Solidarietà ai lavoratori e alle lavoratrici licenziati: il caso Keywords
Il 25 luglio i sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs hanno denunciato il licenziamento di 31 dipendenti da parte di Keywords Italy, filiale italiana della multinazionale Keywords, fornitrice di servizi di ogni sorta (localizzazione, assistenza clienti, sviluppo, ecc.) per lo sviluppo di videogiochi.
I licenziamenti, che si stanno verificando contemporaneamente anche in altre sedi della multinazionale, avvengono non a caso a poca distanza dall’acquisizione di Keywords per oltre 2 miliardi da parte del fondo di investimenti svedese EQT.
Come denunciato dai sindacati, i licenziamenti si prefigurano esclusivamente come operazione mirante a un incremento dei profitti e si inseriscono in un quadro generale che ha visto l’azienda investire sempre di più, per il ramo Globalize, nelle proprie sedi in Polonia a scapito di quelle in Italia, Spagna, Irlanda, Giappone, Brasile e Germania.
Non risulta che l’azienda abbia in alcun modo proposto soluzioni alternative ai licenziamenti, decidendo invece di disfarsi di dipendenti di grande esperienza che hanno contribuito, con la loro professionalità, all’incredibile successo di Keywords nell’ultimo decennio.
La decisione ha ovviamente creato grandi preoccupazioni anche tra i numerosissimi collaboratori e collaboratrici freelance di Keywords Italia, responsabili assieme ai dipendenti interni della localizzazione in italiano di titoli di serie rinomate come Diablo, Persona, Yakuza, World of Warcraft e Starfield. Già costretti a lavorare a tariffe davvero esigue per il settore, i freelance ora vedono l’azienda puntare ulteriormente sul profitto a scapito della qualità e temono per il proprio futuro professionale.
Keywords è infatti un colosso nel mondo dei Language Service Provider, che si avvalgono di collaboratori freelance per i servizi di localizzazione. Nel tempo, ha fagocitato numerose agenzie di traduzione più piccole, restringendo di fatto il campo di possibili committenti per traduttrici e traduttori freelance. Questo è solo l’esempio di un preoccupante trend di settore, dove poche multinazionali gestiscono la maggioranza delle grandi produzioni, trovandosi così nella condizione di imporre standard di remunerazione inadeguati a collaboratrici e collaboratori freelance, in particolar modo ai nuovi talenti affacciatisi sul mercato.
Esprimiamo la massima solidarietà per tutti i lavoratori e lavoratrici coinvolti e sottoscriviamo a pieno l’appello dei sindacati che richiamano l’azienda “a una maggiore responsabilità sociale d’impresa, che metta al centro la persona nell’azione e nella pianificazione dei processi lavorativi”.