Al Monopoli della scolastica perde sia chi studia sia chi lavora
12 Novembre 2024 Compensi, News, Vita da freelance
“Cerco il sole, ma non c’è” diceva una sublime canzone della PFM, Impressioni di settembre.
Anche noi a settembre cerchiamo il sole e invece puntualmente incappiamo in un articolo sui rincari dei libri scolastici che sembra copincollato da quello del settembre precedente.
Ogni anno i consumatori si lamentano dei prezzi dei libri. Ogni anno qualcuno che lavora nella scolastica si chiede se una riduzione dei prezzi di copertina potrebbe ricadere sulle sue spalle.
Noi però crediamo che l’accessibilità ai manuali si possa conciliare a condizioni di lavoro dignitose nella filiera dell’editoria scolastica, dato che i grandi gruppi editoriali che dominano il mercato godono di ottima salute.
Forse addirittura troppa? Se lo sta chiedendo anche l’Agcm (l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che comunemente chiamiamo Antitrust), che ha avviato un’indagine conoscitiva sul mercato dell’editoria scolastica promuovendo una “call for input” rivolta a tutti gli operatori del mercato. Per questo abbiamo deciso di rispondere e dire la nostra.
Un miliardo per pochi
Il mercato dei libri per le scuole primarie e secondarie vale circa un miliardo. Una cifra che, in larga parte, è in mano ai primi tre gruppi editoriali (Mondadori, Sanoma, Zanichelli), i quali nel 2023 hanno venduto oltre il 70% dei libri di scolastica; aggiungendo il quarto (La Scuola), la quota di mercato controllata dai grandi editori sfiora l’80%. Una situazione di oligopolio – frutto di una lunga serie di fusioni e acquisizioni negli ultimi anni – ancora più pronunciata di quella della varia (detta anche trade), dove i primi quattro gruppi (Mondadori, GeMS, Giunti e Feltrinelli) vendono poco più della metà dei libri.
La fonte dei dati di cui sopra, che riportiamo di seguito visualizzati in grafici, è la pagina del sito di Mondadori dedicata agli investitori: il colosso di Segrate l’oligopolio lo mette in vetrina, dato che è un ottimo affare.
Fonte: Mondadori
Tuttavia, questo oligopolio (come qualsiasi oligopolio) non conviene ai consumatori (per la scolastica parliamo di circa sette milioni di studenti e un milione di docenti, che di fatto decidono i libri da adottare), dato che si riducono le possibilità di scelta e per le aziende è più facile alzare i prezzi, rendere più difficile la sostituzione di un libro nuovo con uno usato, rallentare i tempi della distribuzione senza subire conseguenze, e così via. Tutte ipotesi che, insieme ad altre contenute nel Provvedimento di avvio dell’indagine, hanno attirato l’attenzione dell’Agcm.
Il fatto che poche aziende controllino un intero mercato ha conseguenze non solo per chi deve acquistare un bene, ma anche per chi si trova a “vendere” la propria forza lavoro. È l’altro lato della medaglia, chiamato oligopsonio: una situazione in cui pochi grandi committenti sono in grado di ottenere prezzi ridotti dai loro fornitori.
È un assetto iniquo ma comune in tanti mercati, come quello della musica, dove tre grandi case discografiche (Universal, Sony e Warner) controllano quasi l’85% del mercato americano e riescono quindi a strappare condizioni estremamente favorevoli agli artisti: una delle conseguenze è che lo streaming non paga.
Tornando a noi: nel momento in cui l’Agcm ha aperto una call for input per la sua indagine sulla scolastica non abbiamo perso tempo e abbiamo preparato, grazie al contributo fondamentale di Acta Ricerche e dell’avv. Silvia Santilli, una “Nota sulle conseguenze della concentrazione degli editori di scolastica su lavoratori e lavoratrici” per mettere in luce come la mancanza di concorrenza in questo settore sia uno svantaggio non solo per chi acquista i libri, ma anche per chi a quei libri ci lavora.
Sei clausole per cinque grandi editori
Nonostante i tempi stretti (la call è rimasta aperta un mese), siamo riuscite a coinvolgere nella nostra indagine alcune persone che lavorano nella scolastica che abbiamo conosciuto in questi anni di riunioni, interviste, sportelli e inchieste.
In totale abbiamo raccolto una ventina di testimonianze di contrattazione e relativi contratti (spesso contratti “standard”, applicati alla quasi totalità delle collaborazioni), da cui è emerso che tutti gli accordi stipulati con Mondadori, Sanoma, Zanichelli, La Scuola e Giunti (che, pur non facendo parte delle prime 4, è un gruppo che detiene buone quote di mercato) contengono clausole vessatorie. Ecco le principali.
- Clausole di non concorrenza: prevedono che l’autore/autrice per l’intera durata del contratto (sovente 20 anni, cioè il massimo consentito dalla legge) non produca opere in concorrenza con quella per cui è stato stipulato il contratto.Tuttavia questo impegno non è mai retribuito con un compenso aggiuntivo per bilanciare la conseguente riduzione di committenze.
- Clausole di riservatezza: in tutti i contratti che abbiamo analizzato, con l’eccezione di quelli di un gruppo editoriale, è presente un obbligo di riservatezza per cui però non è prevista alcuna forma di retribuzione.
- Pagamenti con royalties molto basse o nulle: molti contratti autoriali non prevedono royalties (contratti “a forfait”) o le prevedono molto basse, dal 2% al 4% del prezzo di copertina da dividere tra tutti gli autori/autrici del libro. Si tratta di cifre inadeguate, in violazione della Legge sul diritto d’autore attualmente vigente, che recepisce la Direttiva 2019/790/UE (in cui si prevede per l’autore/autrice una retribuzione congrua e proporzionata ai ricavi dell’editore).
- Cessione totale dei diritti: in tutti i contratti autoriali che abbiamo analizzato, l’editore chiede la cessione totale di tutti i diritti economici, compresi quelli secondari. Ancora una volta questo vìola i principi della nuova Legge sul diritto d’autore.
- Giudizio insindacabile: sia nei contratti autoriali sia in quelli di collaborazione, si indica nella casa editrice l’unica fonte di valutazione del lavoro: a insindacabile giudizio dell’editore l’opera, in casi estremi, può essere riscritta, non pubblicata o non pagata.
- Deroga alle norme sulla competenza: tutti i contratti visionati contengono l’indicazione come unico Foro competente quello in cui ha sede il committente, escludendo quindi la possibilità per il collaboratore o la collaboratrice di avvalersi del più agevole Foro facoltativo (cioè nella città in cui risiede).
Nella compilazione della Nota abbiamo anche registrato pratiche inique e/o illegali in fase di contrattazione e pagamento. Sono decisamente molte e vanno dall’assenza di reale contrattazione alle finte proposte di contratto da parte del collaboratore/collaboratrice (in realtà redatte dalla casa editrice); dall’uso improprio del diritto d’autore (per retribuire altri tipi di lavoro) ai tempi molto ritardati di stipulazione del contratto (a fine lavori o a ridosso della fine) e di pagamento (più di 60 giorni dalla fattura, in violazione dello Statuto del lavoro autonomo).
La diffusione di queste clausole (ormai standard) nei contratti di tutti i grandi editori costituisce una prima conferma dell’esistenza di un oligopsonio e mette nero su bianco una situazione di forte squilibrio tra aziende e autonomi. Con la nostra Nota abbiamo fornito ad Agcm degli elementi in più per approfondire la sua indagine e per intervenire su una situazione difficilmente sostenibile.
Che fare?
All’Agcm spetta il lavoro di indagine, a noi la possibilità di immaginare “qualcosa di completamente diverso”. Nel nostro piccolo avremmo concepito un sogno.
Solo un sogno? No, in realtà due, ma concreti.
- II primo è che l’Agcm riesca a bandire le clausole di non concorrenza. Non sarebbe la prima volta: qualche anno fa infatti l’autorità Antitrust è già intervenuta con successo sulle clausole di gradimento degli agenti di scolastica. Un’azione che ha anticipato quelle di due funzionari americani, Lina Khan e Jonathan Kanter, che – alla Federal Trade Commission e alla divisione antitrust del Department of Justice – hanno portando avanti un approccio nuovo nel contrasto delle grandi concentrazioni (per esempio, la FTC ha recentemente bandito proprio le clausole di non concorrenza dai contratti).
- Il secondo è un altro sogno raggiungibile. L’Italia ha già recepito la Direttiva europea sul diritto d’autore, che però resta largamente inapplicata. Un intervento dell’Agcm per promuovere l’applicazione di questa legge potrebbe migliorare la situazione di tanti autori e autrici che, come emerso anche dal nostro sondaggio, sono spesso tra le figure più fragili e meno retribuite.
Quindi we have two dreams, ma perché non three?
In effetti ne abbiamo tre.
In un mercato dominato da poche e grandi aziende (oligopsonio), un efficace argine allo strapotere dei committenti sono i contratti collettivi (come quelli che già, per esempio, tutelano i dipendenti).
A oggi per le figure autoriali e freelance la contrattazione è ancora individuale e pertanto, con aziende così grandi, segnata da un forte disequilibrio tra le parti. In una situazione di oligopsonio questa differenza di potere contrattuale è ancora più forte, lo si può vedere nelle clausole che abbiamo elencato.
La contrattazione collettiva fuori dal lavoro dipendente al momento si può solo immaginare, ma non è un sogno, è un obiettivo concreto (anche grazie alle nuove linee guida della Commissione europea).
È il nostro obiettivo: ci lavoriamo da un po’, studiando, imparando dalle esperienze altrui e immaginando strade non ancora battute.
Ma affinché la contrattazione collettiva prenda corpo tutto questo non basta: c’è bisogno di una moltitudine che le attraversi, quelle strade.
Vieni con noi?