solo a patto che non vengano utilizzati per l’addestramento dell’IA, in modo da tutelare l’interprete e impedire abusi del suo lavoro.
Il problema di questa clausola è la limitatezza della sua applicazione. I dialoghisti, infatti, firmano il CCNL con le imprese di doppiaggio, che sono semplici intermediari. Per una reale tutela, a controfirmare il contratto ed esserne vincolata dovrebbe essere la committenza utilizzatrice. Questa è rappresentata dalle grandi realtà delle reti televisive come Mediaset e delle piattaforme di streaming come Netflix, che hanno sia l’interesse che i mezzi per addestrare l’IA col materiale proveniente dagli interpreti.
Insomma, l’articolo 22 del CCNL del doppiaggio non è ancora una vittoria, ma un primo importante passo. L’obiettivo finale di AIDAC è che questo articolo finisca nei contratti di cessione del diritto d’autore col committente.
Conclusioni
La lunga storia di AIDAC, anche se differisce per vari aspetti dal resto del settore della traduzione multimediale, ci lascia un insegnamento prezioso.
Siamo nell’era della globalizzazione e delle multinazionali che dettano le loro condizioni dall’alto. Sembra che i singoli lavoratori autonomi non abbiano alcuna opzione, eccetto accettare supinamente queste condizioni. Eppure, come anche AIDAC dimostra, è ancora possibile far valere i propri interessi di categoria attraverso l’appello alle istituzioni nazionali ed europee, il supporto di organizzazioni private come le “collecting”, e il ricorso ad accordi a livello internazionale.
Ovviamente, per raggiungere tali obiettivi sono necessari una forte identità di categoria, il supporto di figure professionali che sappiano muoversi nei meandri della legislazione italiana e presentare una situazione chiara e documentata, nonché una buona credibilità per interloquire con le realtà attinenti.
ACTA fornisce tutte queste cose. Da anni si batte per tutelare i freelance in generale e chi lavora nell’editoria in particolare (tramite la nostra sezione sorella REDACTA). TRAMITI è nata in seno ad ACTA per dare voce alla realtà, numerosa ma poco visibile, delle traduttrici e dei traduttori italiani, sempre in balia dei contratti con paesi extra-europei o realtà multinazionali. Le risorse ci sono. Più socie e soci si iscriveranno, più le nostre iniziative avranno peso.
Nella quarta puntata, Valeria Cervetti, adattatrice e sottotitolatrice, scenderà nel dettaglio illustrando varie casistiche di opere di traduzione riconosciute o non riconosciute in regime di diritto d’autore.