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L’Antitrust chiama, Redacta risponde

20 Marzo 2025 Compensi, Diritti, News

È stata una lunga attesa ma, il 27 febbraio, è successo: l’Agcm (Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, l’Antitrust) ci ha convocato in un’audizione formale per approfondire il contenuto della nostra mini inchiesta sul lavoro nell’editoria scolastica. Per chi vuole rinfrescarsi la memoria in merito, in questo articolo c’è la storia dall’inizio.

Mettere insieme i materiali e scrivere il nostro report nelle poche settimane a disposizione è stato molto impegnativo, e dopo tanti mesi senza risposte avevamo quasi perso la speranza, ma – dobbiamo riconoscere – ricevere la convocazione ha ripagato sia gli sforzi sia la lunga attesa.

Per la natura dell’indagine in corso non possiamo dare troppi dettagli su quello che è stato detto, ma è stata un’audizione lunga e approfondita, in cui ci sono state fatte tante domande molto precise sul rapporto tra concentrazione delle case editrici di scolastica e condizioni di lavoro nel settore. Come immaginerete, abbiamo parlato tanto, tantissimo.

Se sui contenuti dell’audizione non possiamo dire molto, possiamo fare invece qualche riflessione sulla sua importanza per noi.

Affinità-divergenze tra Antitrust e sindacato, fino a oggi

È la prima volta che come Acta/Redacta ci troviamo davanti all’autorità Antitrust, per tre motivi:

  • uno storico, la collaborazione tra sindacati e Antitrust non è mai scontata, anzi, più spesso succede che i sindacati approvino le fusioni anticompetitive tra grandi aziende in cambio di qualche vantaggio (è il caso dell’accordo tra Microsoft e la Communication Workers of America Union durante la fusione con Activision-Blizzard, si può approfondire qui);
  • uno legislativo, fino al 2022 la contrattazione collettiva del lavoro autonomo, una delle raison d’être di Redacta, era impedita proprio dalle regole antitrust dell’Unione Europea: un orientamento iniquo che è cambiato nel 2022 grazie alle lotte di rider e orchestrali (e alla partecipazione di Acta a una consultazione pubblica della Commissione in merito), in buona sostanza anche la Commissione ha iniziato a vederci come lavoratrici e lavoratori anziché microscopiche imprese;
  • uno banalmente procedurale, fino al 2023 l’autorità Antitrust italiana non prevedeva delle call for input (ovvero dei contributi della “società civile”) durante le sue indagini, per questo appena ne abbiamo avuto l’occasione abbiamo detto la nostra.

Sindacato e Antitrust contro lo strapotere delle grandi aziende

Se il motivo legislativo e quello procedurale possono dirsi superati, rimane quello storico, che ha le implicazioni strategiche più ampie: perché sindacati e Antitrust dovrebbero collaborare? Non è forse vero che uno dei motivi per cui le condizioni di lavoro sono scadenti è che alcune aziende sono troppo piccole? Come a dire: le aziende più grandi e con meno concorrenti hanno margini più alti e possono pagare meglio chi lavora. Un’obiezione che impacchetta una menzogna con una verità.

Nell’editoria dei mille progettini imprenditoriali/culturali fondati sulla buona volontà degli “editori” (e qualche patrimonio famigliare) la dimensione delle aziende è sicuramente un problema, come in tanti altri settori dell’economia italiana.

Questo però non vuol dire che un’azienda grande tratti meglio chi lavora per lei. I dati che raccogliamo da qualche anno sui lavoratori e le lavoratrici in editoria ci dimostrano che se un’azienda, grande, media o piccola, è nelle condizioni di pagare poco il lavoro, lo farà.

Queste condizioni sono il frutto di diversi fattori: le leggi a tutela del lavoro, la presenza di contratti collettivi, la forza dei legami mutualistici tra chi lavora, la dimensione dell’azienda, l’abilità individuale a contrattare, la frammentazione fisica e di inquadramento e così via.
Una parola per riassumere tutte queste innumerevoli condizioni: potere.

Più l’equilibrio di potere tra azienda e forza lavoro pende dalla parte della prima, peggio la seconda lavorerà, e viceversa. Contrastare gli abusi di potere delle aziende (a partire, giustamente, da quelli delle più grandi) è una priorità dell’Antitrust che un sindacato può assolutamente sottoscrivere.

Un paio di esempi casuali che dimostrano come la concentrazione editoriale si ripercuota negativamente sulla forza lavoro, interna ed esterna alle aziende. Una redattrice di scolastica assunta da Mondadori a cui vengono chiesti continui straordinari (non pagati, in quanto forfettizzati da contratto) penserà sicuramente di cambiare azienda ma, dopo le fusioni degli ultimi anni, ha visto le alternative stringersi sempre di più. Le stesse fusioni hanno indebolito anche una freelance a cui vengono “proposte” (come abbiamo evidenziato nel nostro report), da tutti gli editori di scolastica, clausole contrattuali vessatorie: come la collega dipendente, anche lei farà sempre più fatica a dire: “Allora lavoro per qualcun altro”.

Insomma: le aziende che accumulano troppo potere di mercato riducendo la concorrenza sono l’obiettivo comune di Antitrust e sindacati, che possono rafforzare la propria azione a vicenda.

Qualche esempio:

– Quando l’Antitrust bandisce alcune clausole vessatorie rende più equi i rapporti tra aziende, lavoratori e lavoratrici e sindacati. Questo non è un esempio teorico, è proprio quello che è successo qualche anno fa a chi lavora come agente di scolastica.

– Da parte loro, i sindacati possono segnalare condotte scorrette all’Antitrust e rendere più incisive le sue istruttorie. E qui l’esempio è piuttosto facile, giusto?

Quello che l’Antitrust ha fatto e può fare

La cosa interessante di questa collaborazione è che l’Antitrust ha davvero il potere di intervenire sui comportamenti scorretti e, negli ultimi anni, l’ha usato per colpire le condotte anticoncorrenziali di giganti come Amazon con svariate multe, una delle quali da oltre un miliardo di euro.

Questa e altre ottime notizie che sono arrivate negli ultimi anni sono frutto anche di una sorta di spirito dei tempi che purtroppo però, negli ultimi mesi, è cambiato nettamente di segno.

La nuova amministrazione statunitense infatti ha sostituito Lina Khan, la più popolare e incisiva presidente della Federal Trade Commission (l’Antitrust Usa) degli ultimi quarant’anni, con Andrew Ferguson, che ha immediatamente bloccato alcuni dei suoi provvedimenti più interessanti.

Notizie pessime vengono anche dal Regno Unito, dove il governo laburista ha sostituito l’attivissimo Marcus Bokkerink, il presidente della Competition and Markets Authority, con l’ex capo della divisione britannica di Amazon: la volpe a guardia del pollaio. Questo sviluppo è doppiamente preoccupante considerando che, per quanto riguarda il contrasto allo strapotere delle Big Tech, le autorità Antitrust dei paesi più ricchi svolgono indagini fondamentali (e costose) nonché interventi che diventano un modello anche per gli altri paesi.
I recenti cambiamenti di orientamento negli Stati Uniti e nel Regno Unito registrano che anche le autorità Antitrust, come ogni organo di regolazione pubblica, sono influenzate dal clima politico e, al momento, il clima non è granché.

C’è bisogno di buone notizie, magari potrebbero arrivare dall’Italia, magari proprio dall’editoria.

Quello che possiamo fare noi

Non sappiamo se la nostra audizione porterà risultati concreti, lo scopriremo nel corso dell’anno. Nell’attesa…
Se il miglioramento delle condizioni di lavoro nel nostro settore, come in ogni settore, passa dal cambiamento dei rapporti di forza, noi abbiamo ancora tanto da fare. A quasi sei anni dalla nostra prima riunione abbiamo incontrato tantissime persone, fatto inchieste, azioni collettive, raccolto richieste d’aiuto, fatto sportelli ecc.

A ogni scambio di contatti, a ogni confidenza, a ogni riunione e lezione in università, l’equilibrio di potere si è spostato leggermente a nostro favore.

Due anni fa, nel bel mezzo di una trattativa per un’impaginazione non si poteva dire: “Secondo la Guida ai compensi dignitosi di Redacta mi dovresti pagare…”, la trattativa partiva quasi sempre dal prezzo che faceva il committente. Qualcosa è cambiato, anche se non abbastanza. Per esempio: troppe persone – più della metà dei freelance e delle freelance che hanno risposto al nostro ultimo sondaggio – ricevono da un singolo committente più della metà del proprio reddito, una condizione di dipendenza economica che rende quasi impossibile la contrattazione.

Se ci fossero meno colossi avremmo maggiore potere contrattuale, certo, ma il nostro potere dipende anche da noi, dobbiamo costruircelo con le nostre mani, senza aspettare l’Antitrust: siamo deboli perché siamo distanti, perché parliamo ancora troppo poco, perché non ci sentiamo abbastanza forti per rifiutare abbastanza lavori di merda. Queste sono tutte cose che insieme possiamo cambiare.

In attesa del pronunciamento dell’Antitrust ci daremo da fare per costruire il potere con cui ribaltare, finalmente, l’editoria.

Redacta

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di Redacta tempo di lettura: 5 min
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